(Discorso di Scuderi al dibattito organizzato dalla Cellula ``Vesuvio Rosso'' di Napoli del PMLI il 9 Aprile 1999)

Votiamo un ``No'' rosso antifascista e antimperialista
Chiediamo lo sciopero generale contro l'aggressione imperialista alla Serbia e la ``pulizia etnica'' di Milosevic

Compagne e compagni, amiche e amici,

buona sera e benvenuti. In particolare agli ammirevoli compagne e compagni riardesi. Per me è sempre un piacere incontrarmi con voi. Perciò ringrazio l'Ufficio politico del Partito che mi ha dato questo incarico e i compagni napoletani che con grande generosità e spirito di sacrificio hanno organizzato il dibattito. Colgo l'occasione per ringraziare tutti i simpatizzanti napoletani che hanno inviato il loro apprezzato saluto al 4° Congresso nazionale del PMLI. Prima di ascoltare i vostri interventi, vorrei dirvi alcune cose.
Anzitutto esprimo la forte solidarietà del PMLI alla Cellula "Vesuvio Rosso'' diretta brillantemente dal compagno Francesco Vigorito per l'attentato terroristico intimidatorio di stampo fascista che tendeva a distruggere la nostra sede di Napoli. Ai mandanti e agli esecutori di questo vile attentato, a qualunque centrale governativa, istituzionale e partitica essi appartengano, vogliamo dire che non si facciano soverchie illusioni. Non ce la faranno mai ad arrestare la travolgente azione dei marxisti-leninisti napoletani. L'atteggiamento con cui essi reagiscono agli attacchi, alle provocazioni, alle aggressioni e alla repressione dei nemici di classe e la loro instancabile attività in difesa dei diritti delle masse popolari costituiscono una fonte di ispirazione e un grande incoraggiamento per tutto il Partito a superare di slancio qualsiasi ostacolo che incontriamo nella lotta di classe.
La nostra forte solidarietà di classe va anche ai disoccupati, ai Lsu, ai precari, ai senza casa, ai tranvieri del Ctp, al Collettivo "Studenti di giurisprudenza in lotta'' e agli ``studenti e ai lavoratori contro la privatizzazione di Università e sanità del II policlinico di Napoli''. Le loro coraggiose lotte costituiscono un esempio per l'intero proletariato e per tutte le masse italiane che vogliono battersi per il lavoro, la casa, la sanità e la scuola pubbliche e gratuite.
A Napoli c'è troppa disoccupazione, troppa fame di case, troppa miseria, e tutto ciò non si può risolvere né con l'assistenzialismo, né col precariato e la ``flessibilità'', men che mai col manganello, tanto in voga ai tempi di Mussolini, Scelba e Tambroni e che oggi piace tanto a D'Alema, Jervolino e Bassolino. Stiano però ben attenti costoro. Non ci sono solo i manganelli neri, ne esistono anche rossi. E nello scontro alla fine prevalgono sempre i rossi.
Il fatto inconfutabile che Bassolino non sia riuscito ad arrestare la disoccupazione e la miseria, che anzi sono in costante aumento, segna il fallimento dell'amministrazione di ``centro sinistra'' di Napoli. E la cosa è tanto più grave se si considera che questa coalizione politica ha in mano anche il governo della provincia e della regione campana, nonché quello centrale, in cui Bassolino è addirittura il ministro del lavoro. Ciò conferma che nella società capitalistica chiunque sia al governo non può che fare gli interessi della borghesia.
 
IL NOSTRO ``NO'' AL REFERENDUM
Attualmente le varie fazioni borghesi si scontrano su tutti i piani per ottenere l'egemonia della seconda repubblica. Questo scontro avviene anche sul sistema elettorale. Entrambi gli schieramenti, quello di ``centro sinistra'' con l'appendice del PRC e quello di ``centro destra'', sono d'accordo per un sistema elettorale che consenta la vittoria dell'uno o dell'altro ma in disaccordo sulle modalità, poiché ciascuno di essi vorrebbe un meccanismo che gli assicurasse in partenza la vittoria.
