Il nuovo Vittorio Emanuele III blinda il governo del nuovo Mussolini
Napolitano spinge il parlamento ad approvare al più presto e inasprire la manovra del massacro sociale
Libertà di licenziamento

Il vertice di Arcore del 29 agosto tra Berlusconi e Bossi, affiancati dai rispettivi gerarchi e con l'ingombrante presenza di Tremonti, ha partorito una nuova versione ancor più mostruosa, iniqua e indigeribile della manovra che era chiamato a "migliorare" in vista della presentazione al Senato per la prima approvazione. Dopo sette ore di estenuante mercato nella villa del "bunga-bunga", alla fine Berlusconi ha ottenuto quello che voleva, la cancellazione della cosiddetta tassa di solidarietà per i redditi medio-alti, così da poter continuare a vantarsi di non aver messo le mani nelle tasche degli italiani (ricchi), Tremonti è riuscito a evitare il ventilato aumento dell'Iva, che vuol tenersi come risorsa per finanziare la "riforma fiscale", e la Lega ha ottenuto la riduzione di 2 miliardi dei tagli agli enti locali.
Cancellata anche l'abolizione delle province, rinviata a una futura legge costituzionale, così come quella dei piccoli comuni sotto i 1.000 abitanti, sostituita dall'accorpamento delle giunte e relative funzioni e competenze. Non è stato deciso nessun taglio aggiuntivo alle indennità e ai privilegi della "casta" dei politicanti borghesi, ma solo il dimezzamento dei parlamentari rinviato anch'esso alla suddetta legge costituzionale. E, manco a dirlo, non è stata ipotizzata alcuna tassa patrimoniale, neanche nella forma da burletta ventilata da Calderoli, ma solo una inoffensiva "stretta sulle società di comodo" per fingere di colpire l'elusione fiscale. Com'è stato possibile, allora, questo "miracolo", e con che cosa è stato coperto il buco di 6-7 miliardi apertosi con la cancellazione della "tassa di solidarietà" e la riduzione dei tagli agli enti locali?
Innanzi tutto si è scoperto che il famoso prelievo del 5% sopra i 90 mila euro e del 10% sopra i 150 mila tanto odiato dal premier non era stato cancellato per tutti, ma solo per i dipendenti privati, gli autonomi e i professionisti (compresi i calciatori, quindi), cioè dove pescano i voti il PDL e la Lega. Rimane invece per i dipendenti del settore pubblico, dove è in vigore dal primo gennaio per effetto della manovra dell'anno scorso, e per le pensioni medio-alte. Un aggiustamento quindi di sfacciato sapore elettoralistico e, come ha denunciato il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, anche anticostituzionale: "È nelle tasche dei criminali che il governo deve mettere le mani, non in quelle dei soliti noti", ha protestato infatti Palamara anche a nome di tutta la categoria dei dipendenti pubblici.

L'ignominioso dietro-front sui riscatti pensionistici
Un'altra furbata di chiaro stampo classista ed elettoralistico, voluta espressamente dal neoduce, è stata quella del taglio delle agevolazioni fiscali alle cooperative, con la scusa di colpire gli abusi che pure esistono in questo settore. Ma il vero coniglio dal cappello per far quadrare i conti è stata la cancellazione con un tratto di penna dell'anno di servizio militare e di quelli di università riscattati ai fini del raggiungimento dell'anzianità pensionistica; per cui di colpo tantissimi lavoratori (si stima circa 130 mila), si sono visti allontanare da 1 a 5 anni l'andata in pensione, pur avendo pagato fior di milioni a suo tempo per il riscatto di quegli anni.
Questa infame trovata era stata escogitata personalmente dal ministro del Welfare e nemico giurato dei lavoratori, il neofascista ex craxiano Sacconi, previo accordo sottobanco con i suoi amiconi Bonanni e Angeletti, ai quali aveva garantito che avrebbe coinvolto "solo poche migliaia di persone". Quanto alla Lega, che fino a un minuto prima minacciava sfracelli se si fosse anche solo sfiorato il tema pensioni, Sacconi garantiva, non si sa in base a quale raffinato calcolo, che il provvedimento non avrebbe toccato che marginalmente i suoi elettori.
Si sa come sono andate poi le cose: l'emendamento è stato ritirato ignominiosamente dopo neanche 48 ore, sommerso dall'indignazione popolare, compresi tantissimi lavoratori iscritti a CISL e UIL e perfino elettori della Lega. Ma la vicenda resta agli atti come emblematica del metodo brigantesco, classista e mafioso con cui il neoduce e i suoi scherani le studiano la notte per fare cassa esclusivamente sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari.
Il dietro-front del governo sulle pensioni riapriva però il buco di 6-7 miliardi nel saldo complessivo della manovra, che Berlusconi e Tremonti avevano garantito alla Banca centrale europea per continuare a sostenere i titoli di Stato italiani e "calmare i mercati". Da qui una sarabanda di nuove ipotesi di misure compensative che nascevano e morivano nel giro di qualche ora, nell'incombere della scadenza ultima per presentare gli emendamenti al testo del decreto governativo per la votazione in commissione Bilancio del Senato. E tra la rabbia del neoduce per la figuraccia del governo, sommerso nel frattempo dal nuovo scandalo intercettazioni sui suoi loschi rapporti con Tarantini e Lavitola, che tornava a minacciare il ricorso all'aumento di un punto o un punto e mezzo dell'Iva e ad accarezzare l'idea del condono "tombale" per risolvere il rebus con un colpo di mano.
Da qui anche l'interpretazione e la conseguente rappresentazione, da parte dell'"opposizione", della manovra del governo come di una "buffonata", di un "governo in stato confusionale" (Bersani), un "governo delle comiche" (l'Unità del 1° settembre), e così via. Ma si tratta come minimo di un grave errore di valutazione, se non piuttosto di un modo opportunista per poter giustificare quella "assunzione di responsabilità" che Bersani si è affrettato a garantire in parlamento, poi confermata ufficialmente dalla capogruppo Finocchiaro, rinunciando all'ostruzionismo e perfino alla discussione degli emendamenti per arrivare ad un'approvazione rapidissima, nello spirito di concordia nazionale invocato dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, e dando credito alle ipocrite dichiarazioni di "apertura alle proposte dell'opposizione" fatte dal premier.

