Il presidente del consiglio al Tg5 e a Matrix
Monti: "addio posto fisso. L'art. 18 non è un tabù"
"È ovvio che al mio predecessore (Berlusconi) sono molto riconoscente e lo ringrazio per il senso di responsabilità"

Dalla padella alla brace! Questo ha rappresentato per i lavoratori, i pensionati e le masse popolari il passaggio dal governo del neoduce Berlusconi al governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale, Monti. Il neoliberismo e il neofascismo li accomuna, checché ne dica il nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, e l'ascaro PD Bersani. Ciò è vero in particolare per quanto riguarda la linea di questo esecutivo sui problemi del lavoro, finalizzata alla distruzione dei diritti e delle libertà sindacali dei lavoratori, a partire dalla cancellazione del contratto nazionale di lavoro, lo Statuto dei diritti dei lavoratori e in questo ambito l'articolo 18 per liberalizzare i licenziamenti, senza dimenticare la mazzata sulle pensioni assestata senza alcuna contrattazione con i sindacati; cosa mai successa in passato.
Se qualcuno aveva qualche dubbio in proposito, dopo le dichiarazioni rilasciate da Mario Monti al Tg5 e a Matrix su Canale 5, oltretutto alla vigilia del secondo incontro tra il ministro Fornero, sindacati e Confindustria sui temi del "mercato del lavoro", dovrebbe averli fugati definitivamente.
Su due punti il tecnocrate borghese picchia duro con un'arroganza che lascia allibiti e indigna: il posto fisso, cioè l'assunzione a tempo indeterminato che i giovani, a suo dire, devono dimenticare per rassegnarsi alla precarietà, e l'art. 18, vera e propria ossessione di questo governo, che va cancellato, come gli richiede insistentemente la Confindustria, con o senza l'accordo dei sindacati, perché rappresenterebbe addirittura un freno agli investimenti nel nostro Paese e dunque alla ripresa e alla crescita economica. "I giovani devono abituarsi - ha affermato in proposito - all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che monotonia. È bello cambiare e accettare delle sfide". Detto da uno che è stato da poco nominato senatore a vita queste dichiarazioni suonano ancor più ipocrite e provocatorie. Buttando olio bollente sul fuoco, ha aggiunto: "la finalità principale della riforma (sul 'mercato del lavoro', ndr) è quella di ridurre l'apartheid che esiste tra chi per caso e per età è già dentro e chi fa fatica ad entrare". Tradotto in parole povere: i lavoratori con contratto a tempo indeterminato e le tutele sindacali e di legge sono i responsabili dell'emarginazione dei giovani nel precariato; perciò bisogna ridurre le tutele ai primi per "estenderle" ai secondi. "Bisogna dare meno tutele - esplicita - a chi oggi ne ha troppe ed è quasi blindato nella cittadella e darne di più a chi è in forme estreme di precariato o è fuori dal mercato del lavoro".
Quando parla di troppe tutele il pensiero di Monti torna sempre all'art. 18 che, secondo lui "non è un tabù. Può essere pernicioso - sostiene senza temere il ridicolo - per lo sviluppo dell'Italia e il futuro dei giovani". Tradotto, in Italia non si investe non per problemi di infrastrutture, credito, burocrazia e non per ultimo corruzione e mafie o perché si preferisce la speculazione e la rendita finanziaria, ma perché c'è l'articolo 18 e le aziende italiane non crescono, non per mancanza di ricerca e innovazione del prodotto e del modo di produzione, ma perché non si può licenziare anche quando non "c'è giusta causa".
Siamo all'assurdo. In un momento di grave crisi economica e di recessione produttiva che si protrarrà quanto meno per tutto il 2012, dove la disoccupazione aumenta spaventosamente (a dicembre 2011 erano 2 milioni 243 mila i senza lavoro ufficiali di cui oltre la metà giovani), i posti di lavoro a rischio si contano a centinaia di migliaia, i giovani in stragrande maggioranza rimangono confinati nel precariato o nell'inattività e Monti non indica progetti e misure atte a creare posti di lavoro ma racconta la storiella delle troppe tutele, spara a zero ancora una volta sui diritti dei lavoratori, su quello che resta di essi per essere esatti, conquistati a prezzo di dure lotte, invita i giovani ad arrendersi e accettare questa situazione creata e gestita dal capitalismo.
Più che opportuna la risposta della "Rete dei precari" che in una nota ha scritto: "Che monotonia i nostri governanti che alternano gaffe ad alti proclami e nel frattempo non affrontano la vera emergenza sociale di questo paese: la precarietà e la disoccupazione giovanile di massa. Noi, i giovani di questo Paese, abbiamo il diritto di trovare un lavoro che valorizzi la nostra formazione e la nostra professionalità, retribuito con un stipendio decente, che garantisca quei diritti a cui, lontani dalla monotonia ma molto vicini all'ansia e all'incertezza, non abbiamo mai avuto accesso". Non è togliendo l'art. 18 che si danno risposte ai giovani. "La vera monotonia per noi - prosegue - si chiama contratto in scadenza, partita Iva falsa, stipendi da fame, disoccupazione".
Per la CGIL "parlare di troppe tutele per chi è 'blindato nella sua cittadella' è non solo sbagliato, non vero, ma anche un po' offensivo verso questi lavoratori. Monti conosce la condizione reale del lavoro? In tre anni abbiamo perso centinaia di migliaia di posti di lavoro". E che dire della perdita del potere d'acquisto dei salari a favore dei profitti e delle rendite, della enorme concentrazione della ricchezza nella mani di una minuscola minoranza di super-privilegiati borghesi?
Monti si muove in perfetta sintonia con Berlusconi e gli è grato "per il suo senso di responsabilità". "Trovo che l'appoggio di Berlusconi al governo - afferma infatti il capo del governo - sia fondamentale. Venendo da chi ricopriva il ruolo di presidente del Consiglio è un appoggio particolarmente significativo e questo credo che dia anche internazionalmente il segno di una continuità". C'è un legame personale tra lui il neoduce. "In fondo se mi sono avvicinato alla cosa pubblica - ricorda con riconoscenza - è perché nel 1994 Berlusconi, appena nominato presidente del Consiglio mi ha chiesto se volevo fare il commissario europeo".

8 febbraio 2012