Con in testa Ruini, Ferrara, Bondi e Binetti
E' partita la nuova crociata contro l'aborto

È partita in grande stile la nuova offensiva contro l'aborto. A suonare l'adunata delle truppe antiabortiste ci ha pensato il rinnegato del comunismo ed ex agente Cia dichiarato Giuliano Ferrara che, prendendo a pretesto la moratoria sulla pena di morte approvata dall'Onu, su "Il Foglio" ha lanciato un provocatorio appello per la moratoria sull'aborto.
Tanto è bastato per dar fuoco alle polveri. A prendere la testa della nuova crociata è sceso immediatamente in campo il cardinale Camillo Ruini, vicario del papa a Roma ed ex presidente della CEI. Secondo Ruini "Si può sperare che da questa moratoria (quella sulla pena di morte, ndr) venga anche uno stimolo per l'Italia, quantomeno per applicare integralmente la legge sull'aborto che dice di essere legge che intende difendere la vita, quindi applicarla in quelle parti che davvero possono essere di difesa della vita e forse, a 30 anni ormai dalla legge, aggiornarla al progresso scientifico che ad esempio ha fatto fare grandi passi avanti alla sopravvivenza dei bambini prematuri".
Ruini pur continuando a considerare l'aborto un crimine, un "abominevole delitto" com'è l'ha definito Ratzinger, precisa che non si tratta al momento di chiedere una completa revisione della legge 194 ma di svuotarla e vanificarla nella pratica attraverso la sua applicazione più restrittiva e rivedendone le linea guide della sua applicazione. Dopo l'intervento di Ruini, immediatamente appoggiato dal suo successore alla presidenza Cei, Angelo Bagnasco, lo stesso Ferrara ha confermato che la sua "moratoria non significa modifica della legge, ma incentivare politiche contrarie al fatto dell'aborto".
Sulla linea del Vaticano e della Cei si è detto subito d'accordo il coordinatore di FI Sandro Bondi che annuncia di aver presentato mesi fa una mozione parlamentare proprio sull'ipotesi di "rivedere le linee guida della legge 194, sulla base della necessità di tenere conto delle nuove possibilità tecnologiche". Mozione che Storace (Destra) ora annuncia di voler far mettere in discussione in parlamento. C'è persino chi parla di istituire un anti-aborto day che, col sostegno delle associazioni cattoliche, punterebbe a radunare in piazza addirittura 5 milioni di persone.

La connivenza della "sinistra" borghese
Il Vaticano e tutta la destra cattolica e fascista sono convinti che dopo quasi trent'anni di assedio e di attacchi continui sia la volta buona per mettere le mani sulla legge 194. A confortarli in questa convinzione non c'è solo l'esser riusciti a far approvare e poi a confermare con il referendum la legge 40 sulla fecondazione assistita, ma l'omologazione ormai imperante che regna nella destra come nella "sinistra" borghese sulla concezione cattolica della famiglia, della morale sessuale, della vita e della morte.
E non ci riferiamo solo ai soliti "Teodem" come Paola Binetti, della Margherita, che immediatamente si è detta disponibile a votare la mozione Bondi e a dare il suo "contributo alla formazione di una maggioranza trasversale" in parlamento. Ma anche dei cosiddetti partiti e parlamentari "laici" che sembrano fare a gara a restare aggrappati alle tonache del papa e di Ruini.
C'è da parte della "sinistra" borghese una sostanziale tolleranza, debolezza e connivenza con la crociata antiabortista. Se il dittatore democristiano Prodi significativamente tace, la sua ministra Livia Turco di fatto cede alle pressioni degli antiabortisti non solo dichiarandosi disponibile al dialogo ma, con singolare tempismo, dando al Consiglio superiore della sanità l'incarico di esprimere un parere sulla sussistenza di vita autonoma del feto, ossia sugli articoli 6 e 7 della legge 194 che regolano l'aborto terapeutico dopo i primi novanta giorni di gestazione.
Ancor più grave l'atteggiamento dialogante del segretario del PD, Walter Veltroni, che chiamato da Giuliano Ferrara a un confronto diretto sulla sua proposta, non solo lo ha infine accettato ma ha anche espresso apertamente la sua posizione di fatto antiabortista. In un'intervista a "la Repubblica" del 5 gennaio egli infatti ha dichiarato che "la 194 si è dimostrata una legge contro l'aborto visto che le interruzioni di gravidanza si sono ridotte del 44%. Dunque per me la 194 è una legge importante che va difesa. Ma non mi spaventa una discussione di merito, che tenda a rafforzare gli aspetti di prevenzione, perché l'aborto non è un diritto assoluto, ma è sempre un dramma da contrastare". "Vorrei - ha concluso - che anche i laici fossero più laici. Che ragionassero senza dogmatismi sui temi della vita e della morte. Noi laici, più di ogni altro, non possiamo accettare l'idea di una società senza valori. Dobbiamo moltiplicare le sedi di confronto e di ricerca comune".
La "sinistra" borghese, insomma, si guarda bene dal denunciare e contrastare la persistente ingerenza del Vaticano negli affari interni italiani e il tentativo di egemonizzare completamente lo Stato italiano trasformandolo in uno Stato teocratico e confessionale.

