Intervenendo a Bergamo alla vigilia del voto sul federalismo fiscale
Napolitano: Fermare la spirale di scontri su riforme e federalismo
Il nuovo Vittorio Emanuele III continua a fare il gioco del governo del nuovo Mussolini

Parlando il 2 febbraio all'incontro con le autorità e i sindaci della provincia di Bergamo, nel quadro delle celebrazioni per il 150° dell'unità d'Italia, il capo dello Stato ha lanciato un appello a tutte le forze politiche ad "abbassare i toni" e interrompere la "spirale di contrapposizioni" che rischia di far fallire quel processo di "riforme istituzionali" che gli sta a cuore più di ogni altra cosa e che non cessa di invocare ad ogni pie' sospinto.
Parlando da una delle roccaforti del leghismo, alla vigilia del voto nella cosiddetta Bicameralina che stava per approvare il decreto attuativo sul federalismo municipale, Napolitano non poteva non richiamarsi alla controriforma federalista, e difatti la parte centrale del suo interminabile discorso patriottardo è stata dedicata a una calibrata e sapiente esaltazione del federalismo, cominciando dalla figura di Carlo Cattaneo per arrivare all'attuale processo avanzato di controriforma federalista dello Stato che sta ormai per compiersi: "Vorrei solo aggiungere - ha detto l'inquilino del Quirinale concludendo il suo escursus storico - una considerazione che giudico fondamentale. Per portare avanti riforme che sono all'ordine del giorno - e mi rivolgo a quanti sollecitano decisioni annunciate in nome del federalismo e ormai giunte a buon punto - per portare avanti l'attuazione di quel nuovo Titolo V della Costituzione che fu condotto dieci anni fa all'approvazione del Parlamento e del corpo elettorale da una maggioranza di centro-sinistra ed è stato avviato a concrete applicazioni da una maggioranza di centro-destra, è stato decisivo e resta oggi decisivo un clima di corretto e costruttivo confronto in sede istituzionale. Si esca dunque da una spirale insostenibile di contrapposizioni, arroccamenti e prove di forza da cui può soltanto uscire gravemente ostacolato qualsiasi processo di riforma".
Insomma, siamo ormai in dirittura d'arrivo per una controriforma a cui hanno messo mano prima la "sinistra" e ora la destra del regime neofascista; cerchiamo perciò di non inciampare proprio sul traguardo a causa di sgomitate e spintoni dall'una e dall'altra parte, ma lavoriamo tutti d'amore e d'accordo - governo e opposizione - per condurre finalmente in porto una delle più importanti tra le tanto sospirate "riforme istituzionali": questo in soldoni l'appello di Napolitano alle forze politiche parlamentari a svelenire il clima di scontro che si è particolarmente intensificato in questi giorni.
Un appello che proprio per questo fa il gioco del governo e di Berlusconi, che difatti ha subito sottoscritto in pieno le parole del nuovo Vittorio Emanuele III, interpretandole ben a ragione come un'ulteriore conferma che il Quirinale non vuole la crisi e le elezioni anticipate e quindi appoggia i suoi sforzi per rafforzare la maggioranza per continuare la legislatura e fare le "riforme di cui il Paese ha bisogno". E ciò rimane vero malgrado l'appello non abbia funzionato, vista la non ratifica del federalismo municipale da parte della Bicameralina, spaccatasi esattamente a metà il giorno dopo, e il golpe del decreto legislativo con cui il governo l'ha riproposto in fretta e furia e d'imperio, costringendo Napolitano a rinviarlo indietro senza firma per manifesta irregolarità procedurale.
Tutto ciò non cambia comunque i rapporti di sostanziale complicità tra il nuovo Vittorio Emanuele III e il nuovo Mussolini in nome della "stabilità" e delle "riforme", checché ne dica e si illuda la speranzosa "sinistra" borghese, perché i rilievi di Napolitano sono solo di natura procedurale, come infatti ha subito messo in rilievo il neoduce, e non intervengono minimamente sulla sostanza del provvedimento golpista. Nel rinviare il provvedimento Napolitano si limita infatti a lamentarsi di non essere stato informato della riunione straordinaria del Consiglio dei ministri e dell'ordine del giorno, e a indicare al governo la via per uscire dall'impasse presentando il decreto in parlamento per una rapida approvazione. Forte - è il sottinteso del rinnegato del Quirinale - della maggioranza appena ottenuta con la campagna acquisti dei "responsabili" e collaudata con le votazioni sui casi Bondi e Ruby.
Non per nulla il caporione secessionista Bossi gli ha subito telefonato per rabbonirlo rassicurandolo e ringraziandolo anzi di avergli "fatto un favore", perché così il federalismo fiscale potrà godere anche del crisma del voto parlamentare. Che potrà essere anche un voto di fiducia, se necessario, ha subito aggiunto a scanso equivoci il razzista Calderoli.

9 febbraio 2011