Nella "lectio magistralis" tenuta all'università Humboldt di Berlino
Napolitano invoca "una politica estera, di sicurezza e di difesa comune" della Ue
Il presidente della Repubblica vuole che "l'Europa sia attore riconosciuto e conti realmente nel mondo"
"L'Europa deve fare la sua parte contro il terrorismo"
Nel suo discorso militarista e guerrafondaio per la giornata delle forze armate, in cui invocava un esercito interventista all'altezza del "ruolo dell'Italia nel mondo" e dei nuovi interventi militari all'estero che si preparano, il rinnegato Giorgio Napolitano aveva anche esortato l'Europa a "non delegare ad altri" il ruolo di gendarme internazionale che gli compete. Neanche un mese dopo si è rimesso l'elmetto ed è andato a ripetere la sua esortazione imperialista in un contesto di più ampia risonanza internazionale, sfruttando la visita di Stato compiuta in Germania. Segno evidente che questi suoi interventi non sono estemporanei e dettati dalle circostanze, ma scandiscono un suo preciso disegno, o per meglio dire la missione a cui si è votato, che è quella di sostenere e promuovere con tutte le sue forze il ruolo dell'imperialismo italiano ed europeo nel mondo.
La sede scelta stavolta è stata l'università Humboldt di Berlino, in cui ha tenuto il 27 novembre scorso una "Lectio Magistralis" sul tema "Sciogliere l'antico nodo di contrastanti visioni del progetto europeo. Far emergere una nuova volontà politica comune".
Trattando l'argomento delle "nuove sfide e della missione dell'Europa come attore globale", tra cui quelle della globalizzazione e della modernizzazione, quella climatica ed energetica e quella dell'immigrazione, il capo dello Stato ha posto con enfasi l'accento sulla sfida che "tutte le riassume e che ridisegna - rispetto all'esperienza dei cinquant'anni trascorsi - la missione cui è chiamata l'Europa, la possibile nuova stagione dell'integrazione europea". Ed è la sfida, ha esclamato, "della sicurezza internazionale e di un nuovo e più giusto ordine mondiale", che ha una risposta "conosciuta già da tempo: una politica estera, di sicurezza e di difesa comune".
Qui l'inquilino del Quirinale ha messo il dito sulla piaga, lamentandosi che "dei passi avanti non sono mancati, ma si è ancora lontanissimi dal livello di presenza e di credibilità indispensabile perché l'Europa sia attore riconosciuto e conti realmente in un mondo percorso da molteplici gravi tensioni e da grandiose trasformazioni negli equilibri tra le maggiori potenze e tra le diverse aree". Un'esplicita esortazione, la sua, all'Unione europea a dotarsi al più presto di una politica estera e militare comune e di un potente esercito europeo interventista in grado di supportare adeguatamente le sue ambizioni di superpotenza imperialista globale.
"Ce n'è forse oggi una maggiore consapevolezza, nel confronto quotidiano con situazioni di crisi, con focolai di guerra, con scelte problematiche e rischiose da compiere in seno alla comunità internazionale", ammette compiaciuto Napolitano pensando evidentemente alle numerose missioni di guerra in cui l'Italia ed altri paesi della Ue e della Nato sono impegnati in diverse aree "calde" del mondo. E d'altra parte, ha aggiunto, "si è salvato, nel Reform Treaty, l'impegno a dar vita a una nuova figura di rappresentante della politica estera e di sicurezza dell'Unione, dotandolo anche dello strumento di un servizio 'per l'azione esterna'" (leggi interventi militari). Ma - si è chiesto ansiosamente lo zelante interventista del Quirinale - ci si muoverà decisamente in questo senso"? Affrettandosi subito dopo a precisare che egli pone "questo interrogativo non come manifestazione di scetticismo, ma come richiamo a una volontà politica comune che ancora difetta".
Più oltre Napolitano è tornato però a ribattere con ansia su questo chiodo, ammonendo i governi europei che "non rimane molto tempo per superare l'impaccio e il ritardo dell'Europa a fare la sua parte contro il terrorismo, per la sicurezza internazionale, guadagnando così credibilità e peso anche per sostenere le sue ragioni nel rapporto sempre essenziale con l'alleato americano". Col che egli dà ragione a Bush e ai falchi del Pentagono che accusano gli europei di non impegnarsi abbastanza nella cosiddetta "guerra globale al terrorismo", e incita i governi della Ue a fare fino in fondo la loro parte in questa guerra di colonialisti e di banditi, anche per avere più voce in capitolo con l'alleato americano nella spartizione del bottino.
Ma Napolitano va addirittura oltre questa pur grave esortazione politica di principio. Egli si spinge addirittura a indicare nel concreto quali sono i prossimi obiettivi militari da inquadrare nel mirino della Ue imperialista e interventista quale lui la vorrebbe, esattamente come aveva già indicato all'imperialismo italiano nel discorso del 4 novembre: "Non rimane molto tempo - ha ribattuto infatti ostinatamente questo rinnegato e guerrafondaio - per dimostrare la capacità dell'Europa di parlare con una sola voce nei fori internazionali, di sviluppare sue posizioni e iniziative rispetto alle più scottanti questioni sul tappeto, nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, nel rapporto così teso con l'Iran (per non citare che alcuni esempi soltanto)".
Sono queste aree, per Napolitano, che costituiscono cioè il "cortile di casa" in cui l'imperialismo Ue deve farsi le ossa ed esercitare per primo il suo ruolo di gendarme internazionale: o con la scusa della lotta al "terrorismo" e alla "minaccia nucleare", come nel caso dell'Iran, o con quella degli interventi militari di "pacificazione", come nel caso del Libano, dove già sono presenti in forze le truppe italiane e di altri paesi europei.

5 dicembre 2007