Marchionne impone il modello Pomigliano in tutti gli stabilimenti del gruppo
Neofascismo alla Fiat
La FIOM estromessa dalle fabbriche del nuovo Valletta. Cancellato il contratto nazionale. Monti non può fare finta di nulla
Ci è riuscito il nuovo Valletta, l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, a portare a compimento il suo piano antioperaio e antisindacale, reazionario e neofascista. L'epilogo era ormai scontato, dopo che la Fiat aveva deciso di uscire da Confindustria e dopo che con un atto unilaterale senza precedenti dal dopoguerra aveva disdetto tutti gli accordi sindacali dal 1950 in poi, tutti i contratti sia di livello nazionale, sia di livello aziendale e territoriale; ma non per questo meno grave e deprecabile. Un traguardo raggiunto grazie alla complicità determinate dei sindacati collaborazionisti, sfacciatamente filo padronali e neo corporativi, ma anche con l'aiuto vergognoso dell'ex governo Berlusconi e il tacito consenso di quello in carica Monti.
L'ultimo atto di questo piano è stato compiuto nell'Unione industriale di Torino il, 13 dicembre scorso. Attorno al tavolo i rappresentanti di Fiat, e quelli sindacali di FIM, UILM, UGL, FISMIC e l'associazione dei capi e dei quadri della Fiat; esclusa provocatoriamente la FIOM in quanto organizzazione sindacale dissenziente dai voleri di Marchionne. Dopo una breve e soprattutto finta trattativa, costoro hanno firmato un accordo separato, l'ennesimo, che estende il modello di Pomigliano a tutti gli stabilimenti Fiat non solo del settore auto ma anche di Fiat Industrial e a tutti gli 86 mila lavoratori in forza. Questo aveva chiesto il vertice del Lingotto in modo perentorio e pubblicamente, non senza minacciare un futuro di Fiat fuori dall'Italia. E questo hanno sottoscritto senza vergogna i vari Bonanni e Angeletti e con loro i vari segretari di categoria. A parte qualche contentino, più formale che reale, nulla rispetto a ciò che i lavoratori perdono, fumo negli occhi per confondere le idee. Hanno firmato senza avere uno straccio di mandato da parte dei lavoratori interessati. I quali non saranno nemmeno consultati per la ratifica. Che carognata!
Ecco le caratteristiche principali di questo accordo: sostituisce un contratto aziendale a quello collettivo nazionale dei metalmeccanici; peggiora complessivamente e pesantemente le condizioni di lavoro; inserisce meccanismi punitivi e persecutori in materia di assenze in fabbrica; cancellando le RSU abolisce la democrazia sindacale alla Fiat; mette limiti arbitrari e inaccettabili al diritto di sciopero; colpisce al cuore le libertà sindacali arrogandosi il potere di tenere fuori dall'azienda la FIOM, il sindacato più rappresentativo; con le clausole di garanzia, unitamente al resto instaura relazioni industriali neofasciste in Fiat.
Nel concreto l'intesa separata infatti prevede che: a regime si lavorerà su 18 turni (3 al giorno su sei giorni), con una settimana di 6 giorni lavorativi e la successiva di 4 giorni. L'azienda potrà chiedere di lavorare al sabato e fino a 120 di straordinario (80 in più di quelle attuali). Sono previste anche le riduzioni delle pause da 40 a 30 minuti con la monetizzazione in busta paga dei 10 minuti tagliati, norme per punire il cosiddetto assenteismo (i primi due giorni di malattia non saranno pagati), la clausola di responsabilità in base alla quale chi non rispetta gli accordi verrà sanzionato dall'impresa in termini di contributi e permessi sindacali. Inoltre, non ci saranno più le RSU (rappresentanze sindacali unitarie aziendali) elette dai lavoratori che verranno sostituite con le RSA nominate dalle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto; ciò sulla base di quanto previsto dal desueto e non più applicato da molti anni, art.19 dello Statuto dei lavoratori. Non essendo la FIOM tra i firmatari di questo obbrobrioso contratto, usando questo vile cavillo legale Marchionne pretende con metodi dittatoriali e neofascisti di mettere fuori la FIOM dalla Fiat. Cosicché la FIOM non potrebbe avere più propri delegati, non usufruire permessi sindacali, tenere assemblee nei luoghi di lavoro, utilizzare le bacheche sindacali per attaccare i comunicati e soprattutto verrebbe privata dei contributi dei propri iscritti che da sempre le aziende prelevano dalle buste paga e girano ai sindacati interessati. Si parla di un danno economico di circa 1.500.000 euro l'anno.
