Un bel favore a Berlusconi
Napolitano attacca i magistrati e il "protagonismo dannoso" dei Pm
Il presidente della Repubblica invoca ancora una volta le "riforme" costituzionali

Quello di Napolitano alla seduta del Consiglio superiore della magistratura (Csm) del 9 giugno era un intervento molto atteso dai magistrati, specie dopo gli ultimi forsennati attacchi di Berlusconi, che è arrivato a definirli "delinquenti" e ha giurato di non darsi pace finché non avrà imposto la separazione delle carriere e sottomesso i pubblici ministeri (Pm) agli ordini del governo. Attacchi praticamente quotidiani e uno più violento dell'altro, ripetuti di concerto dal neoduce e dai suoi scagnozzi Alfano, Ghedini e Gasparri, delle vere e proprie provocazioni alle quali i magistrati si erano imposti di non rispondere per non attirarsi l'accusa di uscire dal loro ruolo e aggravare il conflitto tra le istituzioni. Da parte sua Napolitano, dal quale come presidente del Csm i magistrati si attendevano una difesa della loro autonomia, se ne era stato ancor più zitto, salvo qualche generico richiamo al "rispetto" degli equilibri istituzionali.
Proprio per questo il suo intervento al Consiglio del 9 giugno era molto atteso, ma le cose sono andate ben diversamente da quanto i magistrati si aspettavano, giacché oltre al danno da parte del governo hanno avuto anche la classica beffa da parte dell'inquilino del Quirinale. Costui si è presentato non in veste di arbitro imparziale, né tantomeno per difenderli, ma per strigliarli e richiamarli all'ordine, attribuendo esclusivamente alla loro "inefficienza" e al loro "protagonismo" la causa di ogni critica e attacco rivolti contro la magistratura stessa. In tutto il suo lungo intervento, infatti, non solo non ha fatto il minimo accenno al neoduce Berlusconi e alla valanga di attacchi e di insulti che rovescia quotidianamente sui giudici, ma ha sbrigato tutta la pratica relativa agli "equilibri costituzionali" tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario nei primi dieci righi della relazione. E non per difenderli da chi li vuole stravolgere di fatto a favore del governo, bensì per invocare l'urgenza di "riformare" la Costituzione per rendere "legale" tale stravolgimento!
"Gli equilibri tra le istituzioni - dice a questo proposito Napolitano - possono, com'è evidente, modularsi variamente nell'ambito della forma di Stato e della forma di governo propria di ciascun paese : ma essi rappresentano un problema cruciale cui nessun sistema democratico può sfuggire.
E dunque anche gli equilibri disegnati nella Costituzione del 1948 possono essere rimodulati attraverso quella revisione di norme della Seconda Parte della Costituzione, cui legittimamente e comprensibilmente si intende procedere e che appare finalmente realizzabile quanto più ampia sia la condivisione che si consegua in Parlamento". Un chiaro via libera al presidenzialismo e al disegno piduista ("legittimo e comprensibile") del neoduce per separare gli ordinamenti di giudici e pubblici ministeri e sottomettere questi ultimi al potere esecutivo. Purché sotto il suo alto patronato, nel rispetto delle regole formali in Parlamento e con il coinvolgimento dell'"opposizione".

Rovesciamento delle responsabilità
Messa con ciò subito una pietra tombale sulle loro aspettative di una sua difesa degli attuali equilibri tra i poteri dello Stato sanciti dalla Costituzione, Napolitano ha dedicato il restante 95% del suo intervento a bacchettare i magistrati, esordendo col proclamare la sua "preoccupazione" per la "crisi di fiducia insorta nel paese per effetto di un funzionamento gravemente insoddisfacente, nel suo complesso, dell'amministrazione della giustizia e per effetto anche dell'incrinarsi dell'immagine e del prestigio della magistratura". Una crisi che secondo lui non dipende solo e non tanto dalle insufficienti risorse stanziate per il funzionamento della macchina giudiziaria ma da "sue più specifiche responsabilità nel radicarsi di tensioni e opacità sul piano dei complessivi equilibri istituzionali", nonché "tensioni ricorrenti all'interno della stessa istituzione magistratura".
Dove voleva arrivare il rinnegato del Quirinale con queste ipocrite allusioni? A ribaltare sui magistrati la responsabilità della "crisi di fiducia" nella giustizia e di conseguenza anche degli attacchi alla sua indipendenza e al suo ruolo istituzionale, dando praticamente ragione al neoduce e ai suoi sgherri. E infatti Napolitano ritiene che "l'avvio di un'aperta, seria, non timorosa, riflessione critica da parte della magistratura su sé stessa, e la sua conseguente apertura alle necessarie autocorrezioni, siano il modo migliore per prevenire qualsiasi tentazione di sostanziale lesione dell'indipendenza della magistratura". Ed inoltre richiama il Csm al dovere "del rigore e della misura, dell'obiettività e dell'imparzialità... senza farsi condizionare nelle sue scelte da logiche di appartenenza correntizia". "Il rispetto degli equilibri costituzionali e dei limiti che esso comporta per ciascuna istituzione vale per tutti, vale per tutte le istituzioni", sentenzia il capo dello Stato avallando così gli attacchi del neoduce e del suo nuovo partito fascista contro i consiglieri togati del Csm, accusati di essere "politicizzati" e faziosi contro il governo e la maggioranza.
Per Vittorio Emanuele Napolitano, anzi, il ruolo del Csm deve essere quello non di intervenire a difesa dei Pm ostacolati e attaccati quando le loro inchieste toccano politici corrotti, bensì di agevolare l'applicazione della controriforma della giustizia del 2006, firmata da Mastella a nome del governo di "centro-sinistra" Prodi, che ha ripreso in larga parte la controriforma Castelli del precedente governo neofascista Berlusconi. E in particolare di intervenire nei conflitti interni alle procure per facilitare l'accentramento delle inchieste dalle mani dei Pm inquirenti a quelle del procuratore capo, più direttamente influenzabile dagli interessi e dalla volontà dei potentati politici e del governo. È proprio quel che è già successo con gli interventi del Csm contro i pm Forleo e De Magistris, a cui sono state tolte le rispettive inchieste e sono stati colpiti da provvedimenti disciplinari perché esse coinvolgevano politici di primo piano, e con la cosiddetta "guerra tra le procure" di Napoli e di Catanzaro scatenata a bella posta dal governo con la copertura di Napolitano per avere il pretesto di bloccare l'inchiesta "Why not".

