Clamoroso sostegno del nuovo Vittorio Emanuele III al nuovo Mussolini
Napolitano: "un governo rimane in carica finché dispone di una maggioranza in parlamento"
"Berlusconi ha i suoi motivi e validi strumenti giuridici per difendersi"
Il rinnegato del Quirinale non perde l'occasione per attaccare il socialismo

"Anche Napolitano ne ha dovuto prendere atto: i numeri li ho, anzi aumentano, e il governo andrà avanti". Questo trionfante commento di Berlusconi chiarisce perfettamente il vero significato delle dichiarazioni che il capo dello Stato ha fatto sulla situazione politica italiana in un'intervista rilasciata il 20 febbraio al settimanale tedesco Welt am Sonntag, alla vigilia della sua visita ufficiale in Germania. Si tratta infatti di una clamorosa dichiarazione di sostegno al nuovo Mussolini e al suo governo neofascista, che gli vale quanto un nulla osta del Quirinale ad andare avanti fino alla fine della legislatura e fare le "riforme" che ha intenzione di presentare in parlamento, con in più una sottintesa promessa di collaborazione istituzionale affinché questo obiettivo possa essere concretamente realizzato.
"Lei crede che l'attuale Governo guidato da Silvio Berlusconi reggerà?", aveva chiesto infatti il giornalista di Die Welt a Napolitano. E costui di rimando ha risposto seccamente: "Io credo che un Governo regge finché dispone della maggioranza in Parlamento e opera di conseguenza". Con questa lapidaria risposta, cioè, il nuovo Vittorio Emanuele III riconosce che il neoduce ha ottenuto i voti che gli mancavano per poter di nuovo imporre la sua volontà al parlamento senza il timore di cadere vittima di imboscate, e che a questo punto può legittimamente puntare a durare per tutta la legislatura. Poco importa se questi numeri li ha guadagnati comprandoli a suon di milioni, di posti di sottogoverno e di promesse di rielezione sicura con un vergognoso "mercato delle vacche" in atto ormai da mesi in parlamento.
Ma a Napolitano questo evidentemente non interessa, come del resto non interessa il fatto che a capo di questo governo "che ha i numeri" per durare sieda un inquisito sotto processo per reati infamanti, più che sufficienti in qualsiasi altro Paese al mondo per obbligarlo alle dimissioni. Se questo scandalo tutto italiano c'è mai stato, per l'inquilino del Quirinale dev'essere considerato una questione strettamente privata e irrilevante sul piano politico, e in ogni caso già digerita e superata, visto che alla successiva e del tutto logica e conseguente domanda del giornalista che gli chiedeva cosa ne pensava allora del processo a Berlusconi che inizierà il prossimo 6 aprile, Napolitano ha risposto tranquillamente: "Penso che abbia le sue ragioni e buoni mezzi giuridici per difendersi contro le accuse. Sia la nostra Costituzione, sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il Presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia. Confido nel nostro Stato di diritto".
Una risposta che potrebbe apparire scontata se applicata a un cittadino qualsiasi, ma che nel caso del nuovo Mussolini assume oggettivamente il significato di un appoggio politico in piena regola, dal momento che ignora volutamente la vera questione di fondo che la domanda dell'intervistatore sottintendeva, cioè della compatibilità dell'imputato Berlusconi con la carica di presidente del Consiglio. Inoltre questo suo sottolineare che il premier ha "le sue ragioni e buoni mezzi giuridici" per difendersi contro le accuse che del resto "egli respinge", sembra fatto apposta per rimarcare la sua ponziopilatesca "neutralità" rispetto al conflitto istituzionale che il neoduce ha scatenato contro la magistratura.
In sostanza Napolitano sembra volergli suggerire di non cercare lo scontro frontale con i magistrati ma piuttosto seguire la via "normale" degli infiniti cavilli e rinvii, del "legittimo impedimento", delle prescrizioni, del conflitto di attribuzione e quant'altro "i buoni mezzi giuridici che non gli mancano", comprese le leggi ad personam che si è già fatto, gli hanno sempre consentito di farla franca fino ad ora e così sarà anche per quest'ultimo caso giudiziario. Tutt'altra cosa dall'interpretazione che ne ha data la "sinistra" borghese, secondo la quale le parole di Napolitano suonerebbero come un "monito" al premier a sottoporsi di buon grado ai processi che lo riguardano.
Anche riguardo alla dichiarazione sulla durata del governo la "sinistra" borghese cerca illusoriamente di tirare a sinistra i giudizi di Napolitano, mettendo l'accento solo sul codicillo finale della sua frase che lega la tenuta dell'esecutivo ai numeri ma anche se "opera di conseguenza". Secondo questa interpretazione si tratterebbe di un'ammonizione a Berlusconi a lavorare per affrontare i problemi del Paese anziché solo per risolvere i suoi problemi personali. Come se il federalismo, la controriforma della giustizia, la legge bavaglio sulle intercettazioni, il "processo breve", le modifiche alla Costituzione che secondo lui ostacolano il liberismo economico, la distruzione della scuola pubblica in favore della privatizzazione totale dell'istruzione, le leggi e i provvedimenti a favore della chiesa e quant'altro si appresta a far approvare dalla sua ritrovata maggioranza non fossero da lui propugnati come interventi indispensabili "per il bene del Paese". È il colmo che il nuovo Vittorio Emanuele III lo sproni a "operare" per realizzarli, e che per di più la "sinistra" borghese gli batta anche le mani considerando ciò un rimprovero anziché un incoraggiamento! Non per nulla il nuovo Mussolini ha potuto sventolare l'intervista di Napolitano come un riconoscimento del rafforzamento della sua maggioranza e della salute del suo governo, specie al confronto delle dichiarazioni di appena una settimana prima, quando il capo dello Stato, dando segni di inquietudine per la fibrillazione del quadro politico, aveva ventilato la possibilità di uno scioglimento delle Camere anche in mancanza di un voto di sfiducia al governo.
Per completare il quadro, dopo la difesa d'ufficio di Berlusconi e del suo governo neofascista, non poteva mancare come ciliegina sulla torta l'ennesimo attacco al socialismo, in cui il rinnegato del Quirinale si è prodotto ancora una volta sollecitato da un riferimento dell'intervistatore all'autocritica contenuta nella sua biografia di ex "comunista": "Che ne rimane dell'idea del socialismo che ha ispirato tanti uomini proprio in Italia?", gli ha chiesto il giornalista. "Rimane l'ideale dell'emancipazione del mondo del lavoro, e più in generale l'ideale della giustizia sociale in società che hanno visto crescere le disuguaglianze", ha risposto Napolitano ricorrendo al solito fervorino furbesco di repertorio che va bene in ogni circostanza e su tutte le bocche, anche quelle di Berlusconi e del papa. Ma affrettandosi subito dopo ad aggiungere velenosamente a scanso equivoci: "È completamente fallita, di contro, l'idea di un sistema economico che fosse un'alternativa valida al sistema capitalistico e addirittura all'economia di mercato".

2 marzo 2011