I sindacalisti collaborazionisti hanno cercato di giustificare la firma sull'intesa sbandierando alcuni incrementi salariali che avrebbero ottenuto. Ma è per lo più un imbroglio. Si tratta di incrementi dovuti alla risistemazione di voci già esistenti che non modificano la retribuzione lorda e hanno effetti solo di fronte ad aumento dei turni e degli straordinari: se lavori di più prendi più. Quanto al premio straordinario di 600 euro per il 2012 esso è totalmente legato alla presenza e alla effettiva prestazione lavorativa di non meno di 870 ore in sei mesi. Chissà in quanti ci riusciranno a ottenere questo premio, dato che saranno considerate assenze permessi retribuiti e non, ferie, mezz'ora di pausa, malattia, infortunio, maternità, donazione di sangue, diritto di sciopero.
Non meraviglia che Marchionne abbia commentato l'accordo come "una svolta epocale" per i padroni si intende; mentre per i lavoratori rappresenta caso mai una regressione epocale, un ritorno indietro almeno fino al ventennio mussoliniano e al patto di Palazzo Vidoni del 1925 che segnò la cancellazione d'autorità delle commissioni interne e il varo dei sindacati corporativi. Ne sorprendono le lodi del nuovo Valletta cantate ai sindacati collaborazionisti che gli hanno permesso di realizzare questa operazione. "A quei sindacati che hanno abbracciato con noi questa sfida - dice Marchionne - va riconosciuto il coraggio di cambiare le cose, va dato atto di una mentalità innovativa che è l'unica in grado di costruire una fase solida per il futuro". Che faccia di bronzo! Cosa c'è di innovativo nel chiudere tre stabilimenti mettendo sulla strada 3.700 lavoratori? Cosa c'è di positivo e moderno nel cancellare il contratto nazionale di lavoro, ossia il principale strumento per negoziare e migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori in modo unitario su tutto il territorio nazionale? Cosa c'è di coraggioso nel sopprimere in modo omogeneo e con il ricatto occupazionale l'insieme dei diritti e delle tutele dei lavoratori frutto di decenni e decenni di lotte? Cosa c'è da vantarsi nell'aver cancellato il diritto dei lavoratori di scegliere e votare i propri delegati sindacali? Nonostante tutto questo, perché a due anni dal suo annuncio Marchionne si rifiuta recisamente di svelare i dettagli del fantomatico piano "Fabbrica Italia"?
Maurizio Landini, segretario generale della FIOM, ha espresso un giudizio critico e di rigetto sull'accordo che peggiora le condizioni di lavoro e limita le libertà sindacali per i lavoratori del gruppo. "Quest'intesa, che di fatto estende l'accordo di Pomigliano - afferma Landini - agli 86 mila lavoratori del Gruppo, rappresenta un attacco ai diritti, alle libertà e alla democrazia perché sancisce la cancellazione del contratto nazionale, senza aver ricevuto alcun mandato dai lavoratori". Per il segretario generale FIOM, sia FIM che UIL hanno ceduto al ricatto della Fiat e di fatto si sono ridotti "a ruolo di sindacato aziendale e corporativo, abdicando così alla loro storia di sindacato confederale". In chiusura Landini chiama in causa il governo Monti. Il quale non può stare e guardare con le mani in mano visto che "l'accordo non dice nulla degli investimenti ... e perché mette in discussione le libertà sindacali garantite dalla Costituzione".
Giusto il richiamo a Monti, non può far finta di nulla di fronte alla più grande azienda privata italiana la quale, pur avendo goduto e godendo tuttora di aiuti multiformi dello Stato, si pensi solo alla rottamazione e alla cassa integrazione, si permette di chiudere gli stabilimenti e di stravolgere l'intero impianto normativo e legislativo sul lavoro senza dire nulla, per giunta, su quali sono i suoi programmi di investimento, produttivi e occupazionali in Italia. Tuttavia, è sperare invano che Monti e il suo governo si muovano di loro spontanea volontà. A riprova di ciò avrebbero potuto abrogare l'articolo 8 della vecchia legge finanziaria, che tra le altre cose concede la libertà di licenziamento, e non l'hanno fatto. Solo sotto la pressione della mobilitazione di piazza si può sperare in un intervento positivo del nuovo esecutivo della grande finanza e della Ue.
A ogni modo la FIOM non si arrende, fa sapere in un suo documento, non rinuncia al contratto nazionale di lavoro, non lascerà soli e isolati i lavoratori del gruppo Fiat. "Sosterremo e daremo voce - si legge - a tutte le iniziative delle lavoratrici e i lavoratori degli stabilimenti Fiat. Chiederemo ai lavoratori di eleggere comunque i nostri rappresentanti e difenderemo il diritto alla libera scelta del sindacato in tutte le sedi utili anche quelle legali".
Il PMLI che ha sempre sottolineato la grande importanza della lotta condotta dai metalmeccanici della FIOM contro il modello Marchionne e le sue relazioni industriali mussoliniane proseguirà a fornire il suo pieno e convinto appoggio politico e sindacale militante.

21 dicembre 2011