Dopo la vittoria referendaria contro il nucleare, i movimenti ambientalisti tornano in piazza
Grande mobilitazione nazionale contro le centrali a carbone

Sabato 29 ottobre, ad Adria nel Polesine (Veneto), in occasione della giornata di mobilitazione nazionale contro il carbone, oltre tremila manifestanti hanno sfilato per dire "No alla Centrale nel parco del Delta del Po", in località Polesine-Camerini nel comune di Porto Tolle. C'erano tra gli altri i No Tav, Legambiente, Greenpaece, Wwf, la Fiom, le Rdb e i comitati contro la privatizzazione dell'acqua provenienti da Rovigo e dall'intera Regione, oltre a studenti, operai, pensionati. Tanti i giovanissimi e le donne.
Dal palco è stato attaccato il governo Berlusconi e l'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, che "vogliono mettere il diritto alla salute contro il diritto al lavoro, per dividere gli ambientalisti dai lavoratori". È stato sottolineato come per imporre la nuova centrale a carbone sia stata fatta una legge ad hoc che modifica la natura giuridica del parco. È stata ricordata anche la sentenza del Tribunale di Adria che ha già condannato la vecchia centrale dell'Enel a olio combustibile, per le patologia dei bambini fino a 14 anni accertate dall'Istituto tumori di Milano e per avere inquinato il territorio del Delta del Po. Sono stati, a questo proposito, ridicolizzati gli scienziati prezzolati dall'Enel che hanno sostenuto davanti ai giudici che l'inquinamento del fiume era causato dall'incendio delle stoppe dei contadini del Po. I vari interventi dei partecipanti hanno anche smascherato che "la strategia per colonizzare i territori è quella della valutazione di impatto ambientale illegali e fasulle, fatte senza consultare neanche gli organismi tecnici".
Dopo avere osservato un minuto di silenzio per i morti alluvionati delle Cinque terre e dell'Alta Toscana gli organizzatori della manifestazione, via Skype, si sono quindi messi in contatto con le altre città dove stavano svolgendo le altre partecipate manifestazioni di piazza "contro le inquinanti centrali elettriche a carbone sporco": da Civitavecchia a Brindisi, da Vado Ligure a Gualdo Cattaneo, da Savona fino a Rossano e alle Saline Ioniche.
I manifestanti di Civitavecchia riuniti in largo Marco Galli sotto gli striscioni del "Movimento No Coke Alto Lazio", del "Coordinamento Naz.le No al Carbone" e del "Coordinamento dei Comitati contro il Carbone", hanno denunciato come siano sottoposti ad una "schiavitù energetica perché Civitavecchia e il suo comprensorio, dopo aver subito una riconversione a carbone, oggi è costretta a vedere svenduta per i pochi spiccioli delle compensazioni economiche, la propria salute e ad assistere all'indecoroso spettacolo di amministratori che nulla fanno per pretendere almeno che vi siano controlli certi sulle emissioni delle centrali e sulla qualità dell'aria". Hanno sottolineato soprattutto "l'acquiescenza dei Sindaci ad ogni violazione posta in essere", come "le centraline della qualità dell'aria, posizionate dal finto Osservatorio ad arte ed ingannevolmente collegate a coloratissimi display, che fanno falsa informazione indicando, spesso e volentieri, 'qualità dell'aria ottima'. Alla faccia dei nostri figli, che continuano ad essere costretti a crescere all'ombra di venefiche nuvole nere, inquietanti come la verità che il carbone pulito non esiste!"
Hanno fornito in merito i dati dell'aumento della patologie respiratorie, tumorali e cardiovascolari, e dei danni alle economie agricole, ittiche e turistiche, nonché la violazione di decine di norme negli iter autorizzativi e la mancanza totale di controlli. Hanno infine ricordato come il mostro "lo accendono di notte perché sanno che il fumo del carbone è nero". Tra i più bersagliati il sindaco di Civitavecchia, Giovanni Moscherini del PDL (che ha anche calpestato la volontà popolare espressa nei referendum, privatizzando l'acqua) e il ministro dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo. Alla protesta ha partecipato la locale Organizzazione del PMLI.
Da La Spezia i manifestanti hanno puntato il dito contro la centrale costruita negli anni '60 e che doveva essere dismessa dal 2005. "I carbonili, il carico e scarico e la combustione si svolgono ancora nel Porto a pochi metri dalle abitazioni". "Non si è tenuto conto - denunciano - né della posizione geomorfologica della città che non favorisce la dispersione degli inquinanti in atmosfera, né della posizione del golfo che impedisce il ricircolo dell'acqua di mare, la cui temperatura sta aumentando in modo esponenziale". "Gravissimo - hanno sottolineato - è anche l'inquinamento delle sorgenti per la presenza nello stesso territorio del rigassificatore, dell'arsenale e di una megadiscarica". Il comitato di Savona ha invitato i governanti a venire a vedere "il deserto lichenico" che è stato creato nel loro territorio.
Tra le rivendicazioni comuni: l'abolizione immediata dei finanziamenti cip6-certificati verdi alle fonti che non sono rinnovabili ed alle "fonti assimilate" in quanto inceneritori di rifiuti solidi urbani, industriali e rifiuti non biodegradabili e centrali a fonti fossili (carbone, raffinerie, scarti industriali) non sono fonti rinnovabili oltre ad essere altamente inquinanti per l'ambiente e dannose per la salute umana, tassare l'incenerimento di rifiuti solidi urbani, industriali e le combustioni da fonti fossili. Al tempo stesso si chiede di finanziare esclusivamente fonti realmente rinnovabili come energia solare, fotovoltaica, idroelettrico di piccole dimensioni, eolico, piccole centrali a biomasse da coltivazioni/produzioni agricole locali, piccole centrali a biomasse da scarti agricoli-vegetali locali, geotermica.
Alle manifestazioni calabresi sono intervenute anche una delegazione svizzera (Eni-power) e una colombiana, di indigeni e campesinos, che si battono da anni per lo smantellamento della centrale a carbone più grande ed inquinante del mondo.
Attualmente sono 13 le centrali a carbone presenti sul territorio nazionale, 3 in Liguria (Vado Ligure, Genova, La Spezia), 1 in Lombardia (Brescia), 2 in Veneto (Fusina, Marghera), 1 in Friuli-Venezia Giulia (Monfalcone), 1 in Umbria (Bastardo), 1 nel Lazio (Torrevaldaliga Nord), 2 in Puglia (Brindisi), 2 in Sardegna (Fiumesanto, Del Sulcis). Oltre 90 le aziende specializzate con un fatturato complessivo di 6 miliardi di euro, e 6mila addetti. Le emissioni inquinanti riguardano l'anidride solforosa, le emissioni di polveri e ossidi di azoto, le ceneri e i gessi da carbonio.
Per quanto riguarda le emissioni di Co2 (surriscaldamento della terra e sconvolgimento del clima) in testa c'è la centrale Enel di Brindisi sud con 15,2 milioni di tonnellate emesse nel 2005, seguita da quelle di Fusina e Sulcis (sempre Enel) rispettivamente con 5,6 e 4,1 milioni di tonnellate, Civitavecchia (10,3 milioni di tonnellate di CO2) e Porto Tolle (sempre 10,3 milioni). L'Italia, oltre a essere già stata richiamata dalla Commissione europea, rischia una procedura d'infrazione per la sua continua inadempienza del Protocollo di Kyoto. Le emissioni di gas a effetto serra sono fuori controllo (gli ultimi dati disponibili parlano di 583 milioni di tonnellate nel 2004).

16 novembre 2011