Lo conferma l'ex leader della destra del partito revisionista al suo compare polacco Michnik
Napolitano: Il PCI era liberale non stalinista. La mia adesione non è stata ideologica

Per Giorgio Napolitano ogni occasione è buona per riscrivere continuamente la propria autobiografia storico-politica di rinnegato, gettando fango sul comunismo e sulla storia del movimento operaio internazionale, e contemporaneamente cercando di dimostrare in tutti i modi di essere sempre stato un convinto liberale borghese, pur facendo parte del gruppo dirigente del PCI revisionista.
Stavolta l'occasione gli è stata fornita dalla sua visita in Polonia al seguito della nazionale di calcio, tramite un'intervista al suo compare Adam Michnik, un ex "dissidente" anticomunista che oggi dirige la "Gazieta Wyborcza". E quale miglior occasione simbolica, per attaccare il comunismo e l'URSS di Stalin, che farlo dalla Polonia, il paese che ha iniziato per primo il disgregamento dei paesi revisionisti e la cui nuova borghesia nazionalista al potere fomenta un odio viscerale contro il comunismo?
"Il sentiero della mia vita è un processo passato attraverso prove ed errori. Sono partito dagli ideali che in gioventù ho sposato - più che per scelta ideologica - per impulso morale e sensibilità sociale", esordisce infatti Napolitano rispondendo alla richiesta di Michnik di tracciare il suo percorso politico dal PCI dell'immediato dopoguerra fino al Quirinale. Col che mette subito in chiaro - e non avevamo di questi dubbi - che la sua adesione al Partito (sedicente) Comunista Italiano tutto era stata tranne che un'adesione cosciente e convinta all'ideologia marxista-leninista e al movimento comunista internazionale, che a quell'epoca rifletteva le posizioni impresse da Stalin.
Non solo, ma in realtà era l'intero gruppo dirigente del PCI a non essere veramente comunista, precisa meglio Napolitano parlando del "periodo staliniano" richiamato dall'intervistatore: "Intendo il periodo - dice infatti l'inquilino del Quirinale - in cui ero membro attivo di un Partito Comunista che non era un partito stalinista come molti altri in quanto aveva una fondamentale matrice antifascista e democratica e comprendeva forti componenti liberali, ma era pur sempre nato nel solco dell'Internazionale comunista, e quindi portava nel suo Dna il mito dell'Unione Sovietica e il legame col movimento comunista mondiale. Questi elementi originari, a un dato momento, sono diventati una prigione dalla quale il PCI doveva liberarsi".
Cosa che infatti, aggiungiamo noi, è successa regolarmente dopo la svolta revisionista e borghese del XX Congresso del PCUS, che ha permesso al PCI di mostrare e praticare apertamente le sue antiche tendenze revisioniste, socialdemocratiche e liberali. E Napolitano lo sa meglio di chiunque altro, essendo stato il capo ufficialmente riconosciuto (anche in ambito internazionale, vedi le rivelazioni di "Wikyleaks" sui suoi rapporti politici segreti con gli USA) della corrente di destra del PCI fin dai tempi di Berlinguer. Quella corrente cosiddetta "migliorista" che ha favorito e precorso l'autoscioglimento nel 1991 del PCI revisionista e la nascita del PDS liberale, oggi PD.
Perché il rinnegato Napolitano sente continuamente il bisogno di fare pubblica ammenda del suo lontano passato e gettare fango sul comunismo, sull'URSS socialista e su Stalin? Evidentemente, dopo la sua elezione allo scranno istituzionale più alto della seconda repubblica neofascista, quale premio per la sua lunga e provata carriera di rinnegato e anticomunista, la borghesia gli richiede continuamente di purgarsi fino in fondo da quel "peccato originale" che è stata la sua adesione al PCI in anni in cui era ancora vivo Stalin e il partito revisionista togliattiano era costretto formalmente ad appoggiare le posizioni dell'URSS socialista.
E in questo modo Napolitano si sdebita con la sua classe di origine, perché le sue abiure pubbliche e la sua denigrazione del comunismo e di Stalin hanno un peso maggiore rispetto a quelle della destra, provenendo da un ex dirigente di un partito che si proclamava comunista e all'epoca riconosceva e applaudiva il capo dell'URSS socialista come il capo indiscusso del movimento operaio internazionale.

20 giugno 2012