Per tagliare la testa al toro, buttare all'aria i vecchi partiti parlamentari, ricreare una nuova situazione parlamentare e governativa, Segni, Di Pietro, Occhetto e Abete, a cui successivamente si sono accodati Fini, Prodi e Casini, hanno escogitato il referendum del 18 aprile la cui vittoria toglierà il residuo proporzionale che è rimasto nella vigente legge elettorale.
I DS non sono d'accordo col disegno politico che sta dietro a questo referendum, tuttavia voteranno ``sì'' assieme ai fascisti di AN e a Forza Italia poiché con essi hanno in comune la scelta del sistema elettorale maggioritario e uninominale e l'obiettivo di eliminare i partiti più piccoli che non accettano di entrare nelle coalizioni o di dar loro un ruolo marginale, definito ``diritto di tribuna''.
Su quale però debba essere la nuova legge elettorale non esiste ancora alcun accordo tra ``centro sinistra'' e ``centro destra''. In parlamento giacciono varie proposte di legge elettorale, tra cui quella presentata dal governo D'Alema e preparata da Amato e Villone, che sono più arretrate e fasciste rispetto a quelle in vigore prima del referendum del '91 sulla preferenza unica, compresa quella del PRC, il cui modello è la legge elettorale tedesca che fra l'altro prevede uno sbarramento del 5%.
Tutte queste proposte di legge elettorale sono legate con un filo nero alla legge Acerbo fascista del '23 e alla legge truffa democristiana del '53 che avevano l'obiettivo di favorire i partiti e le coalizioni elettorali più forti e di assicurare comunque quella stabilità politica, governativa, parlamentare e istituzionale di cui ha necessità la classe dominante borghese per perpetuare il suo dominio e il sistema capitalista.
Noi siamo nettamente contrari a queste proposte di legge elettorale, alle leggi elettorali vigenti e a quella che uscirà dalle urne se dovesse vincere il ``sì''.
Riteniamo che nel capitalismo il sistema elettorale migliore sia il proporzionale puro, senza alcun sbarramento, cioè quel meccanismo che attribuisce ai partiti i seggi in proporzione al numero dei voti ottenuti. è questo l'unico sistema elettorale che nel capitalismo possa consentire al Partito del proletariato, qualora tatticamente lo ritenesse utile, di accedere al parlamento e alle altre istituzioni rappresentative borghesi. Non è però il nostro caso poiché noi attualmente, e da tempo, siamo astensionisti alle elezioni comunali, provinciali, regionali, nazionali ed europee.
Diverso è il nostro atteggiamento nei confronti dei referendum verso i quali in genere, salvo eccezioni, siamo per il ``sì'' o per il ``no'' in quanto si tratta di fare delle scelte su questioni concrete e specifiche. Questa volta siamo per il ``no'' e vi invitiamo a votare ``no''.
Altri, elettoralisti e parlamentaristi incalliti, collocati a destra e a ``sinistra'' della palude parlamentare, compresi certi gruppi trotzkisti quali ``il manifesto'', hanno optato per l'astensionismo per cavalcare opportunisticamente l'onda dell'astensionismo spontaneo che potrebbe arrivare persino ad invalidare il referendum. Noi speriamo che non li seguiate per non avallare i loro disegni politici che mirano a far rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta del parlamentarismo e del capitalismo.
Il nostro ``no'' è troppo carico di valori proletari, anticapitalisti e rivoluzionari per poter essere snobbato da chi con questo governo, con questo sistema economico e con le loro coperture a ``sinistra'' non vuol avere nulla a che fare.
Il nostro infatti non è solo un ``no'' alle leggi elettorali vigenti e future della seconda repubblica. è un ``no'' all'elettoralismo e al parlamentarismo borghesi, alla strategia dell'alternanza governativa come a quella dell'alternativa all'interno del capitalismo, al finanziamento pubblico dei partiti sotto qualsiasi forma e al rimborso delle spese elettorali, a tutte le ingiustizie sociali, in primo luogo quella della disoccupazione, alle disparità di classe, di sesso e territoriali, al sottosviluppo del Mezzogiorno.
Il nostro è un ``no'' globale al sistema capitalistico, alla sua economia, al suo ordinamento istituzionale, giuridico, culturale e morale.