Le modifiche in commissione Bilancio del Senato
A fronte infatti di qualche emendamento concesso all'"opposizione", come il ripristino delle festività civili (1° Maggio, 25 Aprile e 2 Giugno), la rinuncia a bloccare le tredicesime agli statali in caso di non raggiungimento degli obiettivi di risparmio di spesa (sostituita dalla riduzione del 30% dell'indennità di risultato ai dirigenti), la revisione annuale della spesa pubblica (spending review), la riscossione forzata delle somme non pagate del condono tombale del 2002, il salvataggio dei fondi Fas regionali e del sistema centralizzato di tracciamento dei rifiuti industriali, il salvataggio dei mini enti di ricerca sotto i 70 dipendenti e qualcos'altro, la maggioranza fascio-leghista ha blindato inesorabilmente tutte le misure più infami, a cominciare dal famigerato articolo 8 della manovra che abolisce praticamente per legge i contratti collettivi, consentendo ai contratti aziendali e locali di derogare, su tutta la materia dell'organizzazione del lavoro, alle disposizioni di legge e allo Statuto dei lavoratori, compreso l'articolo 18 sui licenziamenti per giusta causa.
Anzi, poiché nel testo originale vi erano delle indeterminatezze che potevano dare adito a diverse interpretazioni, la maggioranza ha voluto inserire alcune correzioni che rendono più esplicita la facoltà di deroga, specificando anche che è sufficiente che sia accettata dalle organizzazioni sindacali "comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale" ovvero anche "operanti in azienda", con riferimento anche a quanto stabilito dall'accordo interconfederale del 28 giugno: un'autostrada aperta davanti ai sindacati gialli e filopadronali, come CISL, UIL e UGL, per fare tabula rasa dei diritti inalienabili dei lavoratori agendo azienda per azienda, territorio per territorio, sul modello corporativo fascista di Pomigliano e Mirafiori rispolverato da Marchionne con l'aiuto dei reggicoda Bonanni e Angeletti.
Come se non bastasse Berlusconi ha preteso e ottenuto che fossero cancellate o evirate una per una, rendendole praticamente inutili, perfino le "misure antievasione" escogitate in gran fretta da Tremonti per coprire il buco lasciato dalla rinuncia a cancellare gli anni di riscatto delle pensioni e dalla riduzione dei tagli ai comuni, misure che il neoduce aveva subito bollato come "sovietiche" e da "Stato di polizia fiscale": cosicché alla norma che nega la sospensione condizionale a chi evade più di 3 milioni è stata tolta la retroattività (chi si è già macchiato di questo crimine, quindi, l'avrà fatta franca per sempre); le dichiarazioni dei redditi potranno essere pubblicate online dai comuni, ma solo in forma anonima e aggregati per categorie; ed è saltato anche l'obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi le banche e altri operatori finanziari con cui si hanno rapporti.
Particolarmente sporco è poi l'emendamento approvato in commissione con cui, con la scusa del "risparmio" delle risorse, il governo si è attribuito una "delega ampia" a riordinare gli uffici giudiziari, anche con accorpamenti delle piccole procure (in pratica la loro soppressione): una furbata che, come l'articolo 8, non ha nulla a che vedere con la necessità di far fronte alla crisi finanziaria e riottenere la "fiducia dei mercati", ma sfrutta la manovra finanziaria come mezzo per anticipare surrettiziamente la controriforma della giustizia per mettere sotto controllo i pm e allentare il controllo di legalità sul territorio: per il governo è più facile infatti controllare poche grandi procure piuttosto che una miriade di pm indipendenti e ficcanaso. Così come particolarmente infame e razzista è l'emendamento, imposto dalla Lega, che istituisce una tassa del 2%, con un minimo di 3 euro, sui trasferimenti all'estero di denaro da parte di migranti privi di iscrizione all'INPS e di codice fiscale: in pratica tutti quelli senza permesso di soggiorno, considerati indiscriminatamente come "clandestini".

