Napolitano vuol salvare il delinquente n. 1
Amnistia e indulto ma non per Berlusconi
Occorre una riforma generale del sistema carcerario

Il "premio" promesso da Napolitano a Berlusconi per aver rinunciato a far cadere il governo delle "larghe intese" è puntualmente arrivato, con il messaggio inviato dal Quirinale l'8 ottobre alle Camere per sollecitare quel "provvedimento di clemenza, di indulto e amnistia" che aveva invocato dal carcere di Poggioreale, guarda caso proprio alla vigilia del voto di fiducia in parlamento, annunciando che il messaggio era già pronto e che aspettava solo che il clima politico si fosse "svelenito" per inviarla. Un evidente segnale lanciato al neoduce che il nuovo Vittorio Emanuele III non lo lasciava solo in balia della giustizia, che stava esplorando tutte le vie possibili per salvarlo dalle grinfie dei pm, a patto però che rinunciasse a far saltare Letta e la legislatura appena iniziata, e consentisse al governo in carica di vivere ancora, possibilmente fino al compimento del semestre di presidenza italiana della Ue.
A questo scopo Napolitano non ha esitato a strumentalizzare sapientemente un problema reale, quello dello spaventoso sovraffollamento delle carceri e delle condizioni barbare e disumane in cui sono costretti a vivere i 65.000 detenuti, a fronte di una capienza massima di 47.000 persone, tanto che - come sottolinea il messaggio di Napolitano per dare una scadenza perentoria al parlamento - sull'Italia pende una procedura di infrazione per violazione dei diritti umani da parte della Corte di Strasburgo, che ha dato tempo fino al 28 maggio 2014 per mettersi in regola con i parametri europei.
Un problema indubbiamente drammatico, che dopo l'indulto del 2006, i cui effetti sul sovraffollamento delle carceri erano stati di breve durata, era stato regolarmente ignorato dai governi che si sono succeduti da allora, e in particolare dall'ex ministro della Giustiza Alfano in carica per ben quattro anni, ma che viene improvvisamente "riscoperto" per l'appunto solo dopo la condanna di Berlusconi per frode fiscale e la guerra da lui scatenata per evitare la decadenza da parlamentare .
Non per nulla i legali del delinquente n. 1 e i parlamentari del PDL hanno accolto con parole di giubilo l'intervento del Quirinale e si sono immediatamente messi al lavoro per vedere come sfruttarlo a vantaggio del loro capo. Gli appigli, nel messaggio di Napolitano, non mancano. Per ridurre il numero dei detenuti, infatti, il capo dello Stato suggerisce al governo e al parlamento, oltre all'ovvio ampliamento della capienza degli istituti di pena e una "incisiva depenalizzazione dei reati", anche diverse proposte che potrebbero adattarsi alle esigenze di Berlusconi: sia immediate, come quella di evitare la decadenza da parlamentare, sia future, come quelle di un possibile mandato di arresto e di altre condanne per i processi e le inchieste che pendono ancora sul suo capo.
Tra queste ultime, che hanno fatto drizzare le orecchie agli avvocati di Berlusconi, c'è la proposta di "riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere", alzando per esempio l'attuale limite di pena di 5 anni per giustificare l'arresto, cosa che sembra fatta apposta per venire incontro alla paura del neoduce di essere arrestato da qualche pm non appena privato dello scudo parlamentare. Altrettanto utili, non tanto immediatamente quanto in previsione di altre sentenze di condanna, possono essere per lui le proposte suggerite da Napolitano della "possibilità per il giudice di applicare direttamente la 'messa alla prova' come pena principale"; nonché, sempre per il giudice, la possibilità di irrogare "direttamente con la sentenza di condanna la reclusione presso il domicilio".