L'AGGRESSIONE IMPERIALISTA ALLA SERBIA
L'Italia di oggi non è né un paese democratico - come dice il rinnegato D'Alema -, né una ``democrazia malata'' con tendenze ``autoritarie'' - come sostiene l'imbroglione trotzkista Bertinotti -, bensì un regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista. Un regime che era nel disegno della P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi e che è stato quasi del tutto realizzato soprattutto sotto la spinta dei governi Prodi e D'Alema.
Questi due governi, il primo dei quali sostenuto da Rifondazione, hanno finito per cancellare tutte le conquiste politiche, sociali, economiche e sindacali strappate al capitalismo e ai governi democristiani dal proletariato, dai lavoratori, dai pensionati e dalle masse studentesche e femminili in cinquant'anni di durissime lotte, hanno smantellato lo ``Stato sociale'', privatizzato tutto quello che potevano privatizzare, di fatto anche la scuola, l'Università, la sanità e le pensioni, hanno fatto entrare l'Italia nell'Unione europea e nell'Euro costringendo le masse a fare grossi sacrifici e l'hanno lanciata nell'interventismo e nelle avventure militari come e peggio dei tempi di Mussolini.
Già Prodi aveva indossato l'elmetto con la cosiddetta missione ``Alba'' in Albania, ma D'Alema non è stato da meno, anzi l'ha superato, coinvolgendo l'Italia nell'aggressione imperialista alla Serbia, i cui preparativi erano già stati predisposti in sede Unione europea e Nato nell'ultimo periodo del governo Prodi, quando ancora Rifondazione gli scodinzolava dietro.
Bisogna capire bene questa nuova e inedita situazione che si è creata per non prendere fischi per fiaschi, per non farsi imbrogliare dai falsi pacifisti e per avere un corretto atteggiamento antimperialista.
La prima cosa che bisogna capire bene è che l'Italia non è stata trascinata suo malgrado nei mostruosi bombardamenti alla Federazione jugoslava. Ma è stata la conseguenza naturale di una ben precisa e ponderata scelta di D'Alema e del suo governo, che non hanno voluto perdere un'occasione d'oro per dimostrare anche militarmente che l'Italia è una potenza in grado di svolgere un ruolo di primo piano nei Balcani e nel Mediterraneo nell'ambito della Nato e dell'Unione europea.
Il fatto che il governo italiano si sia ritagliato uno spazio diplomatico, facendo da sponda al Vaticano e alla Russia, per indurre Milosevic a negoziare non deve confondere le idee e indurci a pensare che D'Alema sia una colomba in mezzo a dei falchi. Egli è soltanto un tipico governante borghese gesuitico e furbastro che mentre con una mano schiaccia i pulsanti delle bombe e dei missili con l'altra porge un ramoscello di ulivo alla vittima.
L'Italia di oggi non è più quella del dopoguerra e di De Gasperi sottomessa all'imperialismo americano e al suo servizio. Da quando è divenuta la quinta o sesta potenza del mondo, e specificamente a cominciare dai governi Craxi, ormai tratta da pari a pari con le maggiori potenze, anche con gli Usa, pur essendo ancora molto indietro alle quattro o cinque potenze che la sopravanzano, soprattutto sul piano militare.
La seconda cosa che bisogna capire bene è che l'Unione europea è una superpotenza imperialista in ascesa e che è alla ricerca di una totale autonomia dagli Usa anche sul piano militare. Essa è attualmente alleata con gli Usa e insieme cercano di imporre il dominio dell'imperialismo occidentale in tutto il mondo, ma in avvenire, divenendo il globo troppo stretto per il loro condominio, e dovendo considerare lo spazio che pretende l'altra superpotenza che è il Giappone, è inevitabile che si scontrino tra di loro pure sul piano militare, mentre oggi questi scontri avvengono solo sui piani finanziario, economico e commerciale.
L'Unione europea già comincia a non tollerare la supremazia Usa e cerca di non farsi sfuggire le occasioni che le si offrono per acquisire maggior spazio, forza e influenza rispetto al suo alleato - potenziale avversario e nemico.
In questi giorni si è venuto a sapere, attraverso un articolo pubblicato su ``La Repubblica'' del 30 marzo, che nel vertice anglo-francese del 4 dicembre scorso tra Blair, Chirac e Jospin sono state gettate le basi politiche e programmatiche della difesa europea con capacità di agire autonomamente rispetto agli Usa e di intervenire ovunque sono in gioco gli interessi dell'Unione europea. Sostanzialmente negli stessi termini qualche giorno dopo si è pronunciato D'Alema.
