Presidi e cortei per la giornata di sciopero e mobilitazione dei migranti

A distanza di un anno dalla prima "giornata senza di noi", che sulla scia della rivolta di Rosarno (Reggio Calabria) mobilitò 300 mila lavoratori migranti e italiani in tutt'Italia, il 1° marzo scorso la piazza è tornata a dar voce ai migranti contro il razzismo, contro i ricatti e per i diritti di tutte e di tutti.
Decine e decine sono stati i presidi, molti sotto le prefetture, i cortei, le assemblee nelle città del Nord come del Sud, per far pesare il valore sociale e culturale e anche economico rappresentato dai circa 5 milioni di migranti presenti in Italia che producono una parte consistente del Prodotto interno lordo (l'11%), che alimentano le casse dello Stato con tasse e contributi previdenziali, che sopperiscono con il lavoro di assistenza alle carenze strutturali del cosiddetto welfare italiano. Una giornata di sciopero e mobilitazione per i migranti e con i migranti per chiedere l'abrogazione della Bossi-Fini, per rivendicare l'applicazione e l'estensione dell'art. 18 del testo unico sull'immigrazione come tutela per tutti i lavoratori che denunceranno di essere stati costretti all'irregolarità del lavoro, per l'abolizione del reato di clandestinità, del pacchetto di sicurezza, del permesso di soggiorno a punti, per la chiusura dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE), per la regolarizzazione dei lavoratori vittime della sanatoria truffa, per il riconoscimento del diritto alla cittadinanza per chi nasce e cresce in Italia, per una legge organica e adeguata per la tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo.
Impossibile citare tutte le città in cui erano in programma iniziative, anche per il black out dei mass media borghesi sulla giornata di lotta. Nonostante ciò alcune di esse sono ugualmente riusciti a "bucare" la censura mediatica, come a Bologna dove la "24 ore senza di noi" si è articolata in due momenti di lotta: la prima, la mattina, quando un centinaio di attivisti della rete antirazzista Welcome è riuscita a entrare nell'area a ridosso del CIE e ha chiesto di poter entrare in delegazione per poter controllare le condizioni dei migranti detenuti. Ma la polizia in tenuta antisommossa ha fatto scudo per difendere quello che viene definito "un lager gestito da un'associazione dal nobile nome: Misericordia". Blitz che ha innescato una rivolta degli immigrati rinchiusi all'interno, 40 dei quali tunisini arrivati alcune settimane fa a Lampedusa e poi smistati nei vari centri italiani. Analoghe rivolte si erano già svolte nei giorni precedenti anche a Torino e nel CIE di Gradisca d'Isonzo. Nel pomeriggio, la manifestazione "ufficiale", a cui hanno preso parte molti migranti e italiani che lavorano nelle maggiori aziende bolognesi e che avevano effettivamente aderito allo sciopero, e molti studenti, tra cui i figli e le figlie di migranti. Durante gli interventi, FIOM-Cgil, i sindacati non confederali e ed esponenti di FdS e Sel hanno solidarizzato con la rete Welcome.
A Padova la giornata di mobilitazione era iniziata quattro giorni prima, con un presidio permanente davanti alla prefettura per protestare contro la truffa subita con la sanatoria del 2009. Lunedì 28 febbraio, dopo che il tanto atteso incontro con la prefettura si è concluso nel nulla, 43 migranti nigeriani, marocchini e senegalesi, sono saliti sulle impalcature della basilica di Sant'Antonio per urlare a tutta la città "No alle espulsioni" come recitava lo striscione che per tutta la giornata del 1° marzo ha fatto bella mostra di sé dal tetto della basilica. Nel frattempo il presidio "uniti contro la crisi uniti e contro il razzismo" al quale hanno partecipato studenti, attivisti dei centri sociali e delle associazioni antirazziste, sindacalisti e delegati Fiom ha presidiato la Prefettura.
A Roma il corteo è stato aperto dallo striscione "Rosarno, Brescia, Tunisi, Il Cairo, Tripoli, Roma", ossia con l'elenco di luoghi di lotta e di rivolta, passata, presente e, nelle intenzioni dei manifestanti, anche futura. Un migliaio di manifestanti, sotto una pioggia gelida e battente ha preso le mosse dall'Università "La Sapienza", lanciando slogan ritmati dal rullo dei tamburi dei curdi presenti in massa. A più riprese i manifestanti hanno ricordato il giovane tunisino Nouriddine, che si è dato fuoco a Palermo per protestare contro le vessazioni razziste della polizia municipale. La manifestazione ha attraversato Piazza Vittorio e si è diretta a piazza Esquilino dove era stato organizzato un presidio indetto dal Comitato Immigrati in Italia e a cui avevano aderito il Comitato Primo Marzo e Sos Razzismo. Un pezzo di corteo ha provato a forzare via Cavour e portare la protesta sotto il Viminale, ma la strada era completamente bloccata dai blindati della polizia.
A Napoli un corteo cui hanno partecipato 4 mila tra migranti e italiani ha sfilato dalla stazione centrale a piazza Plebiscito. Gli striscioni delle diverse comunità, in gran parte africani, bengalesi, maghrebbini e pakistani, e degli studenti universitari hanno animato il corteo. "Tunisi, Egitto, Yemen, Libia. Il vento del Sud arriverà anche qui" recitava uno striscione.
Partecipati presidi si sono svolti a Torino, dove peraltro si è ancora una volta sfiorata la tragedia col tentativo di un giovane tunisino di darsi fuoco nel cortile della questura perché gli è stato negato il permesso di soggiorno, a Milano dove i marxisti-leninisti hanno lanciato slogan antirazzisti e contro la politica fascista e xenofoba portata avanti dal neoduce Berlusconi (vedi articolo a parte). A Firenze mentre era in corso la manifestazione "ufficiale" in piazza SS. Annunziata, un centinaio di migranti insieme al Movimento di lotta per la casa ha occupato per un'ora gli uffici dell'anagrafe, in via Pietrapiana, per vedersi riconoscere il diritto alla casa. E poi ancora iniziative a Alessandria, Brescia, Perugia, Ancona, Reggio Emilia, Rimini, Parma, Reggio Calabria, Palermo, Catania (vedi servizio a parte) ecc.

9 marzo 2011