Da un nuovo ramo d'inchiesta della Procura di Napoli sul disastro ambientale e sanitario provocato dal "ciclo dei rifiuti"
Commissariato di governo e regione Campania complici nello sversamento di tonnellate di percolato sul litorale
Arrestati alti dirigenti regionali e del ministero dell'ambiente e i manager della Hydrogest. Ai domiciliari anche il braccio destro di Bertolaso, Di Gennaro e l'ex prefetto e Commissario di governo, Catenacci. Nuovi avvisi di garanzia per Bassolino e Nappi
L'accusa: "associazione per delinquere, truffa, falso ideologico in atto pubblico, smaltimento illecito di rifiuti, scarichi non autorizzati di rifiuti, disastro ambientale"

Redazione di Napoli
La melma schifosa di questo regime neofascista e mafioso che sta strangolando l'Italia e avvelenando ogni centimetro di aria, terra e acqua della Campania, comincia a venire a galla.
Sono nomi di rilievo politico locale e nazionale, insediati da anni sugli scranni istituzionali del sistema criminale di governo della Campania, quelli che figurano tra le 14 persone arrestate e le decine di avvisi di garanzia notificati nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Napoli sulle tonnellate di percolato (il residuo liquido prodotto dalla spazzatura) che è stato sversato in mare tra il 2006 e il 2009 lungo tutto il litorale della Campania.
Agli arresti domiciliari è finito il prefetto ed ex commissario straordinario per l'emergenza rifiuti Corrado Catenacci già coinvolto in molte altre inchieste sul "ciclo dei rifiuti" e che fino ad oggi non aveva avuto neanche la decenza di dimettersi dalla presidenza della nuova società provinciale di gestione dei rifiuti e riscossione della Tarsu, la Sapna, voluta dal neopresidente della provincia di Napoli, il cosentiniano del PDL, Luigi Cesaro. Ai domiciliari sono finiti anche l'ex vice commissario di Guido Bertolaso alla Protezione civile, Marta Di Gennaro, già plurinquisita, da ottobre in pensione dopo un dorato incarico al ministero della Salute guidato da Fazio, nonché l'alto dirigente del ministero dell'Ambiente guidato dalla Prestigiacomo, Gianfranco Mascazzini.
Nuovo avviso di garanzia anche per l'ex governatore e commissario ai rifiuti e alle bonifiche Antonio Bassolino (PD) e per l'ex capo della sua segreteria Gianfranco Nappi, destinatario di una perquisizione. Indagati anche Claudio De Blasio, tecnico degli impianti del Commissariato per l'emergenza rifiuti in Campania e Leonello Serva, ex sub commissario per i rifiuti della Regione Campania.
Le accuse per tutti sono di associazione per delinquere, truffa, falso ideologico in atto pubblico e una lunga serie di gravissimi reati ambientali tra i quali: smaltimento illecito di rifiuti, scarichi non autorizzati di rifiuti, disastro ambientale.

Come si è sviluppata la nuova inchiesta
L'inchiesta, coordinata dai pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo del pool coordinato dal procuratore aggiunto Aldo De Chiara nasce come stralcio di quella definita "rompiballe", sull'utilizzo spregiudicato degli impianti di CDR (combustibile da rifiuti), che aveva già portato all'incriminazione di Marta Di Gennaro. Secondo l'accusa il rifiuto liquido, per sua natura altamente inquinante, non poteva essere raccolto nei depuratori ritenuti "già inadeguati ad assicurare la normale depurazione".
Dalle numerose intercettazioni è emerso un quadro sconcertante sulla gestione spregiudicata dello smaltimento di rifiuti. Il 19 dicembre del 2007 Generoso Schiavone, titolare della concessione per il ciclo di depurazione delle acque in Campania, parla al telefono con un collega e si rallegra che durante l'ultima stagione estiva dagli stabilimenti balneari non sono arrivate lamentele nonostante che "fino a luglio foce Regi Lagni ha buttato a mare tonnellate di merda al giorno". Schiavone sa che la cosa è pericolosa: "Se su questa storia ci mette le mani un pm ci faremo male tutti. Io al massimo mi farò qualche settimana a Poggioreale, ma qualcuno salta per aria".
Schiavone, oltre a conoscere i meccanismi per far arrivare il percolato agli impianti di depurazione violando la legge, è al corrente delle scappatoie che gli possono evitare guai. Al telefono con il professor Giovanni Melluso, un altro degli arrestati, docente all'università Federico II e incaricato della sovrintendenza scientifica sugli impianti di depurazione, parla tranquillamente di una relazione da inviare al prefetto "per buttare fumo sul percolato". Poi si sfoga con Antonio Recano, funzionario del commissariato straordinario per le bonifiche (anch'egli finito in manette), accusando la Hydrogest e il suo amministratore: "De Bari non vuole fare un cazzo, perché De Bari non è nessuno, non ha il potere di spendere neanche una lira e noi stiamo rovinando gli impianti, con dei danni patrimoniali e con dei danni all'ambiente che sicuramente configurano il disastro ambientale... tu te la sentiresti di andare avanti così?... Quello è disastro ambientale. Il trenta, quaranta per cento del fango viene buttato a mare. Hanno bypassato intere aree dell'impianto, buttano in atmosfera i gas biologici. Ma che cazzo dobbiamo fare più di questo? E poi domani ti dicono che tu eri il responsabile".
Questa telefonata, scrive il giudice per le indagini preliminari D'Urso nell'ordinanza, "conferma che sin dall'inizio Schiavone e più in generale la parte pubblica (regione Campania e Commissariato di governo, ndr), sapessero che gli impianti di depurazione erano inadeguati, eppure hanno consentito comunque i conferimenti di percolato". In particolare il Commissario straordinario all'emergenza rifiuti, Guido Bertolaso, pupillo del neoduce Berlusconi, e la sua vice, Marta Di Gennaro, "avevano consapevolezza della problematica del percolato e tuttavia lo gestivano con assoluta sufficienza, e soprattutto in dispregio di ogni regola", scrivono i magistrati napoletani.