Il negoziato di Rambouillet sul Kosovo, voluto fortemente dall'Inghilterra e dalla Francia, doveva proprio dimostrare la capacità dell'Unione europea di saper fare a meno degli Usa e di saper gestire in prima persona - con una presenza militare diretta nel Kosovo - la crisi dei Balcani.
Quindi, tirando le prime somme, appare chiaro che le responsabilità dell'intervento armato nella Federazione jugoslava vanno parimenti suddivise tra tutti i 19 paesi che compongono la Nato. Indipendentemente dal fatto che la direzione di esso sia in mano al boia Clinton e che i maggiori e più potenti mezzi bellici attivati siano degli Usa. Per questo noi gridiamo alto e forte: Fuori l'Italia dalla Nato, Fuori la Nato dall'Italia, Via le basi Usa e Nato dall'Italia, Fuori l'Italia dalla Ue e dall'Ueo.
La terza cosa che bisogna chiarire bene è che la Nato non è più un'alleanza militare difensiva - ammesso che lo sia mai stata - a protezione dell'area dei paesi che la compongono, ma uno strumento militare offensivo che agisce ovunque nel mondo sulla base degli interessi e delle necessità dell'imperialismo occidentale. L'espansione della Nato verso i paesi dell'Europa orientale rientra in questo quadro. Ormai la Nato si è emancipata dall'Onu acuendone la gravissima crisi in cui versa.
La quarta cosa che bisogna capire bene è che la guerra contro la Serbia è una guerra imperialista mascherata come ``necessità umanitaria''. è una guerra imperialista per il carattere di classe dei paesi che l'hanno promossa e la attuano e per gli scopi che si prefigge, e cioè il controllo del Kosovo e dei balcani e la capitolazione del governo della Serbia al diktat dell'imperialismo occidentale.
La ``pulizia etnica'' attuata dal rinnegato, fascista e macellaio Milosevic è stata solo un pretesto da parte dell'imperialismo occidentale per ingerirsi negli affari interni di un paese sovrano e per piegarlo a suon di bombe e missili al suo volere e al tempo stesso cogliere l'occasione per mettervi dentro un piede.
La quinta cosa che bisogna capire bene è che questa aggressione imperialista non ha precedenti storici poiché essa avviene in flagrante violazione della carta dell'Onu, del diritto internazionale e del principio della inviolabilità della sovranità statale.
Ciò, oltre a essere inammissibile e inaccettabile di per sé, è di inaudita gravità in quanto costituisce un pericolosissimo precedente. Infatti d'ora in poi qualsiasi paese o alleanza di paesi possono sentirsi autorizzati ad aggredire, per qualsiasi ragione, un altro paese causando a catena una serie di guerre.
Dalla guerra del Golfo Persico ad oggi, l'imperialismo occidentale giustifica il suo interventismo militare sulla base del cosiddetto ``diritto di ingerenza umanitaria'', riconosciuto e teorizzato anche dal papa Wojtyla, ma questo presunto diritto, come ha detto l'Ufficio politico del PMLI nel documento del 25 marzo scorso, è ``un falso diritto, coniato apposta dagli imperialisti per giustificare le loro aggressioni agli Stati indipendenti e sovrani che sfuggono al loro controllo''.
Per noi marxisti-leninisti nessuno Stato o organismo internazionale, compreso l'Onu, ha il diritto di intervenire negli affari interni di uno Stato. Le contraddizioni di classe o di qualsiasi altro tipo, anche violente e armate, vanno risolte dalle parti interessate senza alcuna ingerenza esterna.
Se accettassimo il falso ``diritto di ingerenza umanitaria'' scriveremmo con le nostre stesse mani le parole fine della lotta di classe, delle guerre rivoluzionarie e dell'indipendenza e della sovranità nazionali.
L'imperialismo anche nell'aggressione alla Serbia ha rivelato di essere una belva assetata di sangue e di carne umana. Per liberarsene non c'è che una strada, quella della guerra di liberazione nazionale dei popoli e delle nazioni oppressi e della rivoluzione socialista nei paesi capitalisti. Altrimenti continueremo ad assistere ai piagnistei e alle giaculatorie del papa, dei riformisti e degli imbroglioni come Bertinotti e Cossutta che non arrecano alcun danno all'imperialismo.
