Dopo la dichiarazione antipalestinese per "Gerusalemme capitale di Israele" e le minacce all'Iran
Obama a Berlino chiede all'Europa di unirsi agli Usa per dominare il mondo e combattere le guerre di liberazione nazionale
Il palcoscenico elettorale gli è stato offerto dal governo di "grande coalizione" della Germania
Rafforzamento del contingente di occupazione in Afghanistan, ritiro parziale dall'Iraq, sostegno pieno ai sionisti di Tel Aviv, minacce all'Iran; non è, come potrebbe sembrare, l'agenda di Bush ma del candidato che potrebbe succedergli alla Casa Bianca, il democratico Barack Obama che nel giro sui fronti caldi in Medio Oriente si è comportato già da presidente e ha snocciolato il suo programma imperialista; un programma in sostanziale continuità con quello del predecessore. Il viaggio di Obama, iniziato il 20 luglio con la tappa afghana, si è concluso il 25 con una fugace vista a Parigi e Londra, inserite all'ultimo momento per le proteste di Sarkozy e Brown; doveva terminare con l'unico comizio pubblico del 24 a Berlino, sul palcoscenico elettorale offertogli dal governo di coalizione guidato dal cancelliere Angela Merkel, davanti alla Colonna della Vittoria a poca distanza dalla porta di Brandeburgo.
Obama ha ricordato gli anni della "guerra fredda" e come "la caduta del muro abbia portato nuove speranze, ma ha portato nuove sfide e minacce che non hanno nulla a che vedere con le frontiere. I terroristi che si addestrano a Kandahar e colpiscono in Occidente, la proliferazione nucleare, lo scioglimento dei ghiacci, il papavero afghano che diventa eroina nelle strade di Berlino". "Per questo non possiamo essere divisi", ha sostenuto rivolto ai partner europei, con i quali "ci sono state differenze e ce ne saranno, ma i legami della cittadinanza globale continueranno a legarci. L'America non si può chiudere in se stessa e neppure l'Europa". Servono "legami internazionali forti" fra le due sponde dell'Atlantico, ha affermato Obama che non cerca la sudditanza degli alleati europei come Bush ma persegue comunque il mantenimento della leadership degli Usa; l'agenda politica imperialista è pur sempre dettata dalla Casa Bianca.
Lo conferma l'ossessione con la quale Obama insiste, ancora più di Bush, sulla necessità di rafforzare l'occupazione imperialista dell'Afghanistan. "La situazione afghana è complicata, ma quello è un lavoro che va portato a termine. La sfida è troppo alta per essere abbandonata e l'America non può farlo da sola - ha ripetuto a Berlino - Il popolo afghano ha bisogno delle nostre truppe e delle vostre truppe" per sconfiggere la resistenza all'occupazione imperialista.
Nei giorni precedenti a Gerusalemme aveva affermato che "non ho cambiato opinione, Gerusalemme sarà la capitale d'Israele. È importante non dividere la città". Nessuno prima d'ora, tranne il regime di Tel Aviv, era arrivato a dichiarare che Gerusalemme doveva diventare tutta intera capitale di Israele, in violazione di ogni delibera dell'Onu. In un sol colpo Obama negava i diritti palestinesi, avallava i progetti sionisti e negava financo le risoluzioni dell'Onu. D'altra parte si schierava con Tel Aviv anche nella repressione della resistenza palestinese e senza dire una parola contro il lager di Gaza e il muro in Cisgiordania. "Difenderemo Israele sempre", concludeva, definendo la sua fondazione "un miracolo", e non una tragedia come la definiscono i palestinesi.
Secco il commento di Hamas: "Obama non è il benvenuto è giunto qui all'unico di scopo di vincere le elezioni americane, sacrificando i diritti dei palestinesi".
Da Israele lanciava nuove minacce all'Iran. "Gli iraniani devono capire che sia l'amministrazione Bush che, se sarà, quella di Obama, la preoccupazione è propria degli Usa", affermava tanto per chiarire che non c'erano differenze tra loro. E come Bush ribadiva che "un Iran dotato dell'arma atomica rappresenterebbe una grave minaccia, il mondo deve impedire all'Iran di ottenere l'arma nucleare", assicurando che, se eletto, avrebbe mobilitato la comunità internazionale perché "offra una serie di bastoni e di carote al regime iraniano per rinunciare alle armi nucleari", che il governo di Teheran ha più volte affermato di non voler possedere. In ogni caso, aggiungeva, "non toglierò alcuna opzione dal tavolo nell'affrontare la potenziale minaccia iraniana". Musica per le orecchie degli imperialisti sionisti di Tel Aviv che preparano un'aggressione all'Iran.
Queste le premesse del discorso di Berlino che per il segretario del Pd Walter Veltroni dimostrerebbe che "con Obama l'America lavorerà per la pace e per il riconoscimento dei diritti, per abbattere i muri che dividono popoli e razze, per combattere le guerre, il terrorismo e il rischio di catastrofi ecologiche. Le idee di Obama sono una concreta speranza per un mondo nuovo". Al contrario non c'è da illudersi, nella sostanza non cambierà molto se l'imperialismo americano alle elezioni di novembre cambierà il cavallo repubblicano con quello democratico.

10 settembre 2008