Sfregio alla Resistenza
Napolitano avalla le menzogne dei fascisti sulle foibe
La "sinistra radicale" si accoda. Il presidente della Repubblica consegna medaglie d'oro e diplomi ai familiari degli infoibati
I fascisti esultano. Applaudono Fassino, D'Alema e Rutelli

"Gli orrori delle Foibe e la tragedia collettiva dell'esodo degli istriani, fiumani e dalmati furono scatenate da un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una 'pulizia etnica'".
Con queste gravissime parole pronunciate in occasione della celebrazione del "giorno del ricordo" svoltasi al Quirinale il 10 febbraio, Giorgio Napolitano, raccogliendo "l'esempio del mio predecessore Ciampi", ha suggellato la consegna di una medaglia d'oro e un diploma ai parenti di trenta italiani periti durante il rimpatrio forzato dai territori della ex Jugoslavia nell'autunno del '43 e nella primavera del '45.
Dopo aver omaggiato la controrivoluzione ungherese del '56 e aver assolto se stesso e quanti come lui "nel corso del tempo" hanno rinnegato completamente le loro posizioni del passato, l'ex "comunista" eletto al Quirinale ha lanciato un proditorio attacco contro la Resistenza avallando pubblicamente e senza vergogna le menzogne dei fascisti sulle foibe e sui fuoriusciti istriani e giuliano-dalmati per restituirgli "quella dignità storica e morale che per troppi anni è stata negata". È il suo ennesimo tributo pagato per dimostrare a tutti di aver ormai completamente tagliato ogni legame anche ideale col suo passato di dirigente del PCI, sia pure della sua corrente più borghese, revisionista e riformista.
Certo non è la prima volta che il destro Napolitano, socialdemocratico e riformista della prima ora come si vanta di essere sempre stato, vomita fango e veleno contro la Resistenza e i partigiani; ma in questa occasione egli si è spinto al punto di rispiattellare le tesi storiche dei fascisti, da Mussolini ad Almirante, e di rivendicare le "ragioni" dell'imperialismo italiano in Istria e Dalmazia fino a rimettere in discussione i trattati intervenuti fra l'Italia e la ex Jugoslavia a partire dal 1947 ivi compreso quello di Osimo del 1975.
Nemmeno il capo dei gladiatori Francesco Cossiga, tra i primi a lanciare quasi 20 anni fa l'ignominiosa campagna di riabilitazione dei fascisti infoibati né il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, ispiratore della legge che istituisce il "giorno del ricordo", erano arrivati a tanto.
Mai prima d'ora la più alta carica dello Stato italiano, per giunta con una lunga militanza tra le file della "sinistra" revisionista e borghese, aveva osato attaccare con tanta veemenza i valori fondanti dell'antifascismo, si era permesso di trattare i partigiani come dei "sanguinari" dediti alla "pulizia etnica" e si era schierato così apertamente al fianco degli irredentisti in camicia nera per sostenere le antiche e mai sopite ambizioni espansioniste ed egemoniche italiane nei Balcani.
Davanti all'orgia di menzogne e falsità storiche espresse da Napolitano e condivise appieno da tutti i partiti del regime neofascista ivi compresa la "sinistra radicale" di Bertinotti e Diliberto, si è visto costretto a intervenire nientemeno che il "picconatore" Cossiga, l'anticomunista famigerato fiero di capeggiare la difesa dell'Occidente dalla supposta invasione sovietica. Vistosi scavalcato a destra da Napolitano, gli ha ricordato che le Foibe e l'esodo degli istriani e giuliano-dalmati furono la conseguenza delle "persecuzioni fasciste contro le minoranze slovena e croata e la repressione italiana contro la Resistenza jugoslava dopo l'ignobile aggressione fascista a questo stato"; "non sarebbe male mandare almeno un fiore alla lapide in ricordo dei giovani d'etnia slovena in provincia di Trieste fucilati da un reparto delle forze armate italiane per aver rifiutato di prendere le armi contro la propria gente".
Il rinnegato Napolitano ha fatto proprie le parole del democristiano Paolo Barbi, presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, per sottolineare che oltre a "l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe va ricordata la 'congiura del silenzio', 'la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell'oblio'. Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali".
