Nel discorso di fine mandato del presidente della Confindustria
Montezemolo lancia il "grande progetto paese" di destra
Al centro del progetto la controriforma costituzionale e la legge elettorale. Berlusconi: "È il nostro programma"
Bertinotti: "Gli ospiti hanno la consegna del silenzio"
Col suo ultimo discorso da presidente all'assemblea annuale di Confindustria, sottolineato da decine di applausi entusiasti del Gotha dell'industria e della finanza presente in sala, Luca Cordero di Montezemolo ha dettato in maniera perentoria a governo, parlamento e Paese l'agenda dei temi e la linea politica da adottare nell'immediato futuro.
Un discorso, il suo, che ha destato grande scalpore sui media e nel mondo politico, ma più che altro per l'attacco che ha sferrato ai "costi della politica" e alla "partitocrazia", da lui accusati di pesare in modo abnorme sui ceti produttivi, e perché molti hanno visto in questo suo aggressivo intervento una sorta di "discesa in campo", quasi che avesse l'intenzione di porre la sua candidatura a leader politico. Nessuno invece ha parlato dei contenuti della sua relazione, tanto sono, evidentemente, considerati scontati e condivisi da tutte le forze politiche e da tutti i media del regime neofascista. E invece si tratta di contenuti economici e politici gravissimi, un programma antioperaio e neofascista di una durezza e di una arroganza senza precedenti, che non va passato sotto silenzio, come ha fatto tra l'altro la "sinistra radicale", Bertinotti in testa.
Prima di tutto va detto che Montezemolo, ignorando sprezzantemente qualsiasi accenno autocritico ai gravi scandali che hanno contraddistinto il capitalismo italiano in questi ulti anni - dal crac della Parmalat alle scalate bancarie, da calciopoli al caso Telecom, per non parlare dell'ecatombe dei morti sul lavoro - ha fatto un'orgogliosa e sperticata esaltazione degli imprenditori italiani, a cui ha attribuito tutto il merito della "ripresa", col loro essersi "rimboccarti le maniche" ed aver accettato e vinto la sfida della competizione e del mercato globalizzato, e sulle cui spalle virtuose e immacolate, a suo dire, si regge l'intero Paese.
La lista delle pretese di Montezemolo
A sostegno di questa "nuova borghesia che ha coscienza di sé", come l'ha definita, e della "ripresa" di cui sarebbe l'esclusiva artefice, ha snocciolato una lunga lista di richieste, tra cui il completamento della politica di liberalizzazioni avviata da Bersani, "apprezzabile ma ancora insufficiente", la promozione della "concorrenza e del merito" in tutti i settori, la rimozione delle "anomalie che ci costringono a competere con un braccio legato dietro la schiena", il taglio delle tasse alle imprese, la "sicurezza", il "patto per la produttività", la "riforma" della pubblica amministrazione per aumentarne l'efficienza anche attraverso il licenziamento dei "fannulloni", e via dicendo. Per quanto riguarda la mano d'opera Montezemolo chiede maggiore flessibilità, riduzione contributiva e fiscale sugli straordinari, aumenti salariali legati alla produttività, sia nel settore privato che pubblico. Naturalmente vuole anche la controriforma pensionistica: se non i 65 anni subito, quantomeno l'applicazione rigida "delle leggi esistenti, a partire dalla legge Dini, che è stata approvata con le firme di tutti i sindacati, e dalla riforma Maroni". Quanto alla legge Biagi, per il presidente di Confindustria essa "va completata, non certo ridotta".
Questo è ciò che gli industriali vogliono e pretendono, sul piano economico e contrattuale, quasi gli spettasse di risarcimento per essersi "sacrificati" per il bene del Paese. Poi viene la parte politica. Alla "nuova borghesia che ha coscienza di sé" e che secondo lui ha solo meriti e nessun difetto, Montezemolo contrappone infatti la "macchina amministrativa e della politica", che è la "prima azienda italiana con quasi 180 mila eletti" e un costo complessivo vicino ai 4 miliardi di euro, di cui "il solo sistema dei partiti costa al contribuente 200 milioni di euro l'anno". A questa "azienda della politica", e cioè governo, parlamento, partiti, amministrazioni locali, il presidente uscente degli industriali chiede imperiosamente di "riformare" sé stessa e le istituzioni, perché - ha scandito - "l'Italia non può continuare ad essere il paese dei veti - dai rifiuti alla Tav, dai rigassificatori alle autostrade - ma deve diventare il paese delle decisioni".
