No ai nuovi provvedimenti sulle espulsioni
I cittadini dell'Unione europea espulsi immediatamente per motivi di "sicurezza" o per sospetto terrorismo
Il 28 dicembre scorso il Consiglio dei ministri ha approvato all'unanimità il nuovo decreto espulsioni presentato dal ministro Amato, che poi è passato all'esame della commissione Affari costituzionali della Camera per la conversione in legge in parlamento. Il nuovo decreto sostituisce il precedente DL n. 181 del 1-11-2007 in scadenza il 31 dicembre, che aveva già subito una prima conversione in legge al Senato con voto di fiducia lo scorso 6 dicembre, ma che contenendo un errore formale era stato lasciato decadere per mancanza dei tempi tecnici per il nuovo passaggio a Palazzo Madama.
Il decreto n. 181 era stato adottato a tambur battente per "motivi di straordinaria necessità ed urgenza" dal governo Prodi sull'onda dell'emozione suscitata dall'omicidio di Giovanna Reggiani da parte di un immigrato rumeno e su pressione del neopodestà di Roma e leader del PD Walter Veltroni. Era stato scritto stralciando le nuove norme sull'espulsione immediata di cittadini comunitari per "motivi imperativi di pubblica sicurezza" dal pacchetto di 4 disegni di legge governativi sulla sicurezza, e andava a modificare e integrare il DL n. 30 del 6-2-2007 di attuazione della direttiva europea sul diritto di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell'Unione nel territorio degli Stati membri. In due mesi esso aveva già consentito l'espulsione immediata di 510 cittadini comunitari, in gran parte rumeni, di cui 180 per "motivi imperativi di pubblica sicurezza".
Il motivo che ha portato al suo abbandono e sostituzione con il nuovo decreto di fine dicembre è dovuto ufficialmente a un errore formale, ma in realtà è di natura prettamente politica. Al Senato, per mascherare la sua vergognosa acquiescenza alla politica neofascista, xenofoba e razzista del PD e del governo e votare il provvedimento, la "sinistra arcobaleno" aveva ottenuto alcuni emendamenti "migliorativi", di carattere più che altro formale e che comunque non ne stravolgevano certo l'impianto reazionario. Tra questi c'era una cosiddetta norma "antiomofobia" che, con riferimento al trattato di Amsterdam, poteva essere applicata contro ogni atto di discriminazione razziale, di genere o sessuale e prevedere la reclusione fino a tre anni. Questo emendamento aveva suscitato l'allarme del Vaticano che gli aveva subito sollevato contro le sue truppe di entrambi gli schieramenti parlamentari, e in particolare i "teodem" del PD che non lo hanno votato. La "teodem" Binetti non ha addirittura votato nemmeno la fiducia, e il governo Prodi è passato solo per il rotto della cuffia.
Ma "fatta la legge trovato l'inganno". L'emendamento antiomofobia, ufficialmente per una "svista", conteneva un riferimento ad un articolo sbagliato del trattato di Amsterdam, ragion per cui la sua correzione avrebbe richiesto un secondo passaggio del decreto espulsioni al Senato dopo l'approvazione alla Camera. Da cui la decisione di lasciarlo decadere e farne uno nuovo che, manco a dirlo, non contiene l'emendamento tanto odiato dai "teodem" del PD e dal Vaticano. E la "sinistra arcobaleno" che ne aveva fatto una bandiera? Si è ancora una volta calata le brache, e come foglia di fico, per coprirle le vergogne, Prodi e Amato le hanno concesso di ripescare la norma "antiomofobia" nel disegno di legge Pollastrini sulle molestie sessuali, e di riservare una "corsia preferenziale" in parlamento al disegno di legge Amato-Ferrero che dovrà sostituire la legge Bossi-Fini sull'immigrazione.

