In difesa della libertà di stampa
No all'arresto di Sallusti, nemico del PMLI
Ma perché quando toccò al PMLI nessuno disse una parola?
I reati di opinione vanno aboliti

La Corte di cassazione ha confermato la condanna a 14 mesi di reclusione per Alessandro Sallusti giudicato colpevole di aver scritto "il falso" diffamando il giudice torinese Giuseppe Cocilovo. Il reato risale al 18 febbraio 2007 quando il quotidiano Libero, allora diretto da Sallusti, pubblicò un articolo anonimo a firma Dreyfus nel quale si affermava il falso e cioè che Cocilovo aveva "ordinato" a una ragazzina di 13 anni, l'"aborto coattivo". Nello stesso articolo si aggiungeva che "Se ci fosse la pena di morte, questo sarebbe il caso di applicarla: per i genitori, il ginecologo e il giudice".
Solo dopo la sentenza della Cassazione, e dopo che Vittorio Feltri (che all'epoca dei fatti era direttore editoriale di Libero) l'ha pubblicamente indicato durante una trasmissione televisiva, l'autore dell'articolo è uscito dall'anonimato. Si tratta della spia del Sismi Renato Farina, il famigerato "agente betulla" implicato per favoreggiamento nella vicenda del rapimento di Abu Omar da parte della Cia, espulso dall'Ordine dei giornalisti e oggi deputato del PDL. Sallusti, che ha sempre coperto l'anonimato del suo compare Farina, è stato condannato in quanto direttore responsabile. La pena detentiva è stata sospesa per trenta giorni come prevede il codice, per dare la possibilità a chi non ha cumuli di pena né recidive di richiedere al tribunale di sorveglianza una misura alternativa: affidamento in prova ai servizi sociali, detenzione domiciliare o semilibertà. Per ora Sallusti ha sprezzantemente scartato solo la prima soluzione e quindi non sappiamo se poi effettivamente andrà in carcere.
Comunque sia, diciamo subito che noi siamo contrari all'arresto di Sallusti. Lo siamo per una questione di principio e perché vogliamo difendere ad ogni costo la libertà di stampa, di espressione e di informazione. Perché siamo contrari al fatto che i reati di opinione e i reati di diffamazione, specie in buona fede (e non è questo il caso di Sallusti) possano essere puniti col carcere. Perché riteniamo intollerabile che sia il direttore responsabile di un giornale a pagare, per ciò che non ha scritto ma solo per "mancato controllo", da 1 a 5 anni di carcere come stabilisce attualmente la legge.
Siamo contrari all'arresto di Sallusti nonostante egli sia da sempre un nemico giurato del PMLI. Non possiamo certo scordare che era direttore di Libero quando il quotidiano del 29 ottobre del 2002, insieme a La Padania di Bossi e a L'opinione della libertà di Diaconale, pubblicò un provocatorio e diffamatorio articolo di Dimitri Buffa nel quale si accusava il PMLI di legami col terrorismo islamico e Bin Laden e di azioni provocatorie nei confronti del movimento no global in combutta con i nazisti e il "fondamentalismo islamico". Proprio in questi giorni, per il contenuto assolutamente falso e gravemente diffamatorio, Sallusti è stato confermato colpevole in appello dal tribunale civile di Milano.
Un livore anti-PMLI che Sallusti ha confermato ancora una volta, come direttore de Il Giornale, quando il 7 settembre scorso ha pubblicato un bilioso e provocatorio articolo firmato F. Bos (alias Fausto Biloslavo), in cui attacca la commemorazione di Mao organizzata dal Comitato centrale del PMLI a Firenze due giorni dopo.

Ipocrisia di Sallusti
Non siamo però disposti ad assecondare lo sporco gioco di Sallusti che si presenta come una vittima sacrificale (forse con obiettivi elettorali?) e fa passare il giudice Cocilovo e i magistrati che l'hanno condannato come i suoi carnefici. È paradossale che in croce si metta lui che dalle colonne del suo giornale ha affermato deliberatamente e reiteratamente il falso e invocato persino la pena di morte.
Il magistrato torinese che l'ha denunciato aveva ragioni da vendere. Sallusti non ha pubblicato un'opinione, ma una menzogna. È risaputo che il giudice tutelare per legge può solo autorizzare e non imporre l'aborto per una minorenne che gli si rivolge perché non può o non vuole ottenere tale autorizzazione dai genitori. Cocilovo, fra l'altro, aveva chiesto semplicemente a Sallusti di pubblicare una smentita e la vicenda sarebbe finita lì. Ma il direttore de Il Giornale gli ha risposto picche affermando che la notizia era vera. Alla vigilia della sentenza di cassazione, i legali di Cocilovo avevano proposto una transazione di 20 mila euro da versare direttamente in beneficienza per ritirare la querela ed evitargli il carcere. Ma anche in questo caso Sallusti ha risposto picche. E non ci venga a dire che l'ha fatto per riaffermare un principio di libertà.

