Il nuovo Vittorio Emanuele III strumentalizza la guerra di Liberazione contro il nazifascismo per giustificare l'aggressione all'ex colonia italiana
Napolitano fornisce le armi ideologiche e politiche a Berlusconi per bombardare la Libia

"L'ulteriore impegno dell'Italia in Libia - annunciato ieri sera dal Presidente del Consiglio Berlusconi - costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall'Italia a metà marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio Supremo di Difesa da me presieduto e quindi confortata da ampio consenso in Parlamento". Con questa secca e perentoria dichiarazione, contenuta in un discorso ufficiale del 26 aprile, Napolitano ha tagliato corto alla sorpresa e alle polemiche suscitate dall'annuncio di Berlusconi che anche l'Italia avrebbe partecipato ai bombardamenti aerei della NATO sulla Libia. Per il nuovo Vittorio Emanuele III, cioè, la decisione di bombardare la Libia che il neoduce ha annunciato proprio il 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, non costituisce uno scandalo, né un'ulteriore escalation nella guerra di aggressione imperialista all'ex colonia italiana, ma è semplicemente il "naturale sviluppo", una logica conseguenza della decisione guerrafondaia già presa dal governo, da lui stesso come capo del Consiglio supremo di Difesa e dal parlamento che l'ha ratificata a grande maggioranza il 24 marzo scorso.
Come dire che l'anomalia, se c'era, era semmai la foglia di fico con cui il nuovo Mussolini, d'intesa con il caporione leghista Bossi e il ministro della guerra La Russa, aveva cercato finora di coprire l'intervento italiano fingendo che fosse limitato a mettere a disposizione le basi e ad azioni di "interdizione dei radar libici", ma senza bombardare. Ora che finalmente anche questa foglia di fico è caduta, l'inquilino del Quirinale rivendica con orgoglio il ruolo più chiaro e interventista a tutto tondo dell'Italia in Libia, ed esorta tutte le forze politiche parlamentari a prenderne atto e regolarsi di conseguenza. E allo stesso tempo offre tutta la sua autorevole copertura al nuovo Mussolini per la sua gravissima decisione guerrafondaia e gli fornisce le armi ideologiche e politiche atte a sostenerla e portarla avanti fino in fondo.
Un intervento quindi, il suo, di sostegno e di supplenza al governo, nel momento in cui l'annuncio di Berlusconi ha suscitato malumori e prese di distanza da parte della Lega di Bossi e Maroni, sia pure del tutto strumentali ed elettoralistiche; che tuttavia gli facevano temere per la stabilità della maggioranza, in un momento in cui, con l'Italia in guerra, meno che mai il rinnegato del Quirinale vuol sentir parlare di crisi di governo. E ciò lo spinge a mettersi per primo l'elmetto ed ergersi lui stesso a supremo garante dell'impegno bellico italiano di fronte agli alleati della NATO, rispetto a un governo apparso invece incerto e contraddittorio pur avendo aderito subito all'aggressione imperialista alla Libia iniziata da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti.

Strumentalizzazione della Resistenza in chiave interventista
Per questo intervento Napolitano ha sfruttato l'occasione dell'annuale "incontro con le Associazioni Combattentistiche e Partigiane e le Associazioni d'Arma", non esitando a strumentalizzare la ricorrenza della Liberazione in chiave nazionalista e interventista, per giustificare l'escalation dell'intervento militare in Libia. Infatti è proprio partendo dalla Resistenza e istituendo un parallelo con le attuali insurrezioni popolari in Nord Africa e Medio Oriente che il nuovo Vittorio Emanuele III è arrivato ad affermare che "in particolare noi italiani nel ricordo delle lotte di liberazione e del 25 Aprile" non potevamo "restare indifferenti" al pericolo che vengano soffocate. E da qui a giustificare l'attacco imperialista alla Libia in nome della risoluzione 1973 dell'ONU, e di conseguenza anche il suo "naturale sviluppo" verso i bombardamenti italiani, a 88 anni da quelli ordinati da Mussolini per piegare la ribellione popolare nell'allora colonia fascista, il passo è stato breve.
La stessa sporca retorica sillogistica volta a rendere legale e moralmente accettabile ciò che di per sé non può che essere criminale, come lo è sempre una guerra imperialista, il rinnegato Napolitano l'ha usata per negare la violazione dell'articolo 11 della Costituzione, in una lettera di auguri inviata al quotidiano trotzkista il manifesto in occasione del 40° della sua fondazione. Secondo quanto rivelato da Valentino Parlato, in questa lettera, in riferimento alle critiche rivoltegli da più parti e anche da quel giornale, il capo dello Stato sostiene che l'articolo 11 "deve essere letto e interpretato nel suo insieme", e il suo ripudio della guerra si riferisce più che altro a quella voluta dall'Italia fascista, non a quelle odierne col sigillo dell'ONU per sventare "minacce alla pace, violazioni della pace e atti di aggressione". Per cui a suo dire "partecipando alle operazioni contro la Libia sulla base della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, l'Italia non conduce una guerra né per offendere la dignità di altri popoli né per risolvere controversie internazionali; l'Italia risponde a una richiesta delle Nazioni Unite, 'organizzazione internazionale' alla cui Carta fondativa del 1945 evidentemente fa riferimento la nostra Carta elaborata dall'Assemblea Costituente".
Insomma, basta non chiamarla guerra ma intervento per "salvare la pace" e l'articolo 11 è rispettato. Una tesi chiaramente ipocrita e di comodo, questa del rinnegato Napolitano, che però non fa fare una piega al trotzkista Parlato, il quale a conclusione di tutto si limita a commentare: "Debbo dargli totalmente ragione sul piano costituzionale (sic), resta il dissenso sul piano politico. E poi l'Italia in Libia ha una brutta storia".

Pressioni del Quirinale a sostegno del gabinetto di guerra
Ma l'intervento di Napolitano a sostegno di Berlusconi non si ferma qui. In un successivo incontro col neoduce al Quirinale ha non solo ribadito la giustezza della sua decisione di bombardare la Libia, ma si è anche accordato con lui per scongiurare una possibile crisi di governo in previsione del dibattito e del voto in parlamento chiesto sia dalla Lega sia dai partiti di "opposizione", PD, UDC, FLI e IDV, anch'essi decisi a presentarsi con proprie mozioni da sottoporre a voto.
Tra queste l'unica contraria ai bombardamenti è quella dell'IDV. Quella della Lega è del tutto strumentale: chiede solo di porre dei limiti temporali e di spesa all'intervento e il blocco navale al flusso dei profughi; mentre quelle di PD e UDC sono favorevoli ai bombardamenti e puntano solo a far emergere le contraddizioni nella maggioranza, pur guardandosi bene dal chiedere le dimissioni del nuovo Mussolini.
Ciononostante Napolitano ha fatto capire di essere fortemente contrario a simili iniziative, che potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza del gabinetto di guerra Berlusconi, ribadendo che l'assenso alla guerra è già stato dato con ampia maggioranza dal parlamento lo scorso 24 marzo. E le sue pressioni hanno già ottenuto dei risultati, visto che Bossi ha assicurato che non intende provocare una crisi di governo e che un accordo col neoduce ci sarà senz'altro prima del voto. E anche nel PD in molti stanno già tirando i remi in barca prendendo le distanze dalla già inconsistente iniziativa, tra cui D'Alema e Veltroni. Mentre la capogruppo al Senato, Finocchiaro, ha fatto sapere che non intende presentare la mozione del PD anche a Palazzo Madama.

4 maggio 2011