Ormai la verità è lampante
LA NATO HA USATO PROIETTILI ALL'URANIO IMPOVERITO NEI BALCANI
Il governo di Amato non può tirarsi fuori dalle responsabilità. I vertici militari sapevano del pericolo
AL BANDO LE ARMI ALL'URANIO. RITIRARE IL CONTINGENTE ITALIANO DAI BALCANI
Ammontano già a diverse decine in tutta Europa i casi di militari appartenenti ai contingenti Nato nella ex Jugoslavia colpiti da tumori e leucemie, per i quali si sospetta un collegamento con l'esposizione all'uranio impoverito usato nei proiettili e nei missili sparati a decine di migliaia dagli aerei dell'Alleanza atlantica in Bosnia e Kosovo.
Nove sono i casi registrati in Belgio, con cinque decessi. In Francia sono quattro i militari ricoverati per leucemia. Un militare portoghese reduce dalla Bosnia è morto di leucemia, come pure due militari olandesi, due spagnoli, un inglese e un pilota di elicotteri della Repubblica ceca. La più alta incidenza spetta all'Italia, dove si sono registrati a tutt'oggi ben 18 casi, con otto decessi, tra i militari delle diverse armi inviati in Bosnia e Kosovo. Anche un reduce dalla guerra del Golfo del '91 sostiene di essersi ammalato di leucemia a causa dell'esposizione all'uranio impoverito ("depleted uranium'', in sigla DU, ndr) usato massicciamente dagli eserciti occidentali in quel conflitto.
Il fenomeno ha assunto dimensioni talmente gravi da non poter più essere nascosto o minimizzato, come si era tentato di fare in un primo momento, al punto che diversi governi europei sono stati costretti a ordinare controlli medici su tutti i reduci dalle missioni nella ex Jugoslavia. Così hanno fatto i governi di Grecia, Francia, Portogallo, Olanda e dei paesi scandinavi. Altrettanto ha deciso di fare anche il governo italiano, dopo gli altri passi ufficiali che l'esplosione del caso lo aveva costretto a compiere, come l'istituzione di una "commissione scientifica'' per appurare eventuali collegamenti tra i decessi e l'uranio impoverito, e la richiesta di "chiarimenti'' alla Nato, il cui Comitato politico si riunirà a Bruxelles il 9 gennaio per discutere della faccenda.
Nel frattempo, nonostante le dichiarazioni infastidite degli ambienti Usa e Nato, che ostinatamente minimizzano la pericolosità delle armi all'uranio impoverito e negano qualsiasi rapporto con l'aumento dei casi di leucemia e tumori tra le loro stesse truppe, si moltiplicano le testimonianze e le prove sull'inquinamento radioattivo dei Balcani e sulle gravi conseguenze sulla popolazione e sull'ambiente. Informazioni filtrate sui controlli effettuati in Kosovo dall'Agenzia dell'Onu per l'ambiente (Unep), a cui hanno partecipato anche esperti italiani, rivelano che in 8 siti su 11 controllati, la radioattività di fondo è risultata superiore al normale. Tre di questi siti sono sotto il controllo delle truppe italiane. Soltanto in Kosovo, per ammissione della stessa Nato, sono stati sparati oltre 31 mila proiettili DU sparsi in 112 zone. Ma sarebbero centinaia i siti inquinati ancora sconosciuti in Serbia e in Montenegro, dei quali Bruxelles non ha fornito la documentazione.
Il comitato "Scienziati contro la guerra'', a cui partecipano ricercatori dell'Enea, dell'Università La Sapienza, dell'Osservatorio astronomico di Roma e dell' Università di Bologna, ha pubblicato uno studio che dimostra la pericolosità del DU non solo come tossico chimico (come si limitano ad ammettere gli ambienti Nato) ma anche dal punto di vista radiologico. Il comitato fornisce documenti di fonte Usa che fin dal 1979 mettevano in guardia dalle conseguenze dell'uso di tale munizionamento. Secondo le stesse norme Usa un livello di perdite di radiazioni pari a un solo proiettile DU è stato sufficiente a far chiudere una fabbrica di munizioni nel 1980. Secondo la normativa italiana sulla radioprotezione sarebbe sufficiente una sola scheggia di tale materiale a far scattare le misure di allarme. Il comitato ha anche criticato la scarsa attendibilità del lavoro dell'Onu, nel senso che non dice tutta la gravità della situazione, perché avvenuto in grande ritardo e perché si è svolto solo su un campione ristretto del territorio inquinato dalle bombe della Nato.

