Primo passo verso la netta separazione fra istruzione liceale e formazione professionale
No all'accordo quadro sulla scuola tra governo e regioni
Gli istituti tecnici e professionali in mano alle Regioni e alle borghesie locali. A partire dal prossimo anno scolastico aule trasformate in fucine per fornire manodopera gratuita ai padroni

In attesa dell'emanazione dei decreti attuativi della legge delega al governo n.53 del 28 marzo 2003 per la definizione delle "norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale" con cui il governo del neoduce Berlusconi ha dato il via libera alla controriforma scolastica neofascista, classista, meritocratica, aziendalista e federalista elaborata dalla Thatcher di viale Trastevere Letizia Moratti, il 20 giugno la Conferenza Unificata Stato Regioni Autonomie Locali ha approvato, con l'avallo dei sindacati confederali di categoria Cgil, Cisl e Uil, l'accordo quadro per la realizzazione, a partire dal prossimo anno scolastico 2003-2004, dell'odioso sistema di alternanza scuola lavoro di cui all'articolo 4 della controriforma Moratti.
Tale accordo pone le basi per la netta separazione fra il sistema dei licei, riservati solo ai figli della borghesia, e l'istruzione e la formazione professionale in cui saranno invece confinati i figli del proletariato. Infatti l'accordo quadro prevede già dal prossimo settembre il passaggio degli istituti tecnici e dei professionali alle Regioni. Tale passaggio è già in una fase abbastanza avanzata (alcune regioni come l'Emilia-Romagna hanno già varato leggi regionali ad hoc mentre Toscana e Marche sono in procinto di farlo) e a breve tutto sarà regolamentato da 20 specifici accordi fra governo e singole Regioni. Il risultato sarà una frammentazione dell'istruzione professionale nazionale in 20 diversi sistemi regionali. Gli istituti tecnici e professionali saranno fusi con gli Enti di formazione professionale privati e saranno gestiti dalle borghesie locali e dal padronato con tutte le nefaste conseguenze che ciò comporta come abbiamo più volte denunciato sul nostro giornale (cfr. numeri 14/2003 e 7/2002).
Col pretesto di porre rimedio al vuoto legislativo venutosi a creare in seguito all'approvazione della legge Moratti che, da un lato, ha abrogato la precedente legge n. 9/99, e, dall'altro, ha di fatto abolito l'obbligo scolastico col rischio che almeno 40 mila ragazzi a partire dal prossimo anno scolastico abbandonino la scuola, governo Regioni e Autonomie locali hanno approfittato dell'occasione per accelerare i tempi dell'attuazione della controriforma Moratti siglando un accordo quadro che introduce in maniera "sperimentale" l'alternanza scuola-lavoro nell'ordinamento scolastico italiano con l'obiettivo, è scritto al punto 1, di: "una efficace e mirata azione di prevenzione, contrasto e recupero degli insuccessi, della dispersione scolastica e formativa e degli abbandoni". A tal proposito, è scritto ancora nel documento: "occorre individuare modelli di innovazione didattica, metodologica e organizzativa che coinvolgano l'istruzione e la formazione professionale, rispettando e valorizzando il ruolo delle istituzioni scolastiche autonome e quello delle strutture formative accreditate". Inoltre al punto 2 si considera "opportuno attivare, in via sperimentale, percorsi di istruzione e formazione professionale - rivolti alle ragazze e ai ragazzi che, concluso il primo ciclo di studi, manifestino la volontà di accedervi - caratterizzati da curricoli formativi e da modelli organizzativi volti a consolidare e ad innalzare il livello delle competenze di base, a sostenere i processi di scelta dello studente in ingresso, in itinere ed in uscita dai percorsi formativi e la sua conoscenza del mondo del lavoro".
