Intervenendo alla Conferenza internazionale sul lavoro a Ginevra
Napolitano: basta col posto fisso, "non tutte le conquiste del passato sono ancora sostenibili"
Il rinnegato del comunismo fa quadrato intorno alla controriforma Fornero del lavoro

Intervenendo il 13 giugno scorso alla Conferenza internazionale sul lavoro a Ginevra, il rinnegato Napolitano non si è lasciato scappare l'occasione per "parlare a nuora affinché suocera intenda": ossia, col pretesto di parlare ai delegati esteri, intervenire pesantemente negli affari interni italiani, e nella fattispecie entrare a gamba tesa in appoggio alla controriforma Fornero del lavoro in corso di approvazione alla Camera.
È fatale, si è chiesto retoricamente il nuovo Vittorio Emanuele III per approcciare il tema, "rinunciare, in paesi come l'Italia, a conquiste di benessere faticosamente raggiunte nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, rinunciarvi per poter reggere le nuove ardue sfide di una competitività che non conosce frontiere"?
Ovviamente la risposta se l'è data da sé, e manco a dirlo era affermativa e perfettamente in linea non solo con lo spirito e gli obiettivi della controriforma Fornero, ma anche con quelli della dottrina mussoliniana del nuovo Valletta della Fiat, Marchionne.
"In effetti - si è risposto infatti il rinnegato del comunismo - quelle sfide sollecitano innovazioni profonde su tutti i piani nei paesi di più antica industrializzazione e più diffuso benessere materiale: e senza dubbio non tutte le conquiste del passato possono essere considerate ancora sostenibili e nemmeno egualmente valide rispetto a nuove concezioni e misurazioni del benessere e della qualità della vita. Significativo è ad esempio che in vari paesi l'accento si sia spostato verso scelte che, prendendo atto di tendenze a un'inevitabile maggiore flessibilità e mobilità nell'impiego della forza lavoro, valorizzano la formazione lungo l'arco della vita ed efficienti politiche di ricollocamento, legate a nuove opportunità di occupazione".
Un discorso involuto e ipocrita, com'è tipico dei suoi interventi quando deve attaccare da destra i valori e le conquiste del movimento operaio, per sostenere in soldoni due cose: 1) Le conquiste dei lavoratori non sono più sopportabili dal capitalismo occidentale nell'era della globalizzazione, e pertanto devono essere cancellate o ridotte; 2) È giusto e inevitabile che in vari paesi, Italia compresa, ci si orienti verso la completa libertà di licenziamento, e che il concetto di lavoro stabile venga sostituito da quello di lavoro "flessibile" e precario per tutta la vita lavorativa. Due concetti che si attagliano perfettamente, guarda caso, alla controriforma delle pensioni e a quella del lavoro entrambe firmate dalla Marchionne del governo Monti, Elsa Fornero.
È significativo che questo intervento del rinnegato del Quirinale sia stato ignorato dalla maggior parte dei giornali di regime, al punto da far pensare di essere stato deliberatamente nascosto, verosimilmente per non mettere in imbarazzo il PD e la segreteria della CGIL, instancabilmente dediti ad accreditare il nuovo Vittorio Emanuele III come dalla parte dei lavoratori e del popolo. Ne ha parlato invece, e con compiaciuto risalto, Il Giornale di Berlusconi, mettendo l'enfasi sull'"invito di Napolitano alla flessibilità" ("Sorpresa, il Colle rinnega il posto fisso") e sul suo passaggio sull'"insostenibilità delle conquiste del passato". E se lo dice il quotidiano di proprietà del neoduce, quale miglior dimostrazione, per chi ancora non l'avesse ben compreso, che tra il capitale e il lavoro Napolitano è inequivocabilmente schierato, e non da oggi, con il primo e contro il secondo?

4 luglio 2012