Arrogandosi il diritto di poliziotto del mondo
Obama deciso a bombardare la Siria
I pacifisti americani manifestano in piazza contro la criminale decisione
Letta tenga fuori l'Italia dall'aggressione, anche se verrà avallata dall'Onu

"Gli Stati Uniti devono intervenire contro il regime di Assad. Sono pronto a dare l'ordine", affermava il presidente americano Obama il 31 agosto, "chiederò l'autorizzazione ai rappresentanti dei cittadini americani al Congresso. Il dibattito ci deve essere perché la decisione è troppo importante. Siamo pronti ad andare avanti come un'unica nazione", anche da soli e "l'attacco potrebbe essere domani, fra una settimana o un mese". Il premio Nobel per la pace è deciso a bombardare la Siria e chiedeva formalmente al Congresso di autorizzare raid militari. Un voto che dovrebbe arrivare nella settimana del 9 settembre.
Il testo della risoluzione che chiede l'intervento diretto degli Usa afferma che "l'obiettivo dell'uso della forza in rapporto alla sua autorizzazione dovrebbe essere di prevenire, ostacolare e degradare il potenziale per futuri usi di armi di distruzione di massa", un attacco limitato contro i siti con quelle armi che Obama può ordinare quando lo ritenga appropriato. Il testo in un passaggio ricorda che nel 2003, nel "Syria Accountability and Lebanon Sovereignty Act", il Congresso constatò che "l'acquisizione da parte della Siria di armi di distruzione di massa minaccia la sicurezza del Medioriente e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti". Un richiamo che collega direttamente la politica interventista dell'imperialismo americano da Bush a Obama senza soluzione di continutà, con Obama che si arroga il diritto di gendarme del mondo e ripete il percorso che portò all'aggressione all'Iraq.
La Casa Bianca dal 2012 ripeteva che sarebbe intervenuta direttamente nella crisi siriana in caso di uso di armi di distruzione di massa da parte del regime di Assad. Più volte ha cercato tali prove e finalmente dice di averle trovate, ammesso che non si tratti di una nuova farsa modello le inesistenti armi di Saddam.
Il 21 agosto, mentre a Damasco sbarcava il team di ispettori delle Nazioni Unite per verificare l'utilizzo o meno di armi chimiche da parte del governo in questi due anni di guerra, diversi gruppi dell'opposizione al regime di Assad accusavano le forze di Damasco di aver usato armi chimiche nei bombardamenti sull'area di Ghouta, nella periferia Est di Damasco, che avrebbero provocato oltre 1.300 morti, arrivati negli ospedali con i sintomi tipici di chi ha ispirato gas nervino. Il governo siriano confermava l'attacco ma negava l'uso di tali armi.
Esperti medici affermano che è pressoché impossibile capire se i morti sono dovuti all'impiego di armi chimiche quali il sarin, che colpiscono i centri nervosi, a meno di essere presenti al momento della morte. E diversi esperti hanno espresso perplessità in merito all'uso di gas nervino analizzando i video e le foto largamente diffuse su internet.
Che sia vero o piuttosto falso l'uso delle armi chimiche da parte del regime di Damasco nulla aggiunge ai crimini di Assad che massacra il suo popolo e al fatto che il popolo siriano ha il diritto di decidere il proprio destino e futuro politico. Non possono essere il gendarme del mondo Obama o i regimi arabi reazionari che sostengono parte delle opposizioni a determinarlo, cercando giustificazioni come l'uso di armi chimiche. Dato tra l'altro che gli imperialisti americani sono quelli che hanno usato le proibite armi al fosforo quantomeno a Falluja in Iraq.
Il vice presidente Kerry affermava che gli "Usa hanno prove dell'uso del sarin dai campioni raccolti dai primi soccorritori il 21 agosto", senza attendere le analisi degli esperti dell'Onu, sfiorando il ridicolo dato che secondo gli esperti il sarin uccide anche i soccorritori.
Il 23 agosto Obama diceva che "stiamo raccogliendo informazioni sull'evento" e affermava di non voler procedere a un intervento esterno senza un mandato dell'Onu. Intanto il capo del Pentagono Chuck Hagel rendeva noto che una nave della VI Flotta del Mediterraneo restava sul posto invece di tornare come previsto alla sua base di Norkfolk unendosi alle altre tre navi da guerra presenti nella regione e armate di missili Tomahawk.
Il 28 agosto la