Silenzio agghiacciante sui processi al PMLI e a "Il Bolscevico"
Dov'era quando questo principio veniva violato e calpestato processando e condannando per reati di opinione il PMLI, "Il Bolscevico", suo organo, e i suoi dirigenti?
Dov'erano gli editori e i direttori dei maggiori quotidiani, agenzia di stampa e network italiani, nonché gli esponenti della destra e della "sinistra" borghese che oggi si dicono inorriditi per la sentenza Sallusti, quando già nel 1970 Giovanni Scuderi, in qualità di Direttore responsabile de "Il Bolscevico", venne processato e condannato a 10 mesi di reclusione per propaganda sovversiva, per aver pubblicato sul giornale la posizione elettorale astensionista dei marxisti-leninisti? E quando a quello seguirono altri processi e altre condanne riguardanti la pubblicazione di altri documenti sulla strage fascista di Milano e il governo clerico-fascista Andreotti?
Nessuno di costoro si indignò quando nell'86 sempre Scuderi, e l'allora Direttrice responsabile de "Il Bolscevico", Patrizia Pierattini, furono processati e condannati per "istigazione di militari alla diserzione" a seguito della pubblicazione di un discorso di Scuderi al Comitato centrale del Partito contro la politica imperialista dell'allora presidente del consiglio Craxi contro la Libia. E le loro coscienze tacquero anche quando nel '90-'91 furono processati e poi assolti in appello, Scuderi, Mino Pasca e Monica Martenghi, questi ultimi rispettivamente l'allora Direttore politico e la Direttrice responsabile de "Il Bolscevico", insieme a due suoi diffusori, per "istigazione alla diserzione e alla disobbedienza militare" per aver propagandato la parola d'ordine "disertare, non sparare, ribellarsi", durante la prima guerra contro l'Iraq.
In tutti questi casi si trattava effettivamente di "reati di opinione", di un liberticida e fascista attacco al diritto di stampa e di informazione. E mai abbiamo fatto del vittimismo, ma abbiamo denunciato con forza sul piano politico quanto stava accadendo e ci siamo battuti sul piano giudiziario per affermare la libertà di opinione e di stampa, oltreché il diritto di opporsi alla guerra imperialista.
Eppure il silenzio fu agghiacciante, rotto solo da una petizione popolare e da singole personalità democratiche e antifasciste che ci espressero, senza alcun eco sui mass media, la loro solidarietà.
Oggi al fianco di Sallusti è sceso in campo persino il rinnegato Napolitano che andando ben oltre le sue competenze e svolgendo un ruolo quasi intimidatorio verso la Cassazione, ha prima avvisato che avrebbe seguito in prima persona tutto l'iter giudiziario della vicenda e poi ha assicurato che "esaminerà con attenzione la sentenza", lasciando fra l'altro intendere di essere disposto a concedere la grazia.

Libertà di stampa e diffamazione
Siamo anche molto perplessi sulla reale volontà oggi tanto sbandierata dal governo Monti e dalla ministra Severino nonché dalle forze politiche parlamentari borghesi di abolire il "reato di opinione" e le norme fasciste che lo regolano e soffocano la libertà di stampa e di informazione. Sono norme contenute nel codice mussoliniano e hanno avuto più di sessant'anni per abolirle e non l'hanno fatto. Anzi, al contrario, sono state riproposte anche recentemente norme come la legge bavaglio sulle intercettazioni che mortificano e calpestano ulteriormente la libertà di stampa e di informazione.
Occorrono nuove norme che regolino il rapporto fra libertà di stampa e tutela di chi si reputa diffamato. Anche la sostituzione del carcere con la multa favorirebbe solo l'informazione di regime in mano ai potenti e ai ricchi. In caso di notizie false e di diffamazione basterebbe esigere la immediata rettifica e solo in caso di rifiuto ammettere la denuncia e la querela.
Altro discorso sono i reati di opinione che vanno integralmente aboliti. Anche se sappiamo benissimo che libertà di stampa e di informazione mai si coniugano con il sistema capitalistico e il potere della classe dominante borghese.

3 ottobre 2012