Col beneplacito di Garimberti
Il neoduce si pappa Raiuno
L'imbelle "sinistra" parlamentare rimane a bocca asciutta

Augusto Minzolini, editorialista de La Stampa soprannominato "il trombettiere del re", ovvero anche "il cantastorie del cavaliere", ovvero anche "il portavoce supplente", per il suo rapporto esclusivo e diretto con Berlusconi che lo imbecca quotidianamente con notizie di prima mano sui suoi umori, capricci e progetti, è il nuovo direttore del Tg1 della Rai.
A nominarlo, nella riunione del 20 maggio scorso, è stato il Consiglio di amministrazione (Cda) della Rai, o meglio la sua maggioranza fascio-leghista, con l'avallo del nuovo presidente espresso dal PD, Paolo Garimberti, nel quadro di un giro di nomine che realizzano solo una prima tranche del pacchetto completo concordato qualche tempo fa in una cena a Palazzo Grazioli tra il neoduce e i suoi gerarchi e gli inviati di Fini e Bossi.
Insieme a Minzolini al Tg1 è stato infatti promosso alla direzione della più importante rete della tv pubblica, Raiuno, il fascista Mauro Mazza che lascia la direzione del Tg2, mentre il leghista Antonio Marano, che mantiene per ora la direzione ad interim di Raidue, è stato promosso a vicedirettore generale della Rai. Insieme a lui, ad affiancare il neo direttore generale della Rai, il berlusconiano Mauro Masi, sono stati nominati altri tre vicedirettori tutti espressione della maggioranza di governo: Gianfranco Comanducci, Lorenza Lei e Giancarlo Leone. È questo il frutto dell'accordo tra le tre anime del "centro-destra" (FI, AN e Lega) il cui laborioso raggiungimento aveva portato al rinvio di alcune settimane delle nomine già decise a casa del neoduce. Tra queste avrebbero dovuto esserci anche quelle di altri berlusconiani Doc, come l'attuale direttore de Il Mattino di Napoli, Mario Orfeo, candidato alla direzione del Tg2 lasciato libero da Mazza, e della giornalista del Tg1 "al seguito" del neoduce, Susanna Petruni, scelta per la direzione di Raidue al posto di Marano.
Berlusconi avrebbe voluto fare il pieno subito, per realizzare l'occupazione totale della Rai a coronamento del suo piano piduista, ma ha dovuto rimandare la seconda parte a dopo le elezioni per non apparire troppo ingordo e per consentire a Garimberti di trovare una via d'uscita che gli salvasse in qualche modo la faccia. Infatti, quando è apparso chiaro che la maggioranza del Cda intendeva procedere unilateralmente con le nomine decise in casa Berlusconi, i tre consiglieri di minoranza, Nino Rizzo Nervo (PD), Giorgio Van Straten (nominato da Veltroni) e Rodolfo De Laurentiis (Udc) hanno deciso di non partecipare al voto e abbandonare la riunione per protesta, dopo aver chiesto a Garimberti almeno di astenersi per non legalizzare il diktat berlusconiano. La stessa cosa gli aveva chiesto il segretario del PD Franceschini, che pure lo aveva voluto alla presidenza della Rai al posto del dimissionario Petruccioli.
Ma Garimberti ha ignorato tutti gli appelli ed ha votato sì insieme alla maggioranza. La sua motivazione è che le nomine non erano più rinviabili e di essere riuscito in questo modo almeno a rimandare una parte di nomine fino a dopo le elezioni ottenendo rassicurazioni che esse saranno vagliate tenendo conto del "parere" delle opposizioni. Inoltre, a detta dell'ex editorialista de la Repubblica, con la nomina di Minzolini si sarebbero impedite quelle assai peggiori del direttore di Panorama, Belpietro, o del direttore del Tg5 Mimun, anch'essi nella "rosa" indicata da Berlusconi. Come dire che ha avallato la nomina di un suo intimo pennivendolo anziché quella di un suo dipendente diretto come i due suddetti: alla faccia del "male minore"!
Un po' meno ipocrita di Garimberti è stato il commento del presidente della Commissione di vigilanza sulla Rai, Sergio Zavoli, il quale ha dichiarato che questo giro di nomine "ripropone in termini ancora più stringenti il richiamo alla necessità e al dovere di rispettare il pluralismo". Anche lui però oltre questo non è andato.
Parole dure invece dall'Udc Casini, indispettito per essere stato lasciato fuori dal banchetto: "Quella che si apprestano a fare in Rai non è lottizzazione ma una vera e propria occupazione, pianificata secondo logiche brutali". Più sfumata la reazione del PD, rimasto ugualmente a bocca asciutta ma occupato nella faida interna tra ex DS e ex Margherita per la spartizione delle nuove nomine nella sua "riserva indiana" di Raitre. Franceschini si è limitato a mugugnare di non aver mai visto "fare le nomine alla Rai in piena campagna elettorale. Il buon senso dovrebbe consigliare un rinvio a dopo le elezioni". Appena più duro il commento di D'Alema, ma solo perché rimpiange i "vecchi tempi" e comunque limitandosi ad allusioni e sottintesi: "La lottizzazione c'era anche prima, ma il monopolio del potere ha fatto perdere a Berlusconi il senso del limite. E una tale concentrazione di poteri mi fa vedere dei rischi per la democrazia", ha dichiarato il capofila dei rinnegati dimenticandosi del conflitto di interessi che il "centro-sinistra", e neanche lui quand'era premier, hanno mai voluto affrontare; per non parlare della sua famosa dichiarazione del 1996 in visita agli stabilimenti di Cologno Monzese, quando disse che Mediaset "è una risorsa del Paese".
Su questo atto arrogante della maggioranza berlusconiana ha preso posizione l'Usigrai, il sindacato dei giornalisti di viale Mazzini, che ha scritto una lettera a Napolitano in difesa del pluralismo. Un atto definito "una gravissima intimidazione" dal gerarca fascista autore della legge omonima sulle comunicazioni, Maurizio Gasparri. Inoltre sia l'Usigrai che la Fnsi, il sindacato nazionale dei giornalisti, hanno indetto una manifestazione di protesta "a difesa dell'autonomia del servizio pubblico e dell'informazione in Italia": poiché, recita il comunicato congiunto dei due sindacati, "la tradizionale e pesante subordinazione della Rai ai voleri della politica è aggravata dal conflitto di interessi del presidente del Consiglio".

8 luglio 2009