Un inganno del governo Letta-Berlusconi
La nuova disciplina non abolisce il finanziamento pubblico ai partiti
La contribuzione volontaria costituisce un finanziamento pubblico indiretto. I partiti parlamentari si spartiscono 60 milioni l'anno. Lo Stato si ingerirà nella vita interna dei partiti
Il finanziamento pubblico va abolito subito

Altro che "abolizione del finanziamento pubblico ai partiti" come ha annunciato con toni trionfalistici il premier Enrico Letta; il disegno di legge varato il 31 maggio dal Consiglio dei ministri con cui si "disciplina il finanziamento dei movimenti e dei partiti politici" rappresenta l'ennesimo inganno escogitato dalle cosche parlamentari per continuare ad arricchirsi coi soldi rubati al popolo.
Cambia solo il metodo ma la sostanza è la stessa dal momento che si fa rientrare dalla finestra ciò che a parole si dice di voler abolire. Infatti la legge prevede che i soldi pubblici ai partiti istituzionali arrivino lo stesso attraverso il meccanismo del 2 per mille, falsamente definito "destinazione volontaria ai partiti", ma che in realtà ricalca quella "mostruosità giuridica" dell'8 per mille escogitata da Tremonti per finanziare le confessioni religiose, e garantisce ai partiti una quota non irrilevante del gettito fiscale dell'imposta sul reddito (Ire che dal 1/1/2004 sostituisce l'Irpef) cioè le tasse sui redditi delle persone fisiche, ossia soldi e risorse pubbliche sottratte al bilancio dello Stato e regalati ai partiti.
In prima battuta il ddl prevede che i contribuenti al momento della dichiarazione dei redditi potranno indicare i partiti ai quali destinare il proprio 2 per mille. In alternativa ogni contribuente può anche scegliere di devolvere la propria quota del 2 per mille allo Stato. Mentre chi non effettua nessuna scelta sarà comunque costretto a concorrere al finanziamento delle cosche parlamentari dal momento che il suo 2 per mille sarà ripartito tra tutti i partiti in proporzione ai voti validi ottenuti alle ultime elezioni politiche.
Per dare un'idea, nel caso dell'8 per mille solo il 43% circa dei contribuenti mette la propria firma sotto ad una delle caselle (Stato compreso), ma nel calderone finiscono i soldi di tutti e la Chiesa cattolica con meno del 40% delle opzioni si porta a casa ben oltre l'80% del fondo.
Al comma 2 articolo 4 del ddl è specificato infatti che: "In caso di scelte non espresse, la quota di risorse disponibili, nei limiti di cui al comma 4, è destinata ai partiti ovvero all'erario in proporzione alle scelte espresse. Nel caso di cui al periodo precedente, la ripartizione di risorse fra i partiti e movimenti politici è effettuata in proporzione ai voti validi conseguiti da ciascun avente diritto nelle ultime consultazioni elettorali per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica".