Un decreto fotocopia e anche peggio
Comunque il nuovo DL, che porta ora il n. 249/07, non è sostanzialmente diverso dal precedente. Vi sono alcuni punti "migliorativi" (nell'ambito di un provvedimento fascista e razzista!) che tengono conto degli emendamenti apportati in Senato, come la sostituzione del giudice di pace col tribunale ordinario monocratico (che comunque era un passaggio obbligato per non violare le disposizioni della Corte europea dei diritti dell'uomo), e ve ne sono altri peggiorativi, come l'aumento da 3 a 5 anni del divieto di reingresso per gli espulsi. Alcuni decisamente peggiorativi, come l'aggiunta dei "motivi di prevenzione del terrorismo" per l'allontanamento di cittadini comunitari. Infatti col nuovo DL il governo ha colto l'occasione per rinnovare e rendere permanenti, all'articolo 1, alcune norme "antiterrorismo" del decreto Pisanu del 2005, che sarebbero scadute il 31 dicembre 2007. Norme che prevedevano l'espulsione immediata di cittadini extracomunitari da parte del questore "per motivi di prevenzione del terrorismo", anche in deroga alle norme concernenti la disciplina dell'immigrazione e sulla condizione degli stranieri.
Nello stesso testo questo provvedimento fascista ripescato dal DL Pisanu è esteso anche ai cittadini comunitari e ai loro familiari (art. 3), che possono essere espulsi sulla base del semplice sospetto di avere a che fare con il terrorismo. Con questa estensione un cittadino comunitario o anche i suoi familiari possono essere espulsi su decisione del ministero dell'Interno non soltanto perché, in base al DL 30/2007, trascorsi tre mesi dal suo ingresso in Italia, non è in grado di dimostrare di avere i mezzi di sussistenza adeguati per restare; non soltanto per motivi di "ordine pubblico" e di "sicurezza dello Stato" e per "motivi imperativi di pubblica sicurezza", ma anche in base alla generica esigenza di "prevenire il terrorismo". Il che, come hanno rilevato insigni giuristi, oltre che prestarsi ad ogni abuso è anche palesemente contraddittorio e assurdo, poiché un cittadino UE deve avere lo stesso diritto di un cittadino italiano di potersi difendere in dibattimento da un'accusa di terrorismo, mentre paradossalmente un vero terrorista sarebbe avvantaggiato da un provvedimento di espulsione.
L'espulsione del cittadino comunitario sospettato di terrorismo, soggetta alla convalida del giudice monocratico, viene immediatamente eseguita dal questore. Il divieto di reingresso in Italia va da un minimo di 5 a un massimo di 10 anni. L'eventuale istanza di revoca del provvedimento non può essere presentata prima che sia trascorsa la metà della durata del divieto, e in ogni caso trascorsi almeno tre anni. A decidere sulla domanda di revoca è la stessa autorità che ha emanato il provvedimento, e l'interessato non ha diritto a rientrare in Italia per assistere al procedimento.

L'ispirazione fascista del provvedimento
A parte questa gravissima e intollerabile riproposizione ed estensione del decreto fascista Pisanu, il cuore nero del DL decaduto che il governo Prodi ha trapiantato integralmente nel nuovo provvedimento di fine anno è rappresentato dall'espulsione di cittadini comunitari e dei loro familiari "per motivi imperativi di pubblica sicurezza" (art. 4). La normativa precedente consentiva già al ministro dell'Interno di espellere cittadini UE per motivi di "ordine pubblico" e di "sicurezza dello Stato". L'introduzione del concetto di "pubblica sicurezza", tipico della legislazione del ventennio fascista (codice Rocco), con l'aggiunta dei "motivi imperativi", consente di accelerare al massimo le espulsioni in deroga ad ogni garanzia giuridica, e di attribuire tale potere ai prefetti territorialmente competenti. Al ministro rimane la competenza sui cittadini comunitari residenti da oltre 10 anni e sui minori.
I motivi sono "imperativi" quando il cittadino comunitario o un suo familiare, recita il decreto, "abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza". Una formula talmente generica e speciosa da prestarsi a qualsiasi arbitrio, e la cui palese ispirazione fascista non è per nulla attenuata dai quei tre aggettivi, "concreta, effettiva e grave", chiesti ipocritamente dalla "sinistra arcobaleno" per mascherare la mostruosità di questo articolo.
Per l'allontanamento per "motivi imperativi di pubblica sicurezza" valgono le stesse modalità e regole dei "motivi di prevenzione del terrorismo", salvo che il divieto di reingresso non può durare più di cinque anni (erano tre nel vecchio decreto). Se il divieto viene violato il cittadino è punito con la reclusione fino a tre anni, che diventano quattro nel caso di allontanamento per sospetto terrorismo (art. 5). Da notare che questo articolo, che aumenta pesantemente le pene già previste dal DL 30/2007 in caso di reingresso prima del termine (arresto da tre mesi a un anno e ammenda da 500 a 5.000 euro), era stato cassato in Senato, e ora è stato non solo reintrodotto ma ulteriormente appesantito per sospetto terrorismo.
Se il cittadino comunitario colpito da provvedimento di espulsione è sottoposto a procedimento penale, nell'attesa del nulla osta del giudice viene "trattenuto" in "strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea", vale a dire internato nei famigerati CPT insieme agli immigrati extracomunitari clandestini. Contro l'allontanamento (art. 7) si può presentare ricorso (al Tar del Lazio per quelli decisi dal ministro, al tribunale monocratico territoriale per quelli decisi dal prefetto). Il ricorso può essere accompagnato da istanza di sospensione dell'esecuzione, che però non sospende il provvedimento stesso, che continua a fare il suo corso.
Che cosa aggiungere a commento di questo decreto fascista, xenofobo e razzista che ricorda sinistramente le leggi razziali di Mussolini del 1938? Quantomeno va rilevata la sua stridente contraddizione con i dati sulla criminalità nel secondo semestre 2007 forniti dallo stesso Amato nella conferenza stampa di illustrazione del decreto, che sono per sua stessa ammissione "complessivamente diminuiti in diversi ambiti". E allora come si giustifica la "necessità e l'urgenza" del decreto espulsioni, se non come un'infame e squallida operazione di propaganda politica del Partito democratico di Veltroni e del governo Prodi per procacciarsi nell'elettorato più retrivo e di destra i consensi che stanno rapidamente perdendo in quello progressista e di sinistra?

30 gennaio 2008