Nella giornata delle forze armate, che devono essere "ristrutturate e qualificate per le missioni estere"
Napolitano prospetta nuovi interventi militari dell'Italia all'estero
"L'Europa non deve delegare ad altri il compito di garantire la sicurezza internazionale"

L'Italia deve essere pronta a intervenire militarmente nei nuovi scenari di guerra che si vanno preparando nel mondo: lo impone il suo ruolo di potenza imperialista tra le prime quattro in Europa, e a questo scopo occorre che le nostre forze armate siano adeguatamente ristrutturate e ammodernate e che abbiano il sostegno di tutto il Paese unito. È questo il succo del discorso che il rinnegato Napolitano ha tenuto alle Forze armate interventiste e al popolo italiano a Roma il 4 novembre, giornata in cui l'imperialismo tricolore celebra la "vittoria" nella guerra 1915-18 in cui mandò al macello milioni di operai e contadini per conquistarsi uno spazio tra le grandi potenze mondiali.
È da quando è stato premiato con la carica più alta dello Stato che l'ex "comunista" (in realtà ex revisionista togliattiano e riformista) Napolitano cerca di meritarsela cogliendo tutte le occasioni ufficiali per battere sul tasto del nazionalismo, dell'interventismo guerrafondaio e del relativo potenziamento delle Forze armate, come e anche più accanitamente del suo predecessore Ciampi. Come ha fatto in particolare il 4 novembre 2006 e in occasione della celebrazione del 25 Aprile 2007 e della sfilata ai Fori imperiali del 2 giugno scorso. Ma è soprattutto in occasioni come questa dell'anniversario di Vittorio Veneto, dove la retorica nazionalista e patriottarda raggiunge il parossismo, che il militarismo e l'interventismo guerrafondaio di Napolitano rompe ogni freno, incitando le forze armate e il Paese a rifarsi a quello spirito e proseguire su quella strada imperialista.
Già è scandaloso sentirlo magnificare quel macello di popoli che è stata la prima guerra mondiale imperialista e che preparò l'avvento del fascismo e del nazismo come "l'ultima guerra del Risorgimento nazionale" che ha trasformato "in realtà storica il grande progetto della comunione di tutti gli italiani su un unico territorio". Ma sentirlo addirittura prendere ad esempio quella carneficina imperialista per chiedere al popolo italiano "un nuovo sforzo di coesione nazionale e un concreto impegno per garantire la pace anche al di fuori dei confini della stessa Europa, per contribuire alla costruzione di un nuovo ordine mondiale", dà semplicemente il voltastomaco.
Eppure è proprio lo spunto che questo rinnegato ha usato per la sua arringa nazionalista e interventista ai militari e al Paese, proclamando che "garantire la sicurezza internazionale, prevenire e superare crisi e conflitti in aree vicine e lontane, costituisce una responsabilità a cui non possiamo sottrarci, che non possiamo - né come italiani né come europei - delegare ad altri". Ove per "altri" intende l'imperialismo Usa, a cui l'Italia e l'Europa non devono, secondo l'inquilino del Quirinale, lasciare il ruolo esclusivo di gendarme del mondo.

Un esercito adeguato al "ruolo dell'Italia nel mondo"
Naturalmente si è ben guardato dallo spiegare perché mai l'Italia dovrebbe intervenire militarmente in conflitti che non la riguardano e che non minacciano in alcun modo la sua sovranità nazionale, vicini e men che mai lontani che siano. Lo dà semplicemente come un fatto ormai acquisito e da non mettere assolutamente in discussione. Per lui la questione sul tappeto è solo quella di stabilire in che modo adeguare le Forze armate italiane a ricoprire convenientemente questo loro ruolo interventista nel mondo, punto e basta.
Lo strumento militare va visto come una "componente" degli interventi italiani nelle aree di crisi, ma - ha sottolineato infatti Napolitano con enfasi - "non può essere in alcun modo sottovalutato nella sua necessaria dimensione e natura specifica". E così, ricordando gli 8.000 uomini che partecipano alle missioni di guerra all'estero, dai Balcani al Medio Oriente all'Afghanistan, che "sono espressione vitale dell'unità nazionale", egli ha sentenziato che "il Paese ha il dovere di sostenere questo impegno e deve percepire come proprio l'obiettivo di migliorare le capacità delle nostre Forze Armate". E a questo scopo ha detto di apprezzare e condividere "gli sforzi che il Ministro della Difesa ed i vertici militari stanno producendo per rafforzare e affinare ulteriormente lo strumento militare, affinché possa assolvere al meglio le tante missioni assegnateci, pur nella piena consapevolezza dei condizionamenti imposti dalle limitate risorse a disposizione. Questo è stato l'orientamento chiaramente espressosi nelle recenti riunioni, da me presiedute, del Consiglio Supremo di Difesa".

"Incrementare il potenziale di intervento" delle Forze armate
Questo degli handicap di bilancio alle crescenti esigenze militari è un cruccio di cui il rinnegato del Quirinale non riesce a darsi pace, come il suo compare guerrafondaio Parisi, che è sempre a battere cassa per aumentare il budget della Difesa e vorrebbe addirittura raddoppiarlo portandolo al 3% del Pil. "Non possiamo venir meno a quel livello di presenza e di operatività militare che è lecito attendersi da un paese che è tra i quattro maggiori dell'Unione Europea", ha puntualizzato perciò Napolitano con tono allarmato. Il quale si è spinto addirittura a suggerire ai militari una sua ricetta per aggirare i vincoli delle finanze statali, attraverso "la rapida riduzione del personale anziano non più impiegabile in operazioni", destinandolo ad altre amministrazioni pubbliche, e con le risorse liberate (per averle accollate ad altri ministeri, ndr) procedere al reclutamento di personale giovane: "Ciò consentirà di incrementare il potenziale di intervento a parità di organici", ha concluso con sussiego il Capo dello Stato per la "geniale" trovata.
Sull'esigenza imperativa del "rafforzamento delle nostre Forze Armate e del conseguente impegno di spesa", Napolitano ha auspicato "il più vasto consenso del parlamento, nell'insieme delle forze politiche", nonché, ha aggiunto imbeccando i mass-media di regime, "sul fronte dell'informazione e del coinvolgimento (leggi condizionamento, ndr) dell'opinione pubblica". Questo nella prospettiva - ha concluso il rinnegato del Quirinale - delle "preoccupazioni che nascono dall'aggravarsi della situazione in Afghanistan, dall'incombere di gravi incognite nella regione che abbraccia l'Iraq e l'Iran, dal riaccendersi di acute contrapposizioni nei vicini Balcani, dal persistere di tensioni nel quadro politico e istituzionale libanese, dal trascinarsi di una crisi lacerante nel Medio Oriente. È nostro dovere prepararci a fronteggiare ciascuna di queste possibili emergenze".
Dunque Napolitano non solo conferma e ribadisce senza discussioni tutte le missioni di guerra in cui l'Italia è attualmente impegnata, ma annuncia già fin da ora la partecipazione del nostro Paese a tutti i nuovi conflitti che si stanno preparando nelle aree più calde del mondo. Compresa - e questo è intollerabile e occorre farglielo rimangiare immediatamente - l'aggressione imperialista all'Iran che il criminale di guerra Bush sta preparando, e al quale l'inquilino del Quirinale ha evidentemente già venduto in segreto la partecipazione italiana.

14 novembre 2007