Chiariti per quanto ci riguarda questi cinque punti fondamentali bisogna dire con molta forza che la responsabilità del conflitto tra il Kosovo e la Serbia ricadono interamente sul regime capitalista, nazionalista e fascista del rinnegato Milosevic. Se costui non fosse stato accecato dalla sua strategia della ``Grande Serbia'' e avesse avuto un minimo di rispetto verso il popolo kosovaro albanese, che costituisce il 90 per cento della popolazione del Kosovo, certamente esso non avrebbe preso le armi contro la Serbia per riconquistare l'autonomia, se non l'indipendenza come sostiene una parte dei kosovari.
Sono fatti innegabili che Milosevic ha tolto gradualmente al popolo kosovaro albanese ogni diritto politico, sociale e civile proibendogli persino l'uso della lingua albanese e che riguardo al Kosovo ha fatto cancellare dalla Costituzione lo status di provincia autonoma con proprie istituzioni indipendenti da quelle serbe. è sotto gli occhi di tutto il mondo a che livello di bestialità è arrivata la cosiddetta ``pulizia etnica'' che vede deportato il popolo kosovaro albanese al di fuori del Kosovo.
Il nostro auspicio è che il popolo kosovaro albanese - al quale va la nostra solidarietà militante - si sappia nel tempo riorganizzare per riconquistare con le armi la sua terra contando soprattutto sulle sue forze e rifiutando l'aiuto militare per via aria e terra della Nato.
Questo popolo che si trova ora nella diaspora spogliato da ogni cosa, nella fame e senza un tetto ha un estremo e urgente bisogno di essere aiutato, ma a prestargli questo aiuto non devono essere i paesi della Nato, bensì i paesi non coinvolti nella guerra e che non hanno mire nei Balcani e le organizzazioni internazionali ``umanitarie'' e di soccorso e le organizzazioni non governative.
Siamo perciò contro la cosiddetta ``missione Arcobaleno'' che tende a dare una maschera ``umanitaria'' al mostruoso volto bellico del governo D'Alema e che consente all'Italia imperialista di rafforzare il suo protettorato sull'Albania e di creare una testa di ponte verso il Kosovo.
Il popolo italiano non deve cascare nella rete della demagogia ``umanitaria'' di D'Alema, sostenuta dai pennivendoli dell'imperialismo Bobbio, Montanelli e Scalfari, non dando né una lira, né una scatoletta, né un medicinale, né un vestiario alla ``missione Arcobaleno''.
Il governo D'Alema non merita alcuna fiducia, consenso e appoggio da parte delle masse perché, partecipando all'aggressione imperialista alla Serbia, ha violato la Costituzione italiana (art. 11: ``l'Italia ripudia la guerra come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali''; art. 78: ``Le camere deliberano lo stato di guerra o conferiscono al governo i poteri necessari''), ha trasformato l'Italia in una portaerei della Nato e dell'imperialismo occidentale, ha rinnegato i valori della Resistenza e la storia antimperialista del popolo italiano.
Questo governo guerrafondaio va spazzato via senza indugio. Se vogliamo che l'Italia esca dall'aggressione alla Serbia. Un'altra strada non esiste.
Come mai allora l'onorevole cacasotto Bertinotti che si riempie tanto la bocca di pace e che si pavoneggia nelle piazze e in Tv di essere contro la guerra, pur non qualificandola come guerra imperialista, non ha chiesto le dimissioni del governo e non fa nulla per farlo cadere? La risposta è semplice. Sta nel fatto che egli è un politicante borghese, un esponente della ``sinistra'' socialdemocratica e liberale che ha la funzione di coprire a ``sinistra'' l'imperialismo e le sue alleanze per imprigionarvi il proletariato e gli antimperialisti.
Non possiamo quindi contare su tale imbroglione politico per allargare il fronte antimperialista e antigovernativo e per risvegliare le masse alla lotta di piazza antimperialista.