No ai "magistrati protagonisti"
Per Napolitano tali interventi censori del Csm nei confronti di pubblici ministeri troppo zelanti e ficcanaso dovrebbero essere addirittura preventivi, perché - come ha sottolineato alludendo proprio ai suddetti casi - "alle anomalie nella conduzione delle indagini, si può oggi porre rimedio non soltanto con l'intervento disciplinare - che si riferisce a un momento patologico del sistema - ma, in primo luogo, con l'attivazione di concrete e tempestive iniziative di sorveglianza e coordinamento : iniziative che, come è noto, sono già state adottate con successo in occasione di vicende che hanno destato clamore e sconcerto".
E non deve esserci nessun timore, "sempre risollevato da qualche parte, che possano riproporsi forme antiche di 'gerarchizzazione'", ha chiosato in chiave derisoria l'inquilino del Quirinale, aggiungendo subito in tono sferzante: "Ma non è forse oggi prevalsa piuttosto la tendenza a una vera e propria 'atomizzazione' nell'esercizio dell'azione penale? E quanto più ciascun pubblico ministero si esponga in iniziative di dubbia sostenibilità, ignorando o condizionando il ruolo che spetta al capo della Procura, tanto più la figura del Pubblico Ministero finisce per non poter reggere ad attacchi dall'esterno della magistratura".
Dopodiché, sferrando l'attacco finale ai pm che osano opporsi alle prevaricazioni del potere politico e difendersi pubblicamente dagli insulti e dalle false accuse del neoduce e dei suoi scagnozzi, ha detto: "Così come non può che risultare altamente dannoso per la figura del Pubblico Ministero qualunque comportamento impropriamente protagonistico o chiaramente strumentale ad altri fini, che già ebbi a stigmatizzare in questa sede oltre un anno fa. Peraltro, mi corre l'obbligo di notare come anche a questo proposito il Csm abbia negli ultimi tempi lodevolmente esercitato in modo più intenso l'azione disciplinare, per quanto ad alcune sue decisioni siano seguite reazioni inammissibili".
Si comprende bene perché questo intervento di Napolitano abbia mandato in visibilio gli uomini del neoduce e lasciato letteralmente ammutoliti i magistrati, che purtroppo non hanno trovato nemmeno la forza di reagire alla subdola pugnalata alle spalle del rinnegato del Quirinale. L'Anm (Associazione nazionale magistrati) si è limitata in un comunicato a dichiarare che quella di Napolitano "non è stata una reprimenda". Soltanto l'ex pm dell'inchieta "Why not", Luigi De Magistris, neo parlamentare europeo dell'Italia dei valori, si è fatto sentire per chiedere a Napolitano che allora faccia nomi e cognomi dei magistrati che accusa di "protagonismo", accusandolo implicitamente di lanciare accuse generiche e pretestuose per assecondare i piani piduisti di Berlusconi.
E in effetti quello di Napolitano suona come un chiaro avvertimento ai giudici a non cercare di colpire il neoduce sul piano giudiziario e lasciarlo lavorare indisturbato per tutta la legislatura, in modo che possa completare il suo disegno di controriforma della Costituzione e di terza repubblica. Non a caso il gerarca del neoduce preposto alla giustizia, Alfano, servito su un piatto d'argento dall'assist del capo dello Stato, ha subito alzato la posta sferrando l'ennesimo attacco si giudici del Csm, accusandoli in un'intervista al Tg2 di "condotte illecite" e di pratiche di "lottizzazione politica" nelle nomine ai vertici delle procure. Attacco che ha provocato le dimissioni, con una lettera di protesta a Napolitano, di tre consiglieri dalla Commissione per gli incarichi direttivi del Csm. La controriforma del Csm per sottometterlo alla volontà della maggioranza è infatti la prossima mossa in agenda del nuovo partito fascista e della Lega razzista di Bossi sua stretta alleata.

17 giugno 2009