Colossale opera di inquinamento
Se è vero che il percolato, secondo quanto è emerso dai rilievi tecnici svolti durante le indagini, veniva prodotto in maniera enorme dalle discariche campane, in alcuni casi anche ben oltre quanto sarebbe stato lecito attendersi da un impianto di sversamento, allora si è realizzata in Campania una delle più colossali opere di inquinamento in un'area dove vivono 3 milioni di persone. In mare insieme al percolato sarebbe finito di tutto: zinco, azoto, inquinanti pericolosissimi, rifiuti tossici e, non è da escludere, rifiuti radioattivi.
La parola d'ordine dello Stato per anni è stata: tenere gli occhi e la bocca chiusa su questo procurato disastro ambientale. Tanto i gestori dei lidi non parlano perché dall'inquinamento del mare, soprattutto sul litorale domizio, ci guadagnano costringendo i bagnanti a recarsi nelle loro piscine; e dell'Arpac (l'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania), accuratamente lottizzata politicamente, non c'è da preoccuparsi più di tanto: "I risultati di questi campioni di acque reflue - si legge in una delle rarissime relazioni di denuncia datata 2007 - confrontati con quelli dei mesi precedenti attestano uno stato di sofferenza dello stato di ossidazione biologica dovuto anche alle modalità di immissione del percolato".
Di fronte a una tale mole di crimini ambientali e all'attentato alla salute pubblica il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore non poteva che affermare: "l'emergenza rifiuti è dovuta alla mancata volontà politica di risolvere il problema della spazzatura, altrimenti in tanti anni lo si sarebbe fatto". E alla replica della neopodestà DC Rosa Russo Iervolino: "Il procuratore dica chi, della politica, non ha la volontà di risolvere il problema", Lepore ha aggiunto: "I nomi? Semplice, mi riferisco a tutti quelli che in questi sedici anni di emergenza hanno ricoperto ruoli di responsabilità a livello centrale e locale. È inutile cercare alibi, la situazione è sotto gli occhi di tutti".

Il governo sapeva e taceva
Una denuncia forte, sia pur tardiva, che chiama in causa tutti i livelli di corruzione istituzionale, dal governo piduista e filo-mafioso del neoduce Berlusconi con le sue appendici rappresentate dalla cosiddetta Protezione civile e dalla corrente filo camorrista dei Cosentino, fino al PD, PDCI, PRC e Verdi che per anni hanno coperto a sinistra le malefatte di Antonio Bassolino e dei soci della Impregilo. A cominciare dalla mattanza che nel 2004 impose nel "triangolo della morte" la costruzione del mostro di Acerra.
È un classico: quando la verità viene a galla in tanti cercano disperatamente di smarcarsi per sfuggire alla collera popolare. Tommaso Sodano, ex presidente della Commissione Ambiente del Senato definisce senza mezzi termini l'emergenza rifiuti in Campania: "un vero e proprio verminaio che da anni ruota attorno alle stesse persone. Un 'sistema' che - solo dal 2001 al 2010 - ha stanziato (dati dell'Autorità di vigilanza degli appalti) 3 miliardi e 548 milioni di euro con 25 ordinanze emergenziali, che hanno bypassato le norme ordinarie e fatto saltare i controlli. Gli attori di queste vicende sono stati dei criminali ambientali, e la cosa più grave è che lavoravano con una sensazione di totale impunità e il mio timore", spiega ancora Sodano, "è che questo modus operandi continui tuttora visto che proprio negli ultimi giorni sono arrivati nuovi provvedimenti antimafia per alcune ditte impegnate nel settore dei rifiuti". Franco Barbato dell'IDV di Di Pietro, magari fiutando consensi elettorali, afferma invece: "Bene l'incriminazione di Bassolino. Ma cosa aspettiamo a colpire i Cesaro, i Cosentino, i Paolo Russo, i Landolfi che hanno gestito insieme alle loro clientele l'emergenza rifiuti in Campania?".
Il PMLI è al fianco dei magistrati che indagano con coraggio su questo sistema e questo regime corrotto fino al midollo.

9 febbraio 2011