UN'ARMA CRIMINALE DELL'IMPERIALISMO
L'uranio cosiddetto impoverito, che è un sottoprodotto a basso costo del processo di arricchimento dell'uranio naturale usato per le centrali nucleari e per le bombe atomiche, e rispetto a questo solo leggermente meno radioattivo, è usato per rivestire proiettili anticarro e missili, a causa della sua alta densità che lo rende ideale per forare la corazza dei carri armati e il cemento armato dei bunker. Siccome ha anche un basso punto di fusione, una volta penetrato nel bersaglio provoca un'esplosione ad alta temperatura che fonde tutto, spandendo anche una micidiale nuvola di polvere d'uranio nel raggio di 50 metri. Se respirata può provocare morte quasi immediata, per via chimica, o ritardata, anche di anni, a causa delle radiazioni.
Gli americani lo sperimentarono segretamente sul campo per la prima volta nel '73, tramite l'esercito israeliano, nella guerra del Kippur. Nel 1991 ne fecero un uso massiccio nella guerra del Golfo, dove furono sparati un milione di proiettili DU, pari a 300 tonnellate di materiale radioattivo. Già quello stesso anno cominciarono le prime segnalazioni sugli effetti del DU in Irak. I medici di Bassora denunciarono un impressionante aumento delle morti tra i bambini per leucemie e tumori. Nel '95 il quadro di quella che è stata chiamata "sindrome del Golfo'' era sufficientemente chiaro, anche perché cominciarono a moltiplicarsi i casi (si parla di centomila casi, tra tumori, leucemie, lesioni mentali, malformazioni nella prole, ecc.) tra i militari americani che avevano partecipato alla guerra del Golfo. Numerosi altri casi si sono verificati anche tra i militari inglesi e francesi. Nel 1997 uscì il primo libro inchiesta sulle conseguenze dell'impiego di queste armi ("Depleted uranium: metal of dishonor'', uranio impoverito: metallo del disonore). E già due anni prima un'organizzazione pacifista americana aveva denunciato l'uso di armi all'uranio in Bosnia da parte della Nato contro le truppe serbe, tra l'agosto e il settembre del '95. Nel '96 il quotidiano serbo Politika aveva denunciato un aumento dei casi di tumore nella popolazione in conseguenza dei bombardamenti della Nato.
Nella guerra del Kosovo del '99, poi, l'impiego delle armi all'uranio impoverito montate sugli aerei anticarro A-10 e sui missili da crociera, era ormai di dominio pubblico. Ne parlavano i giornali e le televisioni. Varie organizzazioni pacifiste e ambientaliste avevano denunciato i pericoli legati all'uso di queste armi micidiali nella ex Jugoslavia. L'argomento è comparso addirittura nei verbali delle sedute parlamentari. Ciononostante, quando quella che per analogia è stata chiamata "sindrome dei Balcani'' è finalmente esplosa in tutta la sua drammatica evidenza, il governo italiano, per bocca del ministro della Difesa Mattarella, è caduto dalle nuvole, sostenendo di non essere stato messo al corrente dalla Nato sull'uso di queste armi in Bosnia e sulla loro possibile tossicità.
"Un caso uranio impoverito nel '95 non esisteva'', ha dichiarato con perfetta faccia di bronzo Mattarella sul quotidiano portavoce governativo la Repubblica del 6 gennaio. "I primi dati che la Nato ha fornito sulle munizioni adoprate in Bosnia sono stati offerti il 21 dicembre proprio al governo italiano, che li aveva richiesti in novembre. Non credo che le polemiche di questi giorni possano creare problemi con i nostri alleati'': così, alla maniera democristiana classica, pretenderebbe di liquidare la questione il nostro ministro della guerra.

