La Nato schiera i missili Patriot contro la Siria

Il ministro degli Esteri britannico, William Hague, dichiarava il 7 dicembre che "il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno verificato l'esistenza di prove che dimostrano come il regime siriano si stia preparando ad usare le armi chimiche in suo possesso", una serie di prove fornite da "fonti di intelligence" che avevano già spinto gli Usa a lanciare un "avvertimento" al governo di Damasco. In una nota ufficiale diffusa pochi giorni prima, il governo siriano assicurava che non avrebbe fatto ricorso ad armi chimiche: "la Siria difende il suo popolo e assieme al suo popolo lotta contro il terrorismo legato ad al Qaeda, sostenuto da paesi noti, primi tra i quali gli Stati Uniti". Una vicenda che richiama alla mente la frenetica attività dei servizi imperialisti impegnati a fornire prove "certe" sul possesso di armi di distruzioni di massa, poi rivelatesi inesistenti, da parte del regime iracheno di Saddam per giustificare un'aggressione già decisa e preparata a Washington, Londra, Madrid e Roma.
Quello che farà con le armi chimiche il regime di Damasco, sempre più in difficoltà sotto la pressione della rivolta che è arrivata a minacciare la presa del controllo dell'aeroporto della capitale, non è dato di sapere. I paesi imperialisti invece hanno già fatto un altro passo verso la guerra con la decisione della Nato di dare il via libera al dispiegamento di batterie di missili Patriot a "scopo difensivo" al confine tra Turchia e Siria; i missili saranno forniti da Stati Uniti, Olanda e Germania. "La Siria ha i missili e le armi chimiche e per questo è urgente fornire protezione aerea alla Turchia", ha affermato il segretario generale dell'Allenza, il danese Anders Fogh Rasmussen.
La decisione è stata presa nella riunione del 4 dicembre dei ministri degli esteri dei 28 paesi membri, e alla presenza del ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov. Che ha avallato il via libera ai Patriot affermando che la Russia "non può e non vuole interferire con il diritto all'autodifesa degli alleati stabilito dall'articolo 5 del trattato Nato". Si è limitato a contestare che "le minacce non devono essere sopravvalutate". Preludio forse all'abbandono al suo destino dell'alleato Assad.
Qualsiasi utilizzo di armi chimiche da parte di Damasco scatenerebbe "la reazione immediata della comunità internazionale", ha minacciato Rasmussen, secondo il quale lo schieramento delle batterie antimissile al confine siriano "ha uno scopo puramente difensivo e dissuasivo", poiché la Nato "non ha alcuna intenzione" di intervenire militarmente in Siria.
Frattanto all'intervento in Siria ci pensano i paesi imperialisti e quelli arabi reazionari finanziando gli oppositori all'esterno del paese e addestrando miliziani sunniti turchi, ceceni, libanesi e iracheni in basi nella Giordania e in Libano.

19 dicembre 2012