In spregio alle norme della Repubblica parlamentare e della Costituzione del '48
Il ruolo presidenzialista di Napolitano sulla "riforma del mercato del lavoro"

La "riforma del mercato del lavoro" liberista, antioperaia e antisindacale, varata venerdì 23 marzo dal Consiglio dei ministri, è da addebitarsi anzitutto a Monti e alla Fornero. Tuttavia non deve essere dimenticato, anzi occorre stigmatizzare il ruolo determinante, assolutamente anomalo rispetto alle norme previste nella Repubblica parlamentare qual è ancora formalmente l'Italia, svolto dal nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano. Lungo tutta la trattativa tra il governo e le "parti sociali", concretizzatasi in ben 8 riunioni plenarie, il presidente del Consiglio e il ministro del Welfare, in modo sistematico, sono saliti al Quirinale per informare Napolitano degli sviluppi e dei problemi incontrati e, si presume, per prendere istruzioni su come procedere. Non solo, si è assistito a reiterare dichiarazioni pubbliche per perorare l'operato del governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale e per fare pressioni verso i riottosi sindacati, in primis la CGIL.
A questo fine vanno lette le prediche di Napolitano sulla "coesione sociale", sul "bene generale" al quale subordinare gli interessi particolari. Altro che "io sto dentro le prerogative costituzionali". Un interventismo diretto e personale nell'agone politico e sindacale così sfacciato, e così schierato da parte di un presidente della Repubblica non si era mai visto. Nemmeno quando in quella poltrona c'era il picconatore e capo di Gladio Francesco Cossiga. Insomma, Napolitano si è comportato, con tutta evidenza, non come un presidente della Repubblica superpartes, "custode della Costituzione", ma come se agisse in piena repubblica presidenziale. Un ruolo questo che, a ben vedere, Napolitano ha assunto progressivamente già in presenza del governo Berlusconi e si è poi pienamente manifestato con l'imposizione del governo del tecnocrate liberista borghese Monti di cui ispira e concerta tutti gli atti.
Tutto ciò ha trasformato di fatto l'Italia da una Repubblica parlamentare in una repubblica presidenziale: proprio com'era scritto nel "Piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli, come vorrebbe il neoduce Berlusconi, come hanno sempre rivendicato i fascisti di Almirante e del suo pupillo Fini.
Napolitano ha detto di recente che nel 2013 non si ricandiderà. Noi non ne sentiremo la mancanza. Ci guadagnerà il proletariato e la stessa democrazia borghese.

28 marzo 2012