L'aborto non è un assassinio
Per quanto ci riguarda vogliamo innanzitutto denunciare l'intollerabile e provocatoria equazione fra pena di morte e aborto che intende equiparare le donne che abortiscono a delle assassine e l'aborto a un infanticidio. Non lo dice la legge; non lo dice la scienza; non lo dicono la maggioranza delle masse femminili e popolari, anche cattoliche, del nostro Paese.
Che la vita umana inizi fin dalla fecondazione è un dogma e non certo una verità provata. Non è infatti dimostrato scientificamente, né lo potrà mai essere, quando inizia realmente la vita umana. La dottrina cattolica definisce vita umana l'unità dello spirito e del corpo, tuttavia mai potrà dimostrare scientificamente l'esistenza dell'"anima" e la sua presenza già nell'embrione e nel feto, dal momento che tale esistenza è un puro atto di fede.
Noi non siamo affatto d'accordo che la vita umana inizi all'atto della fecondazione. La fecondazione è semplicemente l'inizio della vita biologica di un nuovo organismo, ma siamo ancora lontani da un vero e proprio embrione umano e ancor di più da un vero e proprio essere umano.
Da materialisti noi consideriamo l'uomo essenzialmente un essere sociale, un essere cioè in grado di instaurare autonomamente determinati rapporti sociali, più o meno mediati, più o meno elementari in base all'età, alle sue effettive capacità e alle condizioni specifiche. Per noi la vita umana inizia con la nascita poiché è con questo atto che l'essere vivente compie un salto di qualità fondamentale e determinante che lo distingue da ogni altro essere. Èinsomma nascendo che si laurea essere umano e acquisisce, almeno sulla carta, pari diritti e dignità delle altre persone.
Noi non neghiamo che l'essere umano è il prodotto di un processo dialettico messo in moto già all'atto della fecondazione, che procede attraverso una serie ininterrotta di salti quantitativi e qualitativi, fino a raggiungere la capacità di vita autonoma e di relazione fuori dall'utero materno. Ma non possiamo accettare assolutamente l'idea metafisica che quel che potenzialmente può divenire una persona è già tale e ha gli stessi diritti di chi è già nato, in questo caso della donna.
La legge 194 è una legge già parziale e fortemente condizionata dalla mediazione e dal compromesso realizzati nel 1978 fra l'allora DC e PCI revisionista in piena era di "solidarietà nazionale". Essa è stata spesso in questi anni vanificata da mancanza di mezzi, strutture e personale medico non obiettore, da un iter lungo e farraginoso soprattutto per le minorenni. Al servizio di assistenza all'aborto negli anni sono state tolte risorse umane ed economiche. Le donne sono state lasciate sole di fronte all'aborto o, peggio, sono state lasciate nelle mani di chi le colpevolizza. Fatto è che l'aborto clandestino è ancora una realtà, specie nel nostro Meridione.
Era a noi chiaro fin dalla sua approvazione che il concetto di "prevenzione" previsto dalla legge 194 rappresentava il cavallo di Troia per manovre tese a svuotare e liquidare la legge dall'interno. Ed è proprio su questo punto che oggi il Vaticano e le forze clerico-fasciste si fanno forti equiparando la "prevenzione" alla necessità di "dissuasione" delle donne dall'aborto attraverso ogni mezzo magari facendo entrare i crociati del "Movimento per la vita" nei consultori pubblici, dopo che già spadroneggiano negli ospedali, nelle scuole e ovunque è loro concesso.

Nessun limite all'aborto terapeutico
Noi non crediamo che debba esser messo alcun limite all'aborto terapeutico. Tale intervento viene ammesso solo in caso di gravi motivi di salute fisica e psichica della donna. È la sua salute, non quella del feto, a dover essere garantita. Non possiamo accettare la concezione cattolica del corpo femminile che viene di fatto considerato un puro contenitore, una sorta di incubatrice funzionale solo all'opera "creatrice" di dio. L'aborto terapeutico, oltre a rappresentare appena il 2,6 per cento del totale degli aborti, è quasi sempre chiesto da donne che pur volendo una gravidanza scoprono che il proprio feto è portatore di gravi malformazioni o gravi difetti genetici o cromosomici (anencefalia, sindrome di Down, fibrosi cistica, talassemia, sindrome di Duchenne) e in genere, anche se la legge non pone limiti, esso avviene entro le prime 24 settimane. La possibilità di sopravvivenza in questa fase della gestazione è pari quasi a zero anche per feti completamente sani. Impedire l'aborto terapeutico alla 21ª, 22ª o 23ª settimana, come è già avvenuto in Lombardia attraverso il varo degli indirizzi di attuazione della legge 194 per iniziativa del governatore clerico-fascista nonché presidente del "Movimento per la vita" Roberto Formigoni, significa di fatto condannare la donna a portare a compimento una gravidanza indesiderata e che spesso ha come ultima conseguenza la morte del feto entro poche ore o giorni dalla nascita.
Per tutti questi motivi e pur con tutti i suoi limiti la legge 194 va difesa ad ogni costo. Per quello che di positivo essa contiene e soprattutto perché essa è un simbolo delle conquiste sociali e civili delle masse femminili, costate anni e anni di lotte e sacrifici. Una conquista, quella dell'aborto, che è stata già posta al vaglio della volontà popolare col referendum del 1981.
Occorre sbarrare il passo alla strategia egemonica della Chiesa cattolica, avallata e legittimata dalla destra e dalla "sinistra" borghese, e a chi pretende di ripiombare le donne nella subalternità sociale, familiare, maritale e sessuale e l'intero nostro Paese nell'oscurantismo medievale.

23 gennaio 2008