 
APPELLO AGLI ANTICAPITALISTI
Le nostre speranze sono rivolte sugli autentici pacifisti, che già generosamente cominciano a riempire le piazze, e soprattutto sugli anticapitalisti sparsi nelle varie organizzazioni parlamentari e non falsamente comunisti. Noi li invitiamo a unire la loro voce alla nostra per spingere le Confederazioni sindacali a proclamare uno sciopero generale nazionale contro l'aggressione imperialista alla Serbia e la ``pulizia etnica'' di Milosevic.
Noi attualmente non abbiamo le forze e i mezzi per farci sentire dalle masse, risvegliarle, orientarle, organizzarle, dirigerle e mobilitarle nella lotta di classe e nella lotta antimperialista.
Circostanze come queste, non solo per la situazione internazionale ma anche per quella interna, dimostrano quanto sia necessario e decisivo avere un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista. Su questo noi abbiamo riflettuto e discusso a fondo al 4• Congresso nazionale del Partito che si è svolto il 26-28 dicembre scorso.
Noi da lungo tempo, proprio oggi ricorre il 22 Anniversario della fondazione del PMLI, per il quale da qui rivolgo un caloroso e riconoscente saluto e augurio a tutti i militanti e i simpatizzanti attivi di ambo i sessi del Partito, stiamo facendo l'impossibile per costruire un tale Partito, che non ha precedenti nella storia del movimento operaio nazionale. Ma organizzativamente e numericamente siamo ancora troppo indietro, non certo per colpa nostra, rispetto alle necessità.
Abbiamo bisogno urgentemente di un numero molto più grande di militanti e ancor di più di simpatizzanti attivi che ci mettano in condizione di arrivare dappertutto, in ogni fabbrica, azienda, scuola, quartiere, città e regione, per rimuovere le acque stagnanti, risanare lo sconquasso ideologico e politico causato dai revisionisti di destra e di ``sinistra'' nella coscienza delle masse, armare le masse, con particolare attenzione verso le ragazze e i ragazzi, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e rilanciare la lotta di classe contro il capitalismo e per il socialismo. Facendo soprattutto comprendere che la madre di tutte le questioni è la conquista del potere politico da parte del proletariato.
E' come se fossimo in una situazione pre marxista, avendo lo stesso compito che ebbero Marx ed Engels, per la prima volta nella storia, quello di trasformare il proletariato da classe in sé a classe per sé, ossia di classe consapevole della sua natura, dei suoi compiti, del suo ruolo di classe generale destinata a succedere alla borghesia al potere e a por fine una volta per tutte a ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo, e ad emancipare l'intera umanità.
Ci appelliamo perciò agli autentici anticapitalisti diversamente organizzati che abbiano questa consapevolezza ad aprire da subito un confronto e un dialogo col PMLI per verificare se esistono le condizioni per unire le forze dentro il nostro Partito o al suo fianco per lavorare assieme per aprire una nuova e più avanzata situazione politica, organizzativa e pratica in Italia.
Non capiremmo un silenzio a questo appello. La storia lo condannerebbe. Non ci possono essere più Partiti comunisti. O barano tutti o solo uno di essi lo è. Ma qual è? Per noi ovviamente è il PMLI. Lo abbiamo dimostrato fin dal '67 quando denunciammo il PCI e le altre organizzazioni che lo coprivano a ``sinistra'' come dei partiti revisionisti. E i fatti hanno confermato che avevamo visto giusto.
Tuttavia se c'è qualche anticapitalista che può dimostrare che anche il PMLI è un partito revisionista mentre il proprio partito è il vero partito comunista, si faccia tranquillamente avanti e noi lo ascolteremo con molta attenzione. Se ci convincerà noi non abbiamo difficoltà a sciogliere il nostro Partito ed entrare nel suo Partito. Ma sarà egli disposto a fare altrettanto?
In ogni caso per il bene del proletariato e della causa del socialismo è assolutamente necessario e urgente che i rivoluzionari stiano con i rivoluzionari e i riformisti di tutte le risme con i riformisti.
Il nostro ``no'' referendario, l'avrete certamente capito, non riguarda solo il quesito referendario. Vogliamo depositare nell'urna una scheda rossa, antifascista e antimperialista.
Allora, con forza e determinazione, andiamo ai seggi per dire ``no'' alle leggi elettorali della borghesia in camicia nera, alla seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, all'aggressione imperialista alla Serbia, per l'Italia unita, rossa e socialista.
Coi maestri vinceremo!