In realtà l'accordo quadro non attiva nessun strumento utile a ridurre la dispersione scolastica che in Italia tocca percentuali molto al di sopra della media dei Paesi europei. Esso recepisce in pieno i contenuti del "Documento di proposta per la sperimentazione dell'alternanza scuola lavoro" presentato da Confindustria durante il convegno nazionale svoltosi il 14 maggio scorso a Lucca fra Miur e l'organizzazione padronale e punta a trasformare gli istituti tecnici e professionali in scuole-azienda da cui i padroni potranno attingere mano d'opera giovane, gratis e senza alcuna tutela sindacale sia per chi in questo sistema sarà chiamato a lavorarci (docenti e tutor aziendali) sia per chi (studenti) spera con questo sistema di trovare un'occupazione futura. Le aule diventeranno reparti produttivi dove gli studenti figli dei lavoratori e delle famiglie più povere saranno fortemente penalizzati e saranno addestrati a diventare un esercito di soldatini docili e obbedienti, flessibili, precari, adattabili, pronti a garantire lauti profitti ai capitalisti e plasmati a svolgere al meglio le proprie mansioni.
Non a caso l'accordo quadro prevede fra l'altro uno stretto coordinamento fra la decretazione di attuazione della controriforma scolastica della Moratti e la legge n.30 del 2003 sulla deregolamentazione del "mercato del lavoro". In quest'ambito è previsto anche uno scambio tra docenti compresi nelle dotazioni organiche delle scuole e operatori della formazione professionale con una quasi certa riduzione di organico a sfavore dei primi.
Il costo di tutto ciò sarà a totale carico del governo che: "si impegna ad assumere le iniziative più utili, anche con apposite previsioni normative nel bilancio e nella legge Finanziaria 2004, garantendo, comunque, il completamento delle attività iniziate, a stanziare le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione dei citati percorsi alternanza scuola lavoro".
Da ciò si evince anche il carattere vincolante e strategico di questo accordo che fissa per tutto il prossimo triennio le linee guida entro cui sviluppare l'alternanza scuola lavoro.
"Tale modalità didattica - si legge infatti nel già citato documento di Confindustria - avrà di norma durata biennale nei percorsi di tre anni (corso di qualifica professionale, ndr) e durata triennale nei percorsi di 4 o 5 anni (nei licei tecnologici, ndr)".
Dunque l'accordo quadro ha ben poco di "sperimentale" dal momento che recepisce in pieno le indicazioni di Confindustria e al punto 3 stabilisce che la prima fra le caratteristiche comuni che "tali percorsi sperimentali" devono avere riguarda proprio i tempi di applicazione di questa "sperimentazione" che, è scritto testualmente, deve: "avere durata almeno triennale". è chiaro che la parola "sperimentale" più volte ripetuta nel testo dell'accordo è in realtà priva di ogni significato pratico ed è utilizzata invece per mascherare l'assetto definitivo di questo accordo quadro che rischia di predeterminare il contenuto di tutta la successiva decretazione. Insomma un piccolo aggiustamento di forma per accontentare i sindacati di categoria e in particolare la Cgil che nell'ultimo incontro col Miur del 18 giugno scorso aveva chiesto una distinzione netta fra il carattere "emergenziale" di questo accordo (che doveva servire solo a tamponare la situazione del momento) distinguendolo nettamente dai contenuti dell'emanando decreto attuativo sul diritto dovere dell'istruzione.
Tradotto in parole povere ciò significa che d'ora in avanti dopo l'esame di terza media, cioè al termine del primo ciclo e a 13-14 anni di età, lo studente non è più obbligato ad andare a scuola e, se vuole, può conseguire un diploma o una qualifica in alternanza scuola/lavoro che, a differenza dell'apprendistato, non costituisce rapporto individuale di lavoro, non ha una base contrattuale e quindi non comporta nessun onere per le aziende che se ne avvalgono.
Non che finora la scuola borghese aiutasse i figli del popolo e fosse un modello positivo per le masse giovanili, non che finora il padronato e la Chiesa non la influenzassero pesantemente. Solo che si trattava di un'influenza indiretta, realizzata attraverso l'ideologia dominante che permea i programmi, le strutture e il personale docente.
Ora invece il padronato, il clero e le borghesie locali, attraverso la regionalizzazione della formazione professionale, avranno mano libera e il controllo pieno e diretto sull'istruzione e l'Italia imperialista disporrà delle migliori condizioni per lanciarsi nella "competizione globale dei mercati".
Mentre di fatto solo ai più ricchi sarà concesso il privilegio di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione, formare i futuri quadri e politicanti della classe dominante per perpetuare il dominio della borghesia.