I VERTICI NON POTEVANO NON SAPERE
Anche Amato e Ciampi hanno cercato di fare le belle addormentate nel bosco, nel tentativo di tirare fuori Palazzo Chigi e il Quirinale dalle loro responsabilità nello scandalo delle armi all'uranio. Il capo dello Stato, che non si era degnato di spendere una sola parola sullo scottante argomento nel suo sermone televisivo di fine anno, appena è stato toccato da qualche blanda critica per la sua vergognosa omertà, ha creduto di salvarsi la faccia a buon mercato con una telefonatina a Mattarella per avere "maggiori dettagli'' sulla vicenda. Amato, da parte sua, ha ribadito con altrettanta faccia di bronzo che il governo non sapeva dell'uso delle armi DU in Bosnia e che ne ignorava tutta la pericolosità.
Che facce toste! Che bugiardi! A smentirli e a dimostrare che non potevano non sapere ci sono innumerevoli fatti e documenti: intanto va detto che l'operazione "Deliberate force'', che nel '95 la Nato condusse contro le forze serbe in Bosnia, avvenne sotto il comando della V Forza aerea tattica alleata (Ataf) di Vicenza, affidato al generale Andrea Fornasiero, attuale capo di Stato maggiore dell'areonautica. Il capo delle operazioni alleate non sapeva cosa trasportavano i suoi aerei?
Nel '96 un rapporto pubblico, diffuso anche su Internet, documentava l'impiego in Bosnia dei micidiali A-10 anticarro armati con DU. Ne furono schierati 12, per un totale di 2.318 sortite e oltre 10 mila proiettili radioattivi sparati. Denunce in tal senso erano state fatte anche dai giornali serbi. Una risoluzione dell'Onu dell'agosto '96 chiedeva la messa al bando delle armi DU. Il presidente della commissione esteri della Camera, Occhetto, ha ricordato che "già 15 mesi fa'' era stata presentata una risoluzione unanime che impegnava il governo a "istituire una commissione tecnico-scientifica sulla pericolosità delle armi all'uranio''. Eppure ancora il 6 settembre 1999 il sottosegretario alla Difesa Gianni Rivera, davanti alla commissione Difesa, giurava che "in Bosnia non sono mai stati usati proiettili all'uranio'', cosa che veniva solennemente ribadita dal ministro Mattarella alla Camera il 27 dello stesso mese.
ll 7 febbraio 2000, su richiesta dell'Onu, il segretario generale della Nato, Lord Robertson, aveva inviato un rapporto a Kofi Annan (rivisto dal Consiglio del Nord Atlantico, e dunque a conoscenza dei governi alleati), in cui si ammetteva che in Kosovo erano stati sparati oltre 31 mila proiettili all'uranio impoverito e se ne fornivano le mappe. E il 6 maggio dello stesso anno, dunque ancora diversi mesi prima dell'esplosione pubblica del caso, un documento intestato "Provvedimenti cautelativi relativi alle problematiche NBC'' (sigla che sta per nucleare, batteriologico, chimico), era inviato dallo Stato maggiore italiano a tutti i comandanti del contingente militare in Kosovo. Il documento fa riferimento ai proiettili da 30 mm al DU, avvertendo che "costituiscono una potenziale fonte di rischio'', per la tossicità che si manifesta "sia dal punto di vista chimico che radiologico''. Segue una descrizione di come un proiettile esplodendo sparga una nuvola di polvere d'uranio "respirabile'' per un raggio di 50 metri dal bersaglio, e ci si diffonde sulla sua pericolosità e conseguenze, fornendo tutta una serie di avvertenze per evitare il rischio di contaminazione. è anche saltato fuori che al seguito delle nostre truppe sono stati inviati in Kosovo reparti specializzati nelle operazioni NBC.
Ma se tutto era di dominio pubblico, e i vertici militari sapevano e agivano di conseguenza, possibile che solo i nostri governanti fossero all'oscuro di tutto? Possibile che i vertici militari non li tenessero informati? Ancorché ridicola, questa ipotesi sarebbe comunque non meno grave di quella che essi mentono sapendo di mentire. Possibile che fino a ieri il governo si vantasse che grazie alla partecipazione alla guerra nei Balcani l'Italia si era guadagnata la fiducia della Nato ed era trattata alla pari dalle altre grandi potenze, e oggi ci venga a raccontare invece che gli alleati considerano inaffidabile il nostro Paese, visto che non lo informano di decisioni militari importanti e gravissime?