E allora egli chiede ad "entrambi gli schieramenti" di dare vita ad un "grande progetto paese che sappia coinvolgere gli italiani e i cui risultati non si vedranno in tempi brevi". Egli parla di "scelte coraggiose i cui risultati si vedranno fra otto o dieci anni". In che cosa dovrebbe consistere tale progetto? Innanzi tutto la riforma del sistema elettorale, basata su un meccanismo che premi la concorrenza e il merito, vale a dire uninominale maggioritario. Che però da sola non basta, aggiunge il capofila degli industriali: "Occorre accelerare sulle riforme istituzionali, affrontando i problemi di fondo dello Stato. A partire dall'aggiornamento della Carta costituzionale, che mostra i segni del tempo e in molti casi non permette al Paese di adeguarsi alla modernità". In altre parole - come sottolinea Montezemolo - "occorre integrare la Costituzione, rafforzare il governo, completare il federalismo".
Il progetto neofascista del rappresentante degli industriali
La controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione è dunque il nocciolo centrale del "grande progetto paese" di destra lanciato dal presidente della Confindustria. La stessa che pochi giorni prima il capofila dei rinnegati del comunismo, D'Alema, era tornato a riproporre all'ordine del giorno dei partiti del regime neofascista rievocando a mezza bocca la sua Bicamerale golpista. Su questo tema, quindi, Montezemolo ha sfondato una porta aperta, anzi spalancata. Tant'è vero che nessuno si è sognato di contestarlo su questo punto, né sulla sfilza di altre richieste che ha avanzato con arroganza al mondo politico.
Se Prodi ha ascoltato con fastidio il suo intervento, dichiarando lividamente alla fine che "si commenta da solo", è perché si è sentito attaccato sul piano personale dal presidente degli industriali "ingrati", dopo il regalo che il governo aveva fatto loro col taglio del cuneo fiscale, le liberalizzazioni, gli incentivi alle imprese ecc. Ma non ha avuto certo nulla da ridire sulla controriforma costituzionale ed elettorale.
Idem per il suo corrispettivo dell'opposizione, e cioè il neoduce Berlusconi, che anzi ha commentato sarcastico: "Ho visto che Montezemolo ha esposto un'ipotesi di programma, quasi un programma politico, che corrisponde quasi totalmente al nostro programma, quello che abbiamo quasi attuato quando eravamo al governo e che avremmo finito di attuare se avessimo proseguito".
Non parliamo poi del leader UDC Casini, che si propone come il referente politico diretto di Montezemolo, il cui discorso ha definito infatti "innovativo rispetto al conservatorismo politico e istituzionale che c'è in entrambi i poli". Per il rinnegato Fassino, addirittura, il discorso di Montezemolo è "un colpo di frusta, e credo - ha dichiarato - che sarebbe sbagliato non cogliere la sollecitazione importante fatta al sistema politico istituzionale per riforme e cambiamenti che rispondono alle domande e alle aspettative del paese". Insomma, la Confindustria schiocca la frusta e il leader del defunto partito della Quercia e aspirante leader del PD si mette subito a rapporto!
Ma la più sbalorditiva, tra tutte queste reazioni all'altezzoso intervento di Montezemolo, è stata quella del narcisista trotzkista Bertinotti. Attaccato direttamente e platealmente nella relazione da Montezemolo, che gli ha rinfacciato la critica espressa qualche tempo fa, a proposito della vicenda Telecom, riguardo al "capitalismo italiano al limite dell'impresentabilità", il guardiano della Camera non ha battuto ciglio per tutto il tempo, e alla fine se n'è andato senza rilasciare commenti, accampando la pietosa scusa "diplomatica" che "gli ospiti hanno la consegna del silenzio".

13 giugno 2007