 
Megatorta per i partiti più grandi
Una formulazione a tutto vantaggio dei partiti più grandi e che ha scatenato non poche polemiche costringendo il governo a precisare, ma per il momento solo a parole, che se il contribuente non dichiarerà in modo chiaro di voler donare il proprio 2 per mille ai partiti, il denaro andrà allo Stato.
In ogni caso si tratta di una mega torta che, se calcolata sul totale del gettito Ire (411 miliardi nel 2011 dati del Tesoro), vale ben 800 milioni di euro all'anno.
Il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello ha assicurato che il ddl prevede un tetto massimo di 61 milioni l'anno, ma nel testo reso pubblico dalla presidenza del Consiglio dei ministri non è contemplato alcun tetto. Mentre è previsto che "un decreto del ministro dell'Economia stabilisce annualmente l'importo massimo da destinare" al 2 per mille. E quindi è facile immaginare che nel giro di qualche anno l'importo potrà essere raddoppiato o triplicato come è già successo con la legge sui rimborsi elettorali.
In ogni caso, ammesso che tale tetto venga introdotto durante l'iter parlamentare, rimane il fatto che moltiplicando 61 milioni per cinque anni di legislatura si ottengono oltre 300 miloni, quasi il doppio di quanto previsto come monte del rimborso elettorale per l'attuale legislatura.
Il testo licenziato prevede che quest'anno i partiti riceveranno la quota prevista (91 milioni), che sarà tagliata del 40% nel 2014, del 50% nel 2015, del 60% nel 2016 e si azzererà nel 2017.
Il nuovo inganno sul finanziamento pubblico dei partiti del 2 per mille Ire prenderà il via con la dichiarazione dei redditi del 2015 e ne usufruiranno tutti "I partiti politici che abbiano conseguito nell'ultima consultazione elettorale almeno un rappresentante eletto alla Camera o al Senato... Una decisione che assumerà il contribuente, sempre a decorrere dall'anno finanziario 2014, in fase di dichiarazione dei redditi mediante la compilazione di una scheda recante l'elenco dei soggetti aventi diritto".
L'articolo 2 del ddl (comma 1 lettere a e b) specifica che "A decorrere dall'anno 2014, i partiti e i movimenti politici che risultino iscritti nel registro di cui all'articolo 9, comma 2, possono essere ammessi, a richiesta al finanziamento privato in regime fiscale agevolato di cui all'articolo 3, qualora abbiano conseguito nell'ultima consultazione elettorale almeno un rappresentante eletto alla Camera dei deputati o al Senato della Repubblica o in una assemblea regionale, ovvero abbiano presentato nella medesima consultazione elettorale candidati in almeno tre circoscrizioni per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati o in almeno tre regioni per il rinnovo del Senato della Repubblica o delle assemblee regionali, o in almeno una circoscrizione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia; alla ripartizione annuale delle risorse di cui all'articolo 4, qualora abbiano conseguito nell'ultima consultazione elettorale almeno un rappresentante eletto alla Camera dei deputati o al Senato della Repubblica".

Detrazioni sospette
Sempre a partire dall'anno prossimo il ddl prevede inoltre detrazioni Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e Ires (Imposta sul reddito delle società) rispettivamente del 26 e del 52% per le donazioni di privati e aziende in favore di partiti e movimenti. Ma anche per le spese sostenute per "l'iscrizione a scuole o corsi di formazione politica". Le detrazioni previste dal disegno di legge corrispondono per le donazioni volontarie al 52% per gli importi compresi fra 50 e 5mila euro annui e al 26% per le somme tra 5mila euro e 20mila. Per le spese sostenute per le iscrizioni a corsi di formazioni politica viene detratto il 52% su un limite di 500 euro per ogni annualità.
Peraltro anche le detrazioni, per quanto in modo indiretto, sono un finanziamento pubblico, visto che lo Stato, concedendole, rinuncia a incassare delle tasse: a valori 2011, ad esempio, quando le donazioni ai partiti ammontarono a 14 milioni di euro (nove dei quali con assegni inferiori a cinquemila), l'erario rinuncerebbe all'ingrosso a 6,5 milioni.
Il ddl garantisce ai partiti perfino la concessione gratuita di sedi, servizi e spazi televisivi. "Avranno diritto ad accedere a spazi Tv messi a disposizione a titolo gratuito" dalla Rai. Gli spot "della durata massima di un minuto" serviranno a "rappresentare alla cittadinanza i propri indirizzi politici". "Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall'esercizio 2014". Mentre "L'Agenzia del demanio, anche attraverso la stipula di apposite convenzioni con enti territoriali ed altre amministrazioni pubbliche, assicura, in favore dei partiti e dei movimenti politici iscritti nella seconda sezione del registro di cui all'articolo 9, la disponibilità, in almeno ciascun capoluogo di provincia, di idonei locali per lo svolgimento delle attività politiche, nonchè per la tenuta di riunioni, assemblee e manifestazioni pubbliche".

