Lo afferma il Comitato NoExpo
Non faremo sconti nemmeno a Pisapia sul partito del mattone

"Il Comitato NoExpo non ha sostenuto alcun candidato alle elezioni comunali e non farà nessuno sconto di conflittualità". Per Luca Trada, portavoce del movimento contro il partito del mattone, è terminata da un pezzo l'era delle illusioni elettoralistiche. Non siamo "merce da teatrino elettorale", aveva precisato fin dall'inizio della campagna elettorale il Comitato NoExpo mettendo in chiaro che Pisapia non era e non è certo il "candidato dei No Expo". Ciò resta ancora più vero, naturalmente, dopo la vittoria del neopodestà vendoliano, vagheggiatore di un illusorio e improbabile Expo dal "volto umano" che si riallinei al tema originale dell'evento, "feed the planet" ("nutrire il pianeta").
In verità di Expo, al di là delle visioni e delle suggestioni di Pisapia, ce n'è uno solo, come dimostra l'approvazione già pervenuta del Bie (Bureau of International Expositions), ed è il grande business che serve a nutrire soltanto l'affarismo della borghesia. "Difficile che il Bie accetterà un'inversione di rotta", avverte il Comitato NoExpo, "rispetto all'Expo di marca Moratti". Anche perché il partito del mattone è saldamente presente anche nel "centro-sinistra". C'è infatti "un'ampia fetta del Partito Democratico per il quale l'Expo va fatto necessariamente sulle aree individuate dalla Moratti", rinfresca la memoria ai troppi smemorati Trada. "Noi non dimentichiamo, ad esempio, che il PD in consiglio ha votato l'accordo di programma proposto dal centrodestra su Cascina Merlata". Senza contare, poi, che Pisapia sull'Expo avrebbe intenzione di coinvolgere in prima persona l'archistar Stefano Boeri, il candidato pro Expo da lui sconfitto nelle primarie del "centro-sinistra". Meglio sarebbe, avverte il Comitato, "che Boeri sia tenuto lontano dall'affaire Expo".
Per un Expo che guardi all'interesse della città, suggerisce il Comitato NoExpo, bisognerebbe in primo luogo "abrogare il Piano di governo del territorio da 18 milioni di metri cubi di nuove costruzione entro il 2013 per un business di 70 miliardi di euro". Cosa che Pisapia ha già dichiarato di guardarsi bene dal fare, essendo intenzionato a non andare oltre a delle semplici operazioni di cosmesi in coordinamento con il solito Boeri. In secondo luogo, "aprire a un modello partecipato non solo di gestione, ma di pensiero sulla città".
Anche questo, però, è lontano dalle intenzioni di Pisapia, che dichiara sì di essere aperto a momenti di "democrazia partecipata" ma solo a un livello consultativo, senza però essere disposto a mettere in discussione le consuete liturgie della "democrazia" rappresentativa e indiretta che assicura il dominio degli interessi borghesi su quelli delle masse popolari. Soprattutto in una città come Milano, dove il peso del mattone nell'economia della città, sempre da tirare a lustro e oggi per di più alle prese con l'improponibile sviluppo verticale dato dai nuovi grattacieli, è sempre stato centrale.
Come ricorda un vecchio modo di dire: se tira l'edilizia, tira tutta l'economia. Alla luce di questi fatti e del peso riservato a Boeri, nei prossimi anni a Milano magari cambieranno gli attori, magari si spruzzerà di verde il cemento, ma si continuerà a costruire. Di certo sarà impossibile che Milano, la città del terziario avanzato, diventi in futuro nota come città dell' "agricoltura di prossimità", come ha pomposamente proclamato Pisapia.
Dietro le illusioni partecipative ed ecologiste vendute alle masse dalla "sinistra" borghese riformista e che il nome di Pisapia sta portando con sé, in realtà con l'elezione del nuovo neopodestà, che si richiama come modello della propria giunta alle esperienze sciagurate del "socialismo" municipale milanese, borghese e craxiano, si passa, sottolinea il Comitato NoExpo, dall'Expo "del centrodestra più Comunione e Liberazione più Moratti", a quello "del Partito Democratico più cooperative più Boeri". Insomma, dalla padella alla brace.

8 giugno 2011