Nasce una super banca europea
Unicredit si fonde con Hvb

Il colosso bancario italo-tedesco è il 4° in Eurolandia e il 9° nella UE

Il 12 giugno i consigli di amministrazione della italiana Unicredit e della tedesca Hypovereinsbank (Hvb) hanno dato via libera alla fusione dei due istituti bancari, dando vita così a uno dei più grandi colossi del credito a livello europeo: il 4° in ordine di importanza nei paesi dell'euro, il 9° nell'intera Unione Europea.
Con i suoi 733 miliardi di euro di attività, 6.500 sportelli in 19 paesi, 126 mila dipendenti e 41 miliardi di capitalizzazione in Borsa, infatti, il nuovo gruppo bancario si avvicina ai giganti spagnoli Santander (59 miliardi di capitalizzazione) e Bbva (43 miliardi) e Francesi come Paribas (50 miliardi), sorpassando sia pure di poco il prestigioso Credit Suisse. Presidente della nuova società sarà il tedesco Dieter Rampl, amministratore delegato l'attuale presidente di Unicredit, Alessandro Profumo. La sede scelta è quella milanese di Unicredit, a piazza Cordusio. Il Cda sarà composto da 24 consiglieri, di cui 16 italiani. Italiano sarà in maggioranza anche il management del gruppo.
La fusione è avvenuta "carta contro carta", vale a dire attraverso uno scambio di azioni tra le due società, in un rapporto 1 a 5, cioè un'azione Hvb contro 5 Unicredit. Ma si tratta pur sempre di un'operazione da 19 miliardi di euro, compresi i soldi in contanti che Unicredit dovrà mettere sul piatto per rilevare le due consociate di Hvb, BankAustria e Bhp. Il matrimonio tra Unicredit e Hvb costituisce comunque la più grande fusione bancaria in Europa per capitalizzazione. Grazie ad essa in Italia Unicredit balza al vertice in tutte le graduatorie del credito nazionale (era già la prima banca per capitalizzazione), raggiungerà Telecom e si avvicinerà ad Enel tra le prime società di piazza Affari.
Ma quel che fa più gola è il giovane mercato finanziario dell'Est europeo, che adesso si spalanca davanti a piazza Cordusio grazie alla capillare e ben radicata presenza dei soci bavaresi in quelle regioni. è per questo che il governo tedesco non ha avuto nulla da ridire sulla fusione con gli italiani, e ha anzi lasciato capire di vedere di buon occhio il matrimonio che rafforza la penetrazione del capitale italo-tedesco ed europeo verso Est dopo l'allargamento della UE a 25, pur sapendo che la fusione produrrà altri terremoti nel mondo bancario tedesco. E questo è tanto più degno di nota se si pensa alle forti resistenze che in passato si erano opposte ad operazioni analoghe in Germania, come ad esempio quella tra Pirelli e Continental. Stavolta, invece, non è valsa neanche la feroce opposizione del governo Bavarese all'accordo. Evidentemente gli interessi del capitalismo nazionale tedesco e più in generale europeo, difesi dal governo Schroeder, l'hanno avuta vinta sulle resistenze regionalistiche del capitalismo bavarese.
D'altra parte anche il silenzio-assenso della Banca d'Italia ha avuto di fatto valore di incoraggiamento, nonostante che via Nazionale si sia opposta invece con tenacia alla cessione di Bnl e Antonveneta a banche spagnole e olandesi. Questa contraddizione non è sfuggita però a Berlino e Bruxelles, dove si è fatto notare che se deve valere il principio di reciprocità, anche l'Italia non deve porre ostacoli ad eventuali acquisizioni di banche italiane da parte di altri istituti europei.
Questa vicenda dimostra in ogni caso che se a livello istituzionale e politico la UE è in forte crisi, dopo i referendum in Francia e Olanda e la recente rottura di Bruxelles sul bilancio, l'Europa capitalistica delle multinazionali e dei grandi gruppi economico-finanziari va avanti comunque scavalcando ogni ostacolo, per concentrarsi e rafforzarsi onde affrontare la feroce concorrenza tra le grandi potenze economiche per accaparrarsi i sempre più contesi nuovi mercati e le sempre più limitate risorse, nella spietata sfida a eliminazione imposta dall'economia capitalista globalizzata.

22 giugno 2005