Un segnale colto al volo da Berlusconi
Poi ci sono quelli che Napolitano chiama "rimedi straordinari" per svuotare subito le carceri, come l'indulto, che non cancella il reato ma riduce solo gli anni di pena da scontare, e l'amnistia, che invece cancella direttamente il reato, comprese anche le pene accessorie. Si tratta effettivamente di due misure necessarie e urgenti per alleggerire la situazione di invivibilità che regna nelle nostre carceri, ormai annoverate come le più incivili e degradanti d'Europa, superate di poco solo dalla Grecia, tanto che i suicidi e le morti sospette si susseguono ormai al ritmo di una decina al mese. In teoria queste due misure non dovrebbero aver nulla a che vedere con Berlusconi, e per molte ragioni: primo perché non si vede cosa c'entri lui col problema dell'affollamento delle carceri, dato che non andrà in carcere per via dell'età, e poi ha chiesto l'affidamento ai servizi sociali. Secondo perché a detta di Napolitano l'amnistia non dovrebbe riguardare reati di "rilevante gravità e allarme sociale", e quelli a carico del neoduce come la frode e l'evasione fiscale, la concussione, la prostituzione minorile, invece lo sono. Terzo perché ha già usufruito di un indulto, che gli ha cancellato tre anni di condanna su quattro. E in ogni caso l'indulto non potrebbe valere per l'interdizione dai pubblici uffici.
Eppure invece Berlusconi e i suoi tirapiedi hanno subito preso la palla al balzo e ci stanno puntando alla grande, come dimostra il disegno di legge presentato immediatamente in commissione Giustizia del Senato, presieduta da Nitto Palma, dal solito "gregario" di turno, tale senatore Lucio Barani del gruppo fiancheggiatore Grandi autonomie e libertà (GAL): un ddl cucito su misura per il neoduce, che prevede l'amnistia per tutti i reati puniti fino a 6 anni e l'indulto fino a 5, quest'ultimo applicabile anche ai recidivi ed esteso anche alle pene accessorie. E già che ci siamo, applicabile anche ai mafiosi in misura fino ad 8 anni se divulgano fatti relativi a reati commessi durante la loro partecipazione a organizzazioni criminali.
Ma questo non è l'unico, anche se il più sfacciato, cavallo di Troia per far passare un salvacondotto a Berlusconi insieme a indulto e amnistia. Ce ne sono altri, già depositati precedentemente in Commissione, come uno firmato del senatore del gruppo misto Luigi Compagna (che già nella scorsa legislatura come senatore PDL cercò di far passare un emendamento "salva Silvio"), insieme ai PD Luigi Manconi, Paolo Corsini e Mario Tronti, che fra l'altro concede l'indulto per intero anche per le pene accessorie temporanee a chi ne ha già usufruito anche in parte, come appunto Berlusconi. E ce n'è un altro fotocopia, firmato solo da Manconi e Compagna, mentre alla Camera ce n'è uno simile, sempre con pene accessorie indultabili, a firma del prodiano del PD Sandro Gozi.