SCARICABARILE E FEDELTA' ATLANTICA
Del resto gli stessi vertici militari italiani e Nato, tra cui lo stesso ammiraglio Venturoni, presidente del Comitato militare della Nato, non stanno a questo troppo comodo scaricabarile e ribattono sprezzantemente in coro che non solo l'uso delle armi all'uranio impoverito era ben noto al governo italiano, ma che tali armi sono del tutto "legali'', in quanto nessun governo ne ha mai chiesto la messa al bando, e comunque non sono particolarmente nocive per l'ambiente e le popolazioni. La stessa chiusura per alcuni giorni dell'ambasciata americana a Roma, motivata con possibili attentati "islamici'', sembra essere un segnale al governo italiano per dirgli che gli Usa non hanno gradito il tentativo di scindere le sue responsabilità da quelle dell'Alleanza, ed esortarlo a una maggiore "solidarietà'' intorno ad essa.
In realtà, nonostante le scontate accuse elettoralistiche della destra di scarso spirito atlantico, il "centro sinistra'' si è ben guardato dal mettere in discussione la fedeltà all'alleanza imperialista occidentale. Men che mai lo sfiora l'idea di invocare, come sarebbe il minimo per un governo della "sinistra'', la messa al bando delle armi all'uranio e il ritiro del contingente italiano dai Balcani: cerca solo di salvare la faccia barcamenandosi goffamente tra lo scandalo che cresce e l'arroccamento dei militari e della Nato, aspettando che la bufera passi e sperando che non provochi ricadute astensioniste alle imminenti elezioni politiche.
Colpisce l'assordante silenzio su questa gravissima vicenda dei rinnegati DS. Loro che sono stati in prima fila, col rinnegato guerrafondaio D'Alema, a trascinare il nostro Paese in questa avventura imperialista, per guadagnarsi la sospirata patente di "affidabilità'' dalla borghesia e dall'imperialismo occidentale, ora se ne stanno zitti e defilati, nel terrore o di spiacere ai loro accigliati padroni che li avevano appena promossi, e di giocarsi per questo la pagnotta, se osano criticare i crimini della Nato, o di approfondire il fossato con la loro sempre più nauseata base elettorale, se cercano di difendere le tesi imperialiste.
In compenso ha abbaiato il loro cane da guardia Armando Cossutta, per il quale la Nato è un organismo nientemeno che "inaffidabile e anacronistico'', mentre l'imperialismo europeo è evidentemente tutt'altra cosa, visto che per lui "è giunto il momento di compiere dei passi significativi in avanti affinché l'Europa si doti di una forza militare autonoma e indipendente dagli Usa''. Forse qualcuno dovrebbe informare il presidente del PdCI che le armi all'uranio impoverito le hanno usate e le usano tranquillamente anche Francia, Gran Bretagna, cioè proprio i due "pilastri'' che dovrebbero sostenere l'esercito imperialista europeo vagheggiato dal falso comunista Cossutta.
In ogni caso il massimo che la "sinistra'' del regime neofascista è stata capace di esprimere in questa sporca vicenda è chiedere maggiori misure di "protezione'' e di "sicurezza'' per i nostri soldati. Come se il problema fosse di proteggere chi ha bombardato, distrutto, inquinato e invaso, e non le popolazioni della Bosnia, della Serbia e del Kosovo che sono le vere vittime dei micidiali mezzi di sterminio dell'imperialismo. Noi chiediamo invece, e invitiamo a chiedere con forza, che queste armi mostruose siano messe al bando, che siano perseguiti come criminali di guerra i capi politici e militari della Nato che hanno ordinato di usarle, e che siano ritirati i contingenti militari imperialisti dalla ex Jugoslavia. In ogni caso, per quanto ci riguarda, bisogna chiedere che il governo Amato ritiri immediatamente il contingente italiano dalla Bosnia e dal Kosovo.