Ulteriori inasprimenti su Iva e pensioni coperti da Napolitano
La manovra emendata e blindata che sta per essere approvata dal Senato nero col voto di fiducia, è perciò tutt'altro che una "buffonata".
Essa è invece un massacro sociale in piena regola, aggravato dalle modifiche che vi sono state apportate in Commissione, e ulteriormente inasprita dalle decisioni dell'ultima ora di inserirci anche l'aumento dell'Iva (dal 20 al 21%) e l'aumento dell'età pensionabile per le donne del settore privato a quella degli uomini già dal 2014; il tutto condito con un pizzico di demagogia a buon mercato con la reintroduzione di un ridicolo "contributo di solidarietà" del 3% sui redditi sopra i 300 mila euro. Infatti dopo il "venerdì nero" del 2 settembre scorso, e ancor di più dopo il "lunedì nero" del 5, che hanno registrato crolli della Borsa di Milano dell'ordine del 5%, superiori a tutte le altre Borse europee, e soprattutto la nuova drammatica impennata del differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi, Napolitano aveva lanciato un nuovo appello alle forze parlamentari a "far presto" ad approvare la manovra, possibilmente entro giovedì 8 settembre, quando la BCE si riunirà per decidere se continuare o no a comprare i nostri titoli per evitare il default (fallimento dello Stato): cioè che l'Italia, che ha già superato la Spagna come livello di rischio, faccia la stessa fine della Grecia. E aveva chiesto altresì che la manovra fosse "rafforzata" per renderla più credibile ai mercati e alla BCE, suggerendo in pratica egli stesso di inserire anche l'aumento dell'Iva e un intervento strutturale sulle pensioni. Cosa che il governo si è subito affrettato a fare, rimangiandosi anche la parola di non ricorrere al voto di fiducia, grazie all'alibi offertogli su un piatto d'argento dal capo dello Stato.
Ma il nuovo Vittorio Emanuele III non si è fermato qui: in precedenza aveva voluto anche blindare il governo del nuovo Mussolini, in modo da evitare assolutamente ogni rischio di crisi di governo in questa fase "delicata", bocciando le ipotesi di un "governo tecnico", o di "salvezza nazionale", che hanno cominciato a far presa anche tra la grande borghesia, come si è visto anche al summit di Cernobbio. Intervenendo infatti in videoconferenza a quel convegno, Napolitano aveva stroncato ogni speranza in un suo intervento per favorire un cambio di governo, rimarcando che "fino a quando c'è un governo che ha la maggioranza in parlamento, comunque esso agisca, io non posso sovrappormi con il fatto, ma nemmeno con l'idea, di un governo diverso".
Poco gli importa, evidentemente, se tale maggioranza parlamentare è composta di nominati, inquisiti e corrotti comprati a suon di milioni e di posti di potere, da un premier sempre più immerso negli scandali e screditato anche a livello internazionale. Che da parte sua aveva subito intascato l'appoggio del rinnegato del Quirinale, sottolineando che "Napolitano è stato corretto. Ha messo in guardia tutti i complottisti che sono al lavoro contro di me fuori dal parlamento", alludendo evidentemente ai vari Montezemolo, Profumo, Monti (forse lo stesso Tremonti, anche se adesso un po' azzoppato), e quant'altri tra i "cavalli di razza" della borghesia si vanno facendo avanti per sostituirlo. Non a caso aveva fatto annunciare dal suo delfino Alfano che lui sarà il candidato del "centro-destra" anche nel 2013, senza bisogno di essere "scelto" con le primarie.
Tutto ciò non fa che confermare in maniera lampante la concretezza e la lungimiranza della parola d'ordine del PMLI, e cioè che solo sollevando la piazza, di cui il riuscito sciopero generale del 6 settembre indetto dalla CGIL è solo un primo e doveroso passo, è possibile affossare la micidiale stangata antipopolare del governo e abbattere il massacratore sociale, Berlusconi.

7 settembre 2011