Nel messaggio per la festa della Repubblica
Napolitano invita la destra e la "sinistra" del regime a collaborare sulle controriforme mentre attacca il "ribellismo" delle masse

Nel consueto messaggio alla nazione, alla vigilia della parata militarista e nazionalista del 2 giugno in cui ha esaltato più che mai il ruolo interventista delle forze armate e le loro missioni di guerra nel mondo, il rinnegato Napolitano non ha perso l'occasione per spronare la destra e la "sinistra" del regime neofascista a mettersi "patriotticamente" d'accordo per controriformare insieme la Costituzione e varare la terza repubblica.
Una vera ossessione questa, per lui, specie da quando il neoduce Berlusconi è tornato in sella da trionfatore e la sconfitta "sinistra" borghese è ai suoi piedi e pronta al "dialogo" su tutto. Evidentemente l'inquilino del Quirinale teme che questa "luna di miele" tra le due fazioni del regime neofascista, questo clima idilliaco eccezionale per fare le "riforme istituzionali", possa incrinarsi da un momento all'altro, se i focolai di conflittualità sociale e di ribellione al pugno di ferro del governo, come a Napoli, dovessero estendersi e svilupparsi in altre parti del Paese.
Non a caso, infatti, l'esortazione alle forze politiche dei due schieramenti parlamentari ad affrettarsi a mettere mano alle "riforme", è stata accompagnata con un livoroso attacco alla "insofferenza e ribellismo" delle masse "verso legittime decisioni dello Stato democratico", con un chiaro riferimento alle lotte delle popolazioni di Chiaiano, Marano ed altre zone della Campania contro il decreto da stato d'assedio varato dal governo.
Per sferrare questo velenoso attacco Napolitano ha fatto un parallelo tra la situazione disastrosa del dopoguerra e quella attuale, per dire che oggi come allora c'è bisogno di un "forte impegno e slancio comune" di tutto il Paese per uscire dalla crisi. "Ma non posso tacere la mia preoccupazione, in questo momento - ha aggiunto a questo punto l'inquilino del Quirinale - per il crescere di fenomeni che costituiscono invece la negazione dei principi e valori costituzionali: fenomeni di intolleranza e di violenza di qualsiasi specie, violenza contro la sicurezza dei cittadini, le loro vite e i loro beni, intolleranza e violenza contro lo straniero, intolleranza e violenza politica, insofferenza e ribellismo verso legittime decisioni dello Stato democratico".
Che cosa ha voluto dire il capo dello Stato con questo discorso allarmato dal tono volutamente allusivo e ipocrita? Una cosa chiarissima: che le masse non devono mai ribellarsi e scendere in lotta. Neanche se si tratta di provvedimenti di stampo mussoliniano che passano brutalmente sopra le loro teste, le proprie famiglie e il proprio ambiente di vita e di lavoro, come a Chiaiano, perché ciò vuol dire opporsi a "legittime decisioni dello Stato democratico". Neanche se si tratta di difendersi dall'aggressione di squadracce fasciste, come è toccato agli studenti antifascisti della Sapienza, perché secondo Napolitano ciò è dare prova di "intolleranza e violenza politica", come si capisce dal fatto stesso che non abbia distinto tra aggrediti e aggressori, avallando la tesi di comodo della "rissa" tra "opposte fazioni".
E ciò per il rinnegato del Quirinale vale soprattutto in questo momento, perché la conflittualità sociale e politica rischia di infrangere il clima di dialogo e di collaborazione tra la maggioranza in camicia nera-verde e l'"opposizione di sua maestà" della "sinistra" borghese.
Che precisamente questo sia il significato del suo "allarme" è confermato anche dalle successive dichiarazioni fatte ai giornalisti al ricevimento nei giardini del Quirinale. A un giornalista che gli chiedeva se, malgrado il suo allarme sui "fenomeni di regressione civile", il nuovo clima politico tra governo e "opposizione" possa indurre speranze per le "riforme" e per "affrontare l'emergenza, a cominciare dai rifiuti a Napoli", Napolitano ha così risposto: "Non c'è dubbio. Ho detto che ci sono dei rischi di regressione civile, dei fenomeni negativi gravi e preoccupanti, che nulla tolgono all'importanza di uno sforzo che già si sta manifestando per arrivare a delle convergenze in Parlamento su questioni di grande interesse generale, comprese o a cominciare da quelle delle riforme istituzionali. Quando parliamo di rischi di regressione civile, ci riferiamo molto anche ai comportamenti diffusi - comportamenti individuali, di gruppo - che sono appunto quelli che ho indicato, segnati dall'intolleranza o dal ribellismo".
Il parlare di "intolleranza" e di "intolleranza e violenza contro lo straniero", che nel suo messaggio sembra riferirsi ai pogrom razzisti contro i rom scatenati nel Paese, è solo fumo negli occhi, un pianto di coccodrillo per coprirsi di fronte alle sempre più allarmate critiche di razzismo e xenofobia provenienti dall'estero. Innanzi tutto perché non si tratta solo di "intolleranza", ma di veri e propri atti criminali di stampo nazista come il rogo di Ponticelli, le perquisizioni a tappeto delle "forze dell'ordine" e gli sgomberi forzati nei campi rom, i rastrellamenti operati dai vigili urbani sui tram a Milano, i blocchi e le ronde "padane" a Mestre e in altre città del Nord, e così via.
Tant'è vero che a chi gli ricordava che c'erano state delle critiche anche del Vaticano al reato di immigrazione clandestina e chiedeva il suo parere, l'inquilino del Quirinale si è limitato a rispondere lapidariamente che "è davanti al Parlamento", evitando con ciò di esprimere un giudizio in merito.
Napolitano bleffa perché resta nel vago e non chiama le cose col loro vero nome: razzismo, xenofobia, fascismo. Questo è il vero allarme che avrebbe dovuto lanciare al Paese, invece di scagliarsi tanto vigliaccamente contro la lotta delle masse, se non fosse quel borghese e rinnegato del comunismo, ormai pienamente asservito al regime capitalista e neofascista che è.
Manco a dirlo il discorso di Napolitano è stato accolto da un coro di osanna tanto dalla destra quanto dalla "sinistra" di regime. Il neonazionalista e presidenzialista Veltroni l'ha definito entusiasticamente "un discorso di grande rilievo", invitando "tutte le forze politiche e i cittadini" ad accogliere le sue indicazioni. Ossia, le forze politiche a inciuciare per le "riforme", i cittadini a non ribellarsi. Il democristiano orfano della Casa del fascio, Casini, ha detto che le parole del Colle devono "trovare una pratica attuazione nella legislazione del nostro paese. Su di esse si possono riconoscere maggioranza e opposizione per aprire una nuova fase politica fatta non solo di buone maniere ma di realizzazioni condivise".
Alla maggioranza, per bocca del numero due alla Camera Italo Bocchino, non è parso vero accogliere le parole di Napolitano come un invito a procedere "con leggi severe contro l'immigrazione clandestina" e ad andare "fino in fondo" contro "ogni ribellismo a Chiaiano". Da segnalare infine, per livello di cretinismo politico, l'uscita dell'ex capogruppo PdCI alla Camera, Pino Sgobio, che ha incitato il governo a "seguire per davvero le sagge parole di Napolitano" (sic).

11 giugno 2008