Perciò, ha ammonito nelle conclusioni: "Oggi che in Italia abbiamo posto fine a un non giustificabile silenzio, e che siamo impegnati in Europa a riconoscere nella Slovenia un amichevole partner e nella Croazia un nuovo candidato all'ingresso nell'Unione, dobbiamo tuttavia ripetere con forza che dovunque, in seno al popolo italiano come nei rapporti tra i popoli, parte della riconciliazione, che fermamente vogliamo, è la verità. E quello del 'Giorno del Ricordo' è precisamente, cari amici, un solenne impegno di ristabilimento della verità".
Insomma, la parentesi resistenziale è definitivamente chiusa e ritornano intatti gli appetiti e le rivendicazioni egemoniche dell'imperialismo italiano nei Balcani che ebbero il loro apice nel ventennio mussoliniano. E ciò ha allarmato le autorità croate che per bocca del capo dello Stato, il socialdemocratico Stjepan Mesic, hanno accusato il Quirinale di "aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico" mentre hanno avvertito che: "è assolutamente inaccettabile per la Croazia rimettere in questione la validità dei Trattati di Osimo che la Croazia ha ereditato come uno degli Stati succeduti all'ex federazione jugoslava". Peraltro "l'Italia non ha mai pagato i danni di guerra ai popoli della ex Jugoslavia aggrediti" e non ha mai accettato di consegnare e processare i criminali di guerra fascisti.
Sulle foibe Napolitano impone una sola "memoria condivisa", senza più distinzione fra vittime e carnefici, fra chi ha lottato ed è morto per liberare i popoli dal giogo nazi-fascista e chi invece li ha schiacciati e oppressi. E l'unica verità a cui tutto il popolo italiano deve omologarsi sotto le insegne della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista è quella dei fascisti e dei revisionisti storici. Guadagnandosi l'entusiastica approvazione dei fascisti che ne hanno sottoscritto il discorso dalla prima all'ultima frase. A margine di un'analoga manifestazione tenutasi a Milano, Fini ha commentato: "È stato molto bello quello che ha detto il Capo dello stato richiamando anche le parole del suo predecessore. È possibile ora avere una memoria condivisa, onorare il sacrificio di tanti connazionali che sono stati costretti all'esilio o trucidati perchè italiani. Ricordare è doveroso per tutti, soprattutto ora che finalmente gli italiani conoscono una pagina della storia che è stata per tanti anni negata a strappata".
A far quadrato intorno al Quirinale si sono schierati tanto il governo quanto il parlamento nero, a cominciare dal democristiano Prodi che dall'India ha fatto sapere "Abbiamo preso contatto con il primo ministro croato per esprimere il nostro sdegno per queste parole assolutamente ingiustificabili". Mentre il ministro degli Esteri, il rinnegato D'Alema, ha sprezzantemente sentenziato: "ciò che ha detto Napolitano ha l'unanime consenso delle forze politiche in Italia e questo va nel senso del riconoscimento della verità storica che è fondamento per ogni processo di riconciliazione". Inoltre D'Alema ha convocato alla Farnesina l'ambasciatore croato in Italia e ha dato ordine di annullare temporaneamente tutti i viaggi diplomatici a Zagabria.
Il ministro della Cultura Francesco Rutelli ha assicurato l'impegno di tutto il governo a rompere il silenzio su questa "dolorosa pagina" auspicando che ciò "avvenga, sia pure tardivamente, con il largo consenso dell'intero schieramento politico e parlamentare". Mentre secondo il segretario dei Ds Fassino "Si deve dire grazie al presidente Napolitano per aver voluto, con la sua autorevolezza politica e istituzionale, restituire definitivamente all'esodo e alle foibe quella dignità storica e morale che per troppi anni è stata negata. Parole - ha aggiunto Fassino - che premiano anche la tenacia di quanti, spesso incompresi, hanno sollecitato in questi anni la sinistra a cessare ogni colpevole rimozione della tragedia dell'esodo e delle foibe, riconoscendo che sono una pagina della storia che appartiene all'Italia e a tutti gli italiani".

14 febbraio 2007