No all'invio della forza militare inter-africana in Mali
Gli Usa pronti ad appoggiare l'intervento autorizzato dall'Onu su proposta della Francia di Hollande

Il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha approvato all'unanimità una inaccettabile risoluzione che apre la strada a un intervento militare internazionale nel Mali per permettere al governo di Bamako di riprendere il controllo delle regioni del nord che hanno proclamato l'indipendenza. Nella risoluzione votata il 13 ottobre, il Consiglio Onu ha dato 45 giorni di tempo alle organizzazioni internazionali che sarebbero coinvolte, in particolare all'organizzazione dei Paesi dell'Africa occidentale Ecowas (Economic Community of west african States, nella sigla inglese) che comprendente 15 paesi, di preparare i piani di intervento e ha chiesto ai membri delle Nazioni unite di fornire "assistenza, addestramento e aiuto logistico" alle forze armate maliane per aiutarle a riconquistare la parte nord del paese. La risoluzione esprime inoltre un allarme per "le infiltrazioni" nella zona di "militanti di al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi)", che nelle intenzioni dei paesi imperialisti apporrebbe il sigillo della legalità e della legittimità a un intervento illegittimo. La risoluzione a favore di un intervento Onu era stata formalmente sollecitata da una lettera del presidente a interim del Mali, Diocounda Traoré, in una lettera al segretario generale Ban Ki-moon, scritta dalla Francia e appoggiata prontamente dagli Usa. Un servizio preparato e da tempo. L'Ecowas aveva già proposto l'invio di un contingente di circa tremila uomini formato da soldati di Niger, Nigeria, Togo con 600 soldati ciascuno e Senegal, Benin e Burkina Faso con contingenti inferiori. Il Ciad ha messo a disposizione gli aerei. Costa d'Avorio, Mauritania e Liberia si sono invece tirati fuori dall'operazione così come l'Algeria che ha scelto la via diplomatica.
Comunque non ci saranno problemi, ci pensa il socialista Hollande che freme per menare le mani nella ex colonia e rafforzare la presenza della Francia imperialista nella regione, a partire dal Niger il paese da cui arriva l'uranio che alimenta le sue centrali nucleari. Non vuol lasciare campo libero ai concorrenti imperialisti americani anch'essi attivi nella regione come in tutta l'Africa. In Mali la Francia sarà in prima fila, gli Usa a supporto. Non sarà un caso che il Comando operazioni speciali (Cos) francese è giù operativo nel Sahel e ha già battezzato la sua spedizione con il nome di "Operazione Sabre", che ha il quartier generale nel Burkina Faso e coordina uomini e mezzi aerei dislocati in Mali, Niger e Mauritania. Hollande ha promesso appoggio logistico all'esercito del Mali, ovvero un appoggio militare effettivo. Obama aveva già pensato a rafforzare con finanziamenti e fornitura di attrezzature logistiche le forze armate di Mauritania e Niger mentre durante i mesi estivi i "consiglieri" americani hanno coordinato alcune esercitazioni militari di Senegal, Burkina Faso e Gambia.
La secessione delle regioni del nord del paese è nata dalla rivolta contro il governo centrale della popolazione tuareg guidata dal movimento indipendentista Mnla. La rivolta, la quarta ribellione per l'indipendenza dal 1960 quando la Francia lasciò la colonia, iniziava a gennaio e già a fine marzo portava le forze del movimento tuareg Mnla a liberare le province di Gao, Timbuctu e Kidal, considerate la culla naturale del popolo del deserto, e a proclamare la nascita di un nuovo Stato, denominato Azawad. Il Mnla assicurava di voler "rispettare i confini con gli Stati limitrofi". Francia, Usa e Ue consideravano nulla la dichiarazione di indipendenza.
Il governo di Bamako, sconfitto dagli indipendentisti tuareg, era destituito da un golpe militare che favoriva l'insediamento di Dioncounda Traore e preparava la rivincita con l'aiuto esterno. Alcune parti dell'Azawad, la città di Timbuctu e zone limitrofe, finivano sotto il controllo della formazione islamica maliana Ansar Dine. Altre formazioni islamiche mauritane e algerine hanno proprie milizie che agiscono nella regione e tanto bastava a Francia e Usa per sbandierare la necessità di combatte il "terrorismo" di matrice islamica e preparare l'intervento.
L'Onu e Romano Prodi, nominato a settembre inviato speciale delle Nazioni Unite nella regione desertica del Sahel, avrebbero fatto meglio a occuparsi dell'emergenza alimentare che colpisce la regione dove 10 milioni di persone rischiano la vita a causa della malnutrizione tra Mauritania, Burkina Faso, Ciad e Nigeria.

31 ottobre 2012