No al 1° Maggio coi padroni

Tra i continui tentativi della classe dominante borghese e dei suoi agenti di sabotare e snaturare il 1° Maggio, quest'anno va annoverata la novità della sua celebrazione in alcune piazze d'Italia insieme a rappresentanti del padronato, invitati a partecipare alle manifestazioni ufficiali dai vertici di CGIL, CISL e UIL e dagli amministratori locali. Secondo quanto riportato dalla stampa è successo a Treviso, dove sul palco sindacale è stato invitato a salire il presidente degli industriali della provincia, Alessandro Vardanega, insieme ad altri rappresentanti delle associazioni di categoria di commercianti e artigiani; e a Bologna, dove in piazza Maggiore ha preso la parola anche il presidente di Unindustria Alberto Vacchi. La stessa cosa è avvenuta a Prato e in altre città. Non è un caso che questa operazione antioperaia e antistorica sia stata effettuata sotto il governo Letta-Berlusconi.
La motivazione, ovvero il pretesto ufficiale per questi inviti del tutto arbitrari e senza precedenti è che la crisi economica colpisce egualmente le imprese e i lavoratori, che oggi avrebbero obiettivi comuni, come rivendicare dal governo una politica di sgravi fiscali e di incentivi alla ripresa. E c'è anche chi va ancora oltre, come il deputato umbro del PD Walter Verini, veltroniano, che aveva proposto a Camusso, Bonanni e Angeletti di invitare i rappresentanti delle imprese alla manifestazione nazionale a Perugia e in tutte le piazze del 1° Maggio, teorizzando apertamente che "come per il 25 Aprile è data 'condivisa' e patrimonio ormai di tutti gli italiani", così sarebbe "un grande messaggio di fiducia se anche la data del Primo Maggio diventasse in qualche modo l'occasione per unire sempre di più, non solo idealmente, il Paese".
Noi siamo invece fermamente contrari alla celebrazione del 1° Maggio assieme ai padroni, e appoggiamo in pieno i lavoratori e i giovani di Bologna che hanno fischiato e contestato i rappresentanti di Unindustria e Unicoop. E lo siamo doppiamente, sia per ragioni di principio che per motivi legati specificamente alla situazione politica e sindacale attuale. Per ragioni di principio, perchè il 1° Maggio non è la "festa del lavoro", come i governi e i partiti della destra e della "sinistra" borghesi, i mass media di regime e persino i vertici sindacali collaborazionisti l'hanno ormai ribattezzata al fine di snaturarla e inglobarla nelle istituzioni, ma è la Giornata internazionale dei lavoratori: cioè una giornata di lotta, una ricorrenza di classe che appartiene esclusivamente al movimento operaio internazionale, e che fin dalle sue origini ne ha scandita la storia scritta col sangue, diventando il simbolo stesso della lotta contro il capitalismo, per il socialismo.
Per questo la classe dominante borghese ha sempre cercato di vietarla, come ha fatto durante il fascismo; o abolirla di fatto, come ha tentato di fare in questi ultimi anni con l'accorpamento delle festività ed altre manovre surrettizie del genere; o quantomeno snaturarla e istituzionalizzarla, come sta facendo oggi con operazioni come questa di manifestare insieme operai e padroni, al fine di evirarla di ogni carattere proletario e di lotta. Come possono quindi i lavoratori condividere con i padroni una ricorrenza la più storicamente di classe come il 1° Maggio, nata non dimentichiamocelo mai in ricordo di una strage di operai in sciopero e per strappare ai padroni la giornata di 8 ore? Il simbolo stesso della lotta per l'emancipazione della classe operaia e dei lavoratori tutti dallo sfruttamento e dall'oppressione del sistema capitalista?
Ci opponiamo a questa decisione aberrante delle direzioni sindacali anche perché sotto il pretesto della crisi e sfruttando l'impressione destata dalla catena di suicidi di operai disoccupati e di piccoli imprenditori rovinati, tenta subdolamente di far passare tra i lavoratori l'idea che in nome del "lavoro" occorre un nuovo "patto sociale" con la Confindustria e le altre organizzazioni padronali e il governo Letta-Berlusconi appena costituito. Che così come PD e PDL si sono alleati nel governo delle "larghe intese" per "salvare il Paese" dall'emergenza in nome della "pacificazione nazionale", anche i padroni e i lavoratori si devono alleare cessando ogni conflittualità in nome di un "patto tra i produttori" per la ripresa economica e per l'occupazione.
Le "larghe intese" hanno avuto cioè un'immediata estensione anche a livello sindacale. E non certo perché i crumiri Bonanni e Angeletti si siano pentiti della loro politica di emarginazione della CGIL per fiancheggiare i governi Berlusconi e Monti, ma perché la riformista di destra Camusso ha gettato la maschera e ha accettato tutto ciò su cui fino a qui aveva nicchiato e temporeggiato, ma che adesso col PD al governo insieme a Berlusconi non ha più ragione di rifiutare. Lo si vede dalla ripresa delle attività e delle decisioni unitarie tra CGIL, CISL e UIL, e non nelle sole manifestazioni ufficiali, come dimostra il recente accordo sulla produttività firmato unitariamente dalle tre confederazioni il 24 aprile con la Confindustria. Patto che non era stato firmato a novembre dalla CGIL, perché mira apertamente a distruggere definitivamente la contrattazione collettiva in favore di quella aziendale legata all'aumento della produttività e dello sfruttamento, ma che ora la Camusso ha deciso improvvisamente che si può firmare perché "supera (sic) l'accordo di novembre in quanto agisce essenzialmente sulla leva dei premi di produttività, di qualità, di redditività e di efficienza e su quella dell'orario di lavoro".
Lo stesso vale per la decisione dei tre Direttivi confederali, presa proprio alla vigilia del 1° Maggio in spregio ad ogni regola di democrazia sindacale, senza un documento scritto da sottoporre preventivamente alla consultazione di base, di sottoscrivere l'accordo sulla rappresentanza sindacale, siglato poi il 6 maggio con la Confindustria. Un protocollo che mira a blindare gli accordi sottoscritti dai sindacati più forti mettendo fuori legge le organizzazioni minori che non li accettano e si oppongono con lotte e scioperi. Il trattamento fascista riservato al membro del Direttivo CGIL Cremaschi, a cui è stato impedito con la violenza di intervenire per denunciare la grave decisione, la dice lunga sulla logica inciucista che dal governo Letta-Berlusconi si è subito estesa al trio collaborazionista Camusso-Bonanni-Angeletti.
La forzatura della partecipazione di rappresentanti padronali a manifestazioni del 1° Maggio rientra perciò in pieno in questa logica inciucista, e anche per questo è giusto e sacrosanto da parte dei lavoratori opporvisi con decisione, stroncandola sul nascere prima che da eccezione diventi una consuetudine e infine una regola, come certo si sono proposti di fare i crumiri sindacali e i rinnegati del PD alleati col neoduce Berlusconi.

8 maggio 2013