319 "morti bianche" da gennaio 2007: lacrime di coccodrillo di Napolitano e Prodi
Ci vuole lo sciopero generale per fermare la tremenda ecatombe dei lavoratori
Occorre: un decreto legge antinfortunistico subito, il contrasto al lavoro precario e nero, la responsabilità delle "aziende madri", severi controlli ispettivi, potere ai delegati di fabbrica
Dare priorità alla sicurezza nei luoghi di lavoro
Ogni giorno senza soluzione di continuità gli operai e i lavoratori muoiono o si infortunano gravemente sul lavoro. La triste cronaca degli avvenimenti deve registrare fatti terribili e assolutamente intollerabili del tipo: schiacciato sotto una lastra di marmo, stritolato da una pressa, bruciato mentre riparava un impianto, investito da un'esplosione, precipitato dalle impalcature, ucciso sotto il trattore, soffocato mentre ripuliva una cisterna e si potrebbe continuare a lungo.
Un vero e proprio "bollettino di guerra" che quotidianamente deve essere aggiornato e che ha persino subito un accelerazione.
Mentre scriviamo sono ben 319 morti sul lavoro da gennaio 2007. Gli ultimi casi hanno suscitato clamore. Si tratta dei 4 morti tutti il 13 aprile, cui hanno fatto seguito altri due il giorno dopo. Il portuale di Genova, Enrico Formentini, 35 anni, sposato con due figli, schiacciato da una balla di cellulosa di 2 tonnellate. Franco Cirino edile, 43 anni, padre di due bambini, schiacciato da una scavatrice in un cantiere di Monza. Francesco Cariano, 47 anni, morto a seguito delle ferite riportate sul lavoro a Bedizzole (Brescia). Un operaio marocchino, travolto dalle fiamme mentre stava saldando un bidone. Ancora, in un cantiere edile di Priverno, vicino Latina, un operaio è caduto da un'impalcatura da un'altezza di sei metri ed è morto sul colpo. Immediata la protesta dei portuali genovesi che hanno bloccato tutte le attività per tutto il giorno dell'incidente, costringendo i sindacati confederali di categoria ad indire uno sciopero di 24 ore.
Con uno stillicidio che sembra inarrestabile la lista dei morti sul lavoro si è ulteriormente incrementata nei giorni successivi. Ben quattro il 17 aprile: un operaio di 26 anni folgorato da una scarica di 20.000 volt a Tornimparte (L'Aquila); a Roma, in un cantiere, un rumeno di 44 anni è rimasto schiacciato sotto una carriola caduta dal montacarichi; un artigiano di 69 anni è caduto da un capannone a Serravalle Pistoiese; a San Marzano Oliveto, nell'astigiano, un agricoltore 74 anni è rimasto schiacciato da trattore che si è ribaltato. Altri 3 sono avvenuti il 18 aprile. Un operaio trentenne schiacciato da una ruspa a Grosseto. Un operaio 53 anni a Salerno perito a seguito di una caduta. Al Sant'Anna di Ferrara un edile di 35 anni precipitato dal tetto di un capannone. Più un ferito grave in un cantiere dell'Alta velocità, presso Lobiano (Bologna), schiacciato da un manufatto. Inoltre, due morti in Sicilia tra sabato 14 e giovedì 19 aprile. Santo Caciolla di 54 anni il primo morto sotto un montacarichi a Messina. Un operaio di Palermo caduto da un ponteggio mentre lavora in un cantiere a Palermo il secondo. Cinque nuove vittime il 20 aprile: una nel bresciano, un'altra in Val Camonica, un'altra ancora nel vicentino, la quarta a sud di Taranto, la quinta, una donna, nel varesotto. Le agghiaccianti modalità di morte sono più o meno le stesse.
Questi drammatici fatti riportano alla ribalta con forza il problema della mancanza di sicurezza sul lavoro, denunciano quanto questo problema sia grave, gravissimo, scandaloso, quanto esso urli vendetta nei confronti dei responsabili: i padroni anzitutto i quali sull'altare del profitto sacrificano la vita dei "loro" lavoratori, i governi sia di "centro-destra" che di "centro-sinistra" e le istituzioni del tutto inadempienti nelle loro funzioni legislative, di vigilanza e di repressione. Siamo i primi in Europa per morti sul lavoro: 3 vittime al giorno, 1.280 l'anno scorso, con un aumento dell'11%. A questi poi vanno aggiunti gli infortuni complessivi, circa un milione, di cui 27 mila con invalidità permanenti. Vanno aggiunti coloro che muoiono nel tempo per malattie professionali, da esposizione dell'amianto per esempio. Vanno aggiunti gli incidenti sul lavoro che non vengono denunciati, attorno a 200 mila secondo i calcoli dei sindacati. Dai dati Eurostat si apprende che nel nostro Paese le "morti bianche" sono in aumento mentre in Germania, Francia e Spagna sono in diminuzione, pur restando a livelli elevati. Verrebbe da dire che la Repubblica italiana, più che sul lavoro è fondata sul sangue dei lavoratori, se è vero come è vero che dal 1950 ad oggi quasi 200 mila sono gli operai e i lavoratori morti sul lavoro.

I provvedimenti necessari
Di parole pompose, ipocrite e giustificazioniste ne sono state spese tante, anche ai massimi livelli istituzionali e governativi, ma quello che occorre sono i fatti, sono provvedimenti adeguati e tempestivi, è una politica complessiva del lavoro che sia in grado di fermare e invertire decisamente questa tendenza macabra e criminale. Il primo a versare "lacrime di coccodrillo" è stato il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, che dall'alto del suo scranno ha detto che davanti a "questo susseguirsi, quasi quotidiano, di incidenti mortali sul lavoro", faccio appello perché "si discuta liberamente ma rapidamente il disegno di legge del governo... tenendo conto del fatto che poi, dopo l'approvazione della legge, bisognerà mettersi subito al lavoro per varare i decreti attuativi". Dal canto suo, il presidente del consiglio, Romano Prodi, ha avuto il coraggio di dire, quasi che lui non c'entrasse nulla: "Ogni caduto, sul lavoro è un martire che si sacrifica per noi tutti". E su questa falsariga ha aggiunto: "La legge non sarà perfetta ma c'è; occorre farla rispettare con rigore attraverso l'uso degli ispettori. Perché le tragedie avvengono quando si violano le norme e non perché ci sia una legge che lascia le maglie troppo aperte".
Se questo fosse vero allora non si capisce perché il governo Prodi, dopo quasi un anno che è in carica, in tutta fretta ha varato un disegno di legge da discutere e approvare in parlamento, con quali tempi però non è dato sapere, che secondo gli autori, il ministro per le politiche sociali, Ferrero (PRC), e il ministro della sanità, Livia Turco (DS), avrebbe le seguenti caratteristiche: lotta al lavoro nero, essendo una delle principali cause degli infortuni. Norme valide per tutte le categorie di lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto che li lega al datore di lavoro. Modifiche nella disciplina che regola l'assegnazione degli appalti e dei subappalti, con il vincolo delle garanzie sulla sicurezza sul lavoro. Estensione delle responsabilità all'azienda che subappalta in caso di incidente sul lavoro. La "bilateralità" tra aziende e sindacati nella definizione degli aspetti organizzativi e dei piani per la sicurezza, la modifica della disciplina sanzionatoria (penale, civile e amministrativa) e il potenziamento del sistema di controllo e di vigilanza, sono gli altri punti del disegno di legge.
Un altro a versare "lacrime di coccodrillo" è il presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, il quale ha affermato che: "Condivido totalmente l'appello del Capo dello Stato, Napolitano e dei presidenti delle Camere, Marini e Bertinotti. La Confindustria è pronta a impegnarsi al massimo perché il rispetto della vita umana è fondamentale e inderogabile".
Da parte dei lavoratori sarebbe davvero un errore madornale credere alla lettera alle parole del governo e della Confindustria. Ma dov'erano negli anni passati questi signori, tutti con posizione di potere? Perché non hanno fatto quello che dovevano? Anzi, perché hanno appoggiato o promosso leggi che hanno peggiorato la normativa sul lavoro e quindi favorito per via diretta e indiretta, la riduzione degli standard di sicurezza e il proliferare di incidenti sul lavoro? Perché si svegliano solo ora, ammesso e non concesso che abbiano una reale volontà di operare? E poi sono sufficienti i provvedimenti annunciati? I dubbi ci sono e tanti.
In ogni caso i lavoratori non possono rinunciare a svolgere un ruolo da protagonisti in questa importante battaglia. Ai vertici sindacali va chiesto la proclamazione di uno sciopero generale di 8 ore con una grande manifestazione a Roma affinché il tema sulla sicurezza sul lavoro acquisti davvero importanza prioritaria. In questo contesto va accolta con favore la decisione delle segreterie sindacali confederali di Grosseto di indire uno sciopero generale provinciale per il prossimo 4 maggio. Al governo va chiesto, con carattere d'urgenza, un adeguato decreto legge con la copertura finanziaria e immediatamente operativo, migliorando il testo nelle parti meno soddisfacenti, in testa la titolarità dei delegati di fabbrica sul problema della sicurezza. Più in generale occorre una politica complessiva che modifichi radicalmente la legislazione del lavoro e quella riguardante l'immigrazione, con al centro la lotta al lavoro nero, al lavoro precario e flessibile, agli eccessi nei ritmi di lavoro e nell'orario di lavoro, alle inosservanze da parte delle aziende delle leggi e dei contratti di lavoro.
In nessun caso la salute va monetizzata! In nessun caso vanno perdonate le inadempienze governative e le violazioni padronali.

24 aprile 2007