Arma di ricatto per il delinquente n. 1
Ovviamente le rassicurazioni di esponenti del PD, a cominciare da Epifani e Letta, che l'intervento di Napolitano non è pensato per Berlusconi e che mai il PD accetterebbe di votare provvedimenti di indulto e amnistia che includessero anche il leader PDL, si sprecano. E a conforto di questa tesi citano il fatto che tali provvedimenti necessitano di una maggioranza molto ampia, i due terzi del parlamento, per passare. E invece proprio su questo punto intende far leva la strategia del delinquente di Arcore, dato che se da una parte la maggioranza delle "larghe intese" (più SEL, che è favorevole per principio) potrebbe bastare per superare tale quorum, dall'altra il rifiuto del PDL di votare un provvedimento di indulto e amnistia che non includa anche Berlusconi potrebbe bastare a far naufragare l'intera iniziativa "umanitaria" sollecitata da Napolitano.
Il nuovo Vittorio Emanuele III ha messo insomma in mano a Berlusconi un'arma di ricatto formidabile, e non a caso i suoi legali hanno aperto la procedura per l'affidamento ai servizi sociali proprio un attimo prima dell'invio del messaggio al parlamento: tale procedura infatti richiederà alcuni mesi, magari giusto quelli richiesti per l'approvazione dell'amnistia. E, sempre non a caso, Nitto Palma ha fatto in modo di avocare e incardinare al Senato tutti i disegni di legge riguardanti la materia, il ramo del parlamento dove i voti del PDL hanno un peso maggiore per approvare qualsiasi provvedimento. D'altra parte, come ha ribattuto il ministro delle Riforme costituzionali Quagliariello (PDL) alla ministra della Giustizia Cancellieri, che senza molta convinzione aveva dichiarato l'amnistia "inapplicabile" a Berlusconi, "non si può scrivere una legge applicabile a tutti tranne che al cittadino Berlusconi". Tesi del resto avallata anche da Letta nel suo discorso per la fiducia, in cui aveva assicurato che non ci devono essere leggi "pro'" ma neanche "contro" Berlusconi.
Ma nel messaggio di Napolitano c'è ancora dell'altro e di più che ha offerto in "premio" a Berlusconi e al PDL in cambio di aver "svelenito il clima", ed è l'esortazione al parlamento ad affrontare subito il tema della controriforma della giustizia, utilizzando come coordinate le proposte fornite dalla commissione di "saggi" da lui istituita il 31 marzo. Tra le quali ci sono anche quelle da sempre cavalli di battaglia del neoduce, come la legge-bavaglio sulle intercettazioni e sulla loro divulgazione, la restrizione della durata delle indagini preliminari, un più stretto controllo sui provvedimenti cautelari, vincoli temporali all'esercizio dell'azione penale, l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione e la responsabilità civile dei giudici. E difatti la "riforma" della giustizia, che non faceva parte del programma di governo, è stata subito reclamata dal PDL come un tema da trattare contestualmente a quello urgente delle carceri. Vale per tutte questa dichiarazione trionfante dell'ex ministra Gelmini: "Il capo dello Stato ha messo con forza la riforma della giustizia sul tavolo, dicendo quello che noi andiamo sostenendo da anni. Ora la riforma della giustizia deve diventare la priorità del governo Letta".

Soluzioni urgenti per le carceri, senza favorire il neoduce
Tutto ciò non significa tuttavia che una riforma generale del sistema carcerario non sia ormai indifferibile, e che non siano necessari e urgenti provvedimenti legislativi e straordinari per risolvere la drammatica situazione delle carceri, ma semmai occorre esigere e vigilare affinché attraverso di essi non si tenti di far passare strumentalmente un salvacondotto per il delinquente di Arcore e i tanti altri corrotti, ladri e mafiosi. Peggio ancora se insieme a una controriforma neofascista per mettere il morso alla magistratura. Da amnistia e indulto devono essere perciò tassativamente esclusi la frode e l'evasione fiscale, i reati finanziari, la corruzione, la concussione, il peculato e in generale tutti i reati commessi non solo da Berlusconi, ma da tutti i politicanti borghesi ladri e corrotti.
Tenuto conto poi che una gran parte di detenuti sono tossicodipendenti e piccoli spacciatori, mentre un'altra gran parte sono extracomunitari, come indica il Programma d'Azione del PMLI oltre all'indulto e all'amnistia a beneficio dei detenuti condannati per reati minori fino a 4 anni occorre approvare rapidamente una effettiva depenalizzazione dei reati minori, da scontare con pene alternative: a cominciare dall'abolizione di leggi infami come la Fini-Giovanardi sulla droga, che equipara le droghe leggere alle pesanti, con pene da 6 a 20 anni di reclusione e che tiene in carcere ben 26 mila detenuti su 65 mila, e la Bossi-Fini sull'immigrazione, che crea veri e propri lager come i Cie, intasa inutilmente i tribunali e colpisce anche chi presta soccorso ai cosiddetti "clandestini".
Occorre inoltre che si proceda subito alla costruzione di nuove carceri e alla immediata messa in funzione di quelle già costruite e mai utilizzate, assumendo subito tutto il personale necessario, per sfoltire gli istituti più congestionati e per assicurare civili condizioni di vita alle detenute e ai detenuti, non solo per scontare la pena in maniera non disumana e umiliante come adesso, ma anche per favorire tutte quelle attività volte al loro recupero sociale.

16 ottobre 2013