Palermo
Morto il marocchino che s'era dato fuoco per protestare contro i soprusi della polizia municipale
La comunità marocchina denuncia i metodi squadristi e razzisti delle "forze dell'ordine" contro gli ambulanti immigrati
Manifestazione di solidarietà

Dal corrispondente della Cellula "1° Maggio-Portella 1947" di Palermo
È morto il 19 febbraio, dopo una straziante agonia, Noureddine Adnane, l'ambulante marocchino che si era dato fuoco l'11 mentre una squadra di Vigili urbani gli stava sequestrando la merce che vendeva in via Ernesto Basile, nel capoluogo siciliano. Il giovane di 28 anni, ricoverato d'urgenza al reparto grandi ustionati del Civico, sin da subito è apparso gravissimo: le ustioni di terzo grado erano estese all'85% del corpo.
Noureddine, nato e cresciuto in un poverissimo villaggio nei dintorni di Casablanca, era uno di quelle centinaia di migliaia di giovani nord africani oppressi da dittature sanguinarie e spinti dalla disoccupazione a emigrare. Si era trasferito a Palermo qualche anno fa per trovare un lavoro. Aveva il permesso di soggiorno e regolare licenza di ambulante.
L'11 febbraio Noureddine riceve l'ennesima ingiunzione nel giro di una settimana. Implora in ginocchio i Vigili di non sequestrargli nuovamente la merce, ma la pattuglia di aguzzini non sente ragioni e gli toglie le poche cose che poteva vendere per racimolare qualche euro. Testimoni dichiarano che a quel punto il giovane disperato s'è cosparso di benzina ed è stato per 10 minuti con un accendino in mano, minacciando il suicidio, senza che i vigili intervenissero per impedire la tragedia: "Nessuno - dichiara il cugino, Rashid Adnane - ha voluto fermarlo".
Il procuratore di Palermo, Maurizio Scalia, ha aperto un'inchiesta con l'ipotesi di tentata istigazione al suicidio e omissione di soccorso.
Dopo la tragedia i Vigili provano a difendersi: "Si trattava di un controllo di routine - dice un funzionario - che svolgiamo di frequente. Quel tipo di licenza, come prevede una legge regionale e il regolamento del Comune, non permette infatti di stazionare per più di un'ora nello stesso luogo". Insomma, sarebbe tutto in regola secondo le "forze dell'ordine". Ma la comunità marocchina di Palermo denuncia una vera e propria persecuzione nei confronti del connazionale: "Era già stato controllato altre cinque volte questa settimana - dice Zaher Darwish, responsabile immigrazione della Cgil di Palermo - C'è un clima intimidatorio insopportabile nei confronti degli immigrati. Alcuni di loro ci hanno riferito che i vigili ammanettano gli ambulanti, li caricano in macchina e fanno un giro dell'isolato, poi requisiscono la merce senza neanche fare il verbale". Gli ambulanti hanno soprannominato un agente "Bruce Lee" per i suoi metodi violenti.
"Abbiamo una serie di elementi che ci fanno pensare che l'intervento dei vigili, fatto in un determinato modo, non sia stato un episodio occasionale e isolato", dice ancora l'avvocato Giorgio Bisagna che, assieme al collega Daniele Papa, assiste i familiari del giovane e anche un cartello di associazioni, tra cui Cgil, Arci e Laici Comboniani. I legali annunciano che stanno raccogliendo le testimonianze all'interno della comunità marocchina. Arriverà in Procura un dossier con il racconto dei raid compiuti contro gli ambulanti immigrati da una squadra della polizia municipale di Palermo.
Un'ipotesi quella del furto della merce agli ambulanti immigrati che sembrerebbe confermata dall'intervista al comandante dei Vigili di Palermo, Serafino Di Peri: "A Noureddine, non è mai stata sequestrata la merce - dichiara - i verbali di cui si parla, altro non sono che verbali di sopralluogo che i vigili devono redigere per forza". Dunque, se a Noureddine è certo che la merce è stata tolta questo non risulta dai verbali: cioè si chiama furto. Tutti i particolari e le testimonianze confermano che a Palermo veramente esiste una squadraccia di Vigili che usa nei confronti degli immigrati sistemi di repressione e di intimidazione di tipo fascio-mafioso. Auspichiamo che la Procura faccia piena luce su questa vicenda.
Non basta, inoltre, che il neopodestà di Palermo Diego Cammarata, PDL, si dica "profondamente addolorato". È necessario che vengano alla luce le responsabilità politiche della morte del giovane Noureddine. Se è vero, infatti, che questi sono i metodi usati dai Vigili è mai possibile che le istituzioni locali, neopodestà compreso, non ne sapessero nulla? Comunque vadano le indagini sui soprusi dei Vigili, è mai possibile che in una città come Palermo, la cui economia è soffocata dalla presenza dei clan mafiosi, la lotta pretestuosa e razzista agli ambulanti immigrati sia diventata una priorità?
Le masse popolari palermitane non sono mai state razziste. Ma la repressione e l'incitamento alla persecuzione poliziesca, le criminali dichiarazioni razziste, le leggi anti immigrati, gli atteggiamenti prevaricatori ormai sono diventati manifestazioni quotidiane delle istituzioni borghesi e, per conseguenza, delle "forze dell'ordine". Le lacrime di coccodrillo versate da Schifani non possono nascondere che costui ha concorso politicamente a fomentare il razzismo contro gli immigrati, insieme ai suoi compari che siedono nel parlamento nero e nel governo neofascista.
Nel pomeriggio della morte del giovane è partito da piazza Politeama un corteo di solidarietà e di protesta che ha fatto sentire ben forte la voce degli antirazzisti palermitani, scesi in piazza insieme alle comunità di immigrati, sostenute da numerose sigle sindacali. Nel corteo, che ha sfilato per le vie del centro storico, i giovani hanno portato la foto di Noureddine "Vogliamo giustizia. Basta razzismo", era la parola d'ordine urlata per tutta la manifestazione da immigrati e palermitani che hanno sfilato fianco a fianco.

2 marzo 2011