 
Statuti e controlli
Per accedere al regime fiscale agevolato servirà una richiesta alla commissione di Garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici: "la commissione esamina la richiesta e la respinge o l'accoglie entro trenta giorni dal ricevimento con atto scritto motivato. Ancora dal 2014 partiti e movimenti possono essere ammessi al regime fiscale agevolato". In sostanza i partiti e i movimenti saranno trasformati ancora di più in vere e proprie appendici dello Stato. Saranno suddivisi in "buoni" e "cattivi" e la loro sopravvivenza sarà decisa dalla Commissione chiamata a valutare se lo statuto di un partito risponde a "criteri di trasparenza e democraticità" e quindi ha diritto ai finanziamenti, oppure no.
All'articolo 9 del ddl è specificato infatti che "I partiti e i movimenti politici sono tenuti a trasmettere copia autentica del proprio statuto, sottoscritta dal legale rappresentante, al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati, che la inoltrano alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e movimenti politici, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n.96. La Commissione, verificata la conformità dello statuto alle disposizioni di cui all'articolo 8, procede alla iscrizione del partito o del movimento politico nel registro nazionale, da essa tenuto, dei partiti e dei movimenti politici riconosciuti ai sensi della presente legge... L'iscrizione e la permanenza nel registro sono requisiti necessari per l'ammissione di partiti e movimenti politici ai benefici ad essi eventualmente spettanti ai sensi della presente legge".
In poche parole si tratta della vergognosa proposta avanzata nelle settimane scorse dalla capogruppo piddina Anna Finocchiaro che di fatto tocca l'art. 49 della Costituzione ed è tesa a riconoscere le sole forze politiche dotate di uno Statuto, con criteri di organizzazione e trasparenza.
Altro che "promessa mantenuta", altro che "riforma" ispirata a "regole di democraticità e trasparenza nella vita dei partiti" come l'ha definita Letta.
La verità è che saranno ancora le cosche parlamentari che siedono a Montecitorio e Palazzo Madama a fare il bello e il cattivo tempo sui lauti finanziamenti devoluti senza alcun controllo da parte delle masse popolari.
Basti pensare che dal '94 ad oggi i partiti parlamentari hanno rubato al popolo oltre 2,3 miliardi di euro di rimborsi elettorali calpestando la volontà di oltre il 90 per cento degli elettori che al referendum popolare del '93 aveva deciso di abolirlo.
Subito dopo quel referendum il governo Amato lo ripristinò sotto le mentite spoglie di rimborso elettorale e per le elezioni politiche ed europee del 1994 i partiti ricevettero quasi 150 miliardi di lire; per le politiche del 1996 altri 100 miliardi. Poi grazie alla legge del 1999 (governo D'Alema) che prelevava 4 mila lire a ogni iscritto alle liste elettorali, i rimborsi cominciarono a crescere a dismisura fino alla legge del 2006 che raddoppiò l'importo prevedendo un rimborso di 1 euro per ogni avente diritto al voto garantito per 5 anni anche se la legislatura viene interrotta prima della scadenza naturale. Tant'è che negli ultimi 17 anni i partiti hanno incassato una media di 135 milioni all'anno e ancora piangono miseria.
Ecco perché, come chiede il PMLI nel suo Programma d'azione, occorre "abrogare tutte le norme sul finanziamento pubblico dei partiti.
Nel respingere totalmente il vergognoso inciucio tra PD-PDL-Monti, noi marxisti-leninisti riaffermiamo che i partiti devono autofinanziarsi, come fa da sempre il PMLI che conta solo sul sostegno dei propri militanti, dei simpatizzanti e delle masse. Il finanziamento pubblico è una rapina ai danni del popolo ed esso si configura oggettivamente come un'ulteriore fonte di corruzione per i partiti del regime neofascista.

12 giugno 2013