Venendo in soccorso del neoduce in difficoltà
Napolitano cerca di bloccare il siluro contro Berlusconi pronto per il G8
Il PD accetta la "tregua" senza fiatare

Con l'approssimarsi del G8 de L'Aquila cresceva anche l'ansia del Quirinale per un possibile fallimento del summit a presidenza italiana, sia per l'inasprirsi degli attacchi della stampa internazionale ai sempre più numerosi scandali in cui è coinvolto Berlusconi, sia per l'infittirsi delle voci di un possibile siluro mediatico e/o giudiziario preparato per il premier e programmato per esplodere proprio durante il vertice di luglio.
È per questo che rompendo ogni dovere di riservatezza e ingerendosi pesantemente nella situazione politica, Napolitano è sceso in campo per chiedere una "tregua" e congelare tutto almeno fino alla conclusione del G8: "Sarebbe giusto, di qui al G8, data la delicatezza di questo grosso appuntamento internazionale, avere una tregua nelle polemiche", ha dichiarato infatti il capo dello Stato la mattina del 29 giugno mentre festeggiava il proprio compleanno a Capri. "Capisco le ragioni dell'informazione e della politica, ma il mio augurio ed il mio auspicio in questo momento sono di una tregua".
Un intervento, il suo, del tutto irrituale e che viola gravemente l'articolo 21 della Costituzione che tutela espressamente la libertà di espressione e di informazione, tanto più irricevibile perché era stato concordato telefonicamente col neoduce quella mattina stessa, come lo stesso inquilino del Quirinale ha spudoratamente ammesso: "Abbiamo avuto una conversazione un po' più ampia in vista del G8 e in vista della conferenza stampa", ha detto infatti a proposito della telefonata del premier "per fargli gli auguri". Non per nulla quest'ultimo si è subito affrettato a controfirmare l'appello di Napolitano quello stesso pomeriggio, durante la conferenza stampa di presentazione del G8 a Napoli: "Penso che sia logico che un capo dello Stato rivolga un invito del genere e mi sembra che sia logico che venga anche accolto", ha detto tutto tronfio e compiaciuto Berlusconi. Seguito immediatamente a ruota, come se la cosa fosse stata concordata in anticipo, dai presidenti delle due Camere, Fini e Schifani, con analoghe dichiarazioni di apprezzamento e condivisione dell'appello presidenziale.
L'invito di Napolitano alla stampa a mettere la sordina alle rivelazioni sugli inesauribili scandali a luci rosse del premier e alla magistratura a congelare eventuali nuovi procedimenti giudiziari a suo carico almeno fino alla conclusione del G8, è l'ennesimo e più vergognoso soccorso che il rinnegato del Quirinale ha prestato finora al neoduce, e dimostra ancora una volta che egli si sta comportando con lui esattamente come il re Vittorio Emanuele III si comportava con Mussolini: cioè reggendogli il sacco e coprendogli le spalle proprio quando il discredito, anche internazionale, sulla sua persona è al massimo.
Ciononostante l'appello alla "tregua" è stato subito recepito anche dalle "opposizioni", a cominciare dal PD che non ci ha trovato assolutamente nulla a che ridire. Franceschini si è immediatamente allineato. Tant'è che nei giorni a seguire, di fronte alle polemiche scatenate dalla stampa estera a proposito della partecipazione dell'Italia al G8, il segretario del PD, durante un incontro al partito, ha replicato: "Abbiamo accolto l'appello del presidente della Repubblica, che era motivato, ad abbassare i toni dello scontro".
Perfino certe forze trotzkiste a sinistra del PD, pur declinando l'invito alla "tregua", hanno cercato di coprire e giustificare in qualche modo il rinnegato del Quirinale. Come Ferrero, che nel dichiarare "non raccoglibile l'appello" ha sentito il bisogno di precisare: "Mi dispiace perché l'invito proviene dalla massima carica dello Stato, per la quale nutro profondo rispetto". E come Asor Rosa, che in un fondo su il manifesto del 5 luglio, ha esordito così: "Non si può non essere d'accordo - come sempre del resto (sic), - con il Presidente Giorgio Napolitano quando invita a sospendere per un po' le 'polemiche politiche' in vista della partecipazione italiana al G8. Il resto, però, - e cioè lo sterminio 'non politico', l'enorme zavorra che deborda, nonostante gli sforzi, da tutti i peggiori contenitori, - ci sovrasta, e temo non ci si possa far niente. La vergogna italiana è ormai consumata al cospetto del mondo, parlarne o non parlarne è più o meno la stessa cosa".
Soltanto Di Pietro l'ha accolto con malumore, mugugnando che Napolitano farebbe bene a "guardare non il dito, ma la luna. Non si tratta di polemiche, ma di fatti". Chi invece l'ha lodato a parole ma tutt'altro che rispettato nei fatti è stato proprio Berlusconi, che non si è nemmeno sognato di abbassare minimamente i toni, continuando a tuonare come un forsennato contro la stampa, soprattutto quella internazionale, accusata di ordire "complotti" contro di lui, contro i magistrati e contro chiunque osi contestarlo e fischiarlo, come è successo a Napoli e a Viareggio.
La cosa che suscita ancor più indignazione è che l'appello di Napolitano a "non disturbare il manovratore" è caduto nel bel mezzo dello scandalo della cena di Berlusconi e del suo ministro della Giustizia con due giudici della Corte costituzionale, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, che ad ottobre dovrà pronunciarsi sulla costituzionalità del lodo Alfano. E come se non bastasse, alle proteste e alle rimostranze che ne sono seguite il giudice Mazzella ha ribattuto con arroganza che lui invita a cena chi gli pare e piace. Dopodiché ha inviato una lettera al "caro Silvio" (concordata preventivamente con lui), in cui ribadisce che lo inviterà ancora "fino al momento in cui un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse privarci delle nostre libertà personali".
E davanti a tanta inaudita sfrontatezza, come ha reagito Vittorio Emanuele Napolitano, il cui intervento era stato invocato da Di Pietro per censurare l'operato dei giudici faziosi e ridare credibilità alla Consulta? Come sopra, ossia facendo lo struzzo e coprendo anche questo ennesimo insulto del neoduce alla giustizia e alla legalità, col dichiarare che la richiesta di Di Pietro "non aveva fondamento istituzionale" perché sarebbe stata "un'interferenza nella sfera di insindacabile autonomia" della Corte. Tutto ciò non dovrebbe aprire gli occhi a quanti ancora si illudono che il rinnegato Napolitano possa costituire un freno o un argine all'arroganza e allo strapotere del nuovo Mussolini?

8 luglio 2009