Nuovo golpe istituzionale del nuovo Vittorio Emanuele III
Napolitano dà a Berlusconi un salvacondotto fino al 15 aprile

Di fronte al gravissimo attacco contro la magistratura sferrato la mattina dell'11 marzo dai parlamentari PDL che hanno fatto irruzione nel palazzo di giustizia di Milano durante un'udienza del processo Ruby e solidarizzato con l'imputato Silvio Berlusconi accusato di prostituzione minorile e concussione; il nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano, invece di condannare duramente il colpo di mano orchestrato dalle camicie nere del PDL con a capo Angelino Alfano, si è reso protagonista di un vero e proprio golpe istituzionale offrendo al neoduce Berlusconi un salvacondotto fino al 15 aprile e impedendo di fatto alla giustizia di fare il suo corso.
Non era mai successo che i parlamentari di un partito irrompessero nelle aule giudiziarie con un processo in corso e, cosa ancora più grave, che il massimo garante dell'equilibrio tra i poteri dello Stato borghese si schierasse apertamente contro la magistratura e in difesa dell'imputato Berlusconi.
All'indomani della "marcia sul palazzo di giustizia di Milano" il triunvirato del PDL (Alfano, Cicchitto e Gasparri) è salito sul Quirinale per invocare provvedimenti punitivi contro la magistratura minacciando addirittura l'Aventino di tutti i parlamentari del PDL. Un ricatto intollerabile e senza precedenti che Napolitano invece di respingere al mittente ha accolto con grande favore condividendo in pieno le "preoccupazioni" e i motivi della protesta. Tant'è vero che in serata, dopo aver riunito il comitato di Presidenza del Consiglio superiore della magistratura, si è reso protagonista di una gravissima ingerenza nell'esercizio del potere giudiziario diramando una nota politico-giudiziaria in difesa dell'imputato Silvio Berlusconi.
"È comprensibile - sottolinea fra l'altro Napolitano - la preoccupazione dello schieramento che è risultato secondo, a breve distanza dal primo, nelle elezioni del 24 febbraio, di veder garantito che il suo leader possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento, che si proietterà fino alla seconda metà del prossimo mese di aprile... Rivolgo perciò con grande forza un appello al rispetto effettivo del ruolo e della dignità tanto della magistratura quanto delle istituzioni politiche e delle forze che le rappresentano. Un appello, che volentieri raccolgo dalle parole oggi pronunciate da autorevoli giuristi, affinché in occasione dei processi si manifesti da ogni parte 'freddezza ed equilibrio' e affinché da tutte le parti in conflitto - in particolare quelle politiche, titolari di grandi responsabilità nell'ordinamento democratico - si osservi quel senso del limite e della misura, il cui venir meno esporrebbe la Repubblica a gravi incognite e rischi".
In sostanza Napolitano, pur respingendo "l'aberrante ipotesi" del complotto delle "toghe rosse" evocato da Berlusconi e dai suoi gerarchi, giudica "comprensibile" la preoccupazione del PDL di "veder garantito che il suo leader possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento" e che andrà avanti almeno fino alla metà di aprile con l'insediamento delle nuove Camere, l'avvio delle consultazioni, l'elezione dei vari presidenti dei due rami del Parlamento e delle Commissioni e poi ancora l'inizio delle procedure per eleggere il successore di Napolitano il cui mandato scade il 15 maggio.
Insomma il diktat quirinalizio inviato da Napolitano ai giudici che stanno indagando o processando Berlusconi è perentorio: Berlusconi non si tocca; i processi e le indagini a suo carico devono essere sospesi e non devono intralciare le ben più "importanti" scadenze istituzionali cui il neoduce ha invece "pieno diritto a prendere parte".
Si tratta di fatto di un "legittimo impedimento" perpetuo che da qui ai prossimi mesi gli farà scudo in tutti i processi e le indagini in cui è coinvolto e ai quali continua sistematicamente a sottrarsi non più come presidente del Consiglio ma più semplicemente in qualità di leader "dello schieramento che è risultato secondo, a breve distanza dal primo, nelle elezioni del 24 febbraio".
Tutto ciò col connivente silenzio della "sinistra" del regime neofascista e dell'imbelle "comune senso di responsabilità" invocato dal PD che si preoccupa unicamente di garantirsi quante più poltrone possibili nella stanza dei bottoni.
Per contro l'Associazione nazionale magistrati condanna duramente il blitz del PDL al palazzo di giustizia di Milano perché "ha messo in discussione e in grave tensione i principi fondamentali dell'ordinamento democratico, quali la separazione fra i poteri dello Stato e l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura" e contro cui l'Anm garantisce che "non mancherà di denunciare con forza e in ogni sede qualsiasi attacco alla propria indipendenza e ogni tentativo di condizionamento improprio della funzione giudiziaria".
Critiche al salvacondotto quirinalizio per Berlusconi e alla gravissima invasione di campo di Napolitano sono arrivate anche da alcuni autorevoli giornalisti della carta stampata costringendo Napolitano a correggere il tiro e a replicare con una lettera a "Repubblica'' a un articolo di Massimo Giannini asserendo fra l'altro: "È falso che mi siano stati chiesti provvedimenti punitivi contro la magistratura" da parte del PDL e non ho offerto nessuno "scudo verso procedimenti giudiziari per Silvio Berlusconi".
In realtà questa non è certo la prima volta che Vittorio Emanuele Napolitano toglie le castagne dal fuoco al nuovo Mussolini Berlusconi. È già successo il 2 luglio 2008 quando Napolitano firmò il lodo Alfano e calpestò la Costituzione garantendo l'immunità a Berlusconi; poi ancora durante la seduta del Consiglio superiore della magistratura del 9 giugno 2009 quando Napolitano, in seguito ai forsennati attacchi di Berlusconi contro i giudici "delinquenti", strigliò i magistrati e li richiamò all'ordine, attribuendo esclusivamente alla loro "inefficienza" e al loro "protagonismo" la causa di ogni critica e attacco rivolti contro la magistratura stessa; pochi giorni dopo, il 29 giugno del 2009, in vista del G8 di L'Aquila, Napolitano ritornò alla carica e se la prese coi giornalisti invitando la stampa a mettere la sordina alle rivelazioni sugli inesauribili scandali a luci rosse del premier e alla magistratura a congelare eventuali nuovi procedimenti giudiziari a suo carico almeno fino alla conclusione del vertice; e poi ancora il 16 novembre 2010 col voto di fiducia contemporaneo alla Camera e al Senato imposto da Napolitano per salvare il governo Berlusconi dopo la rottura coi finiani, tanto per citare i casi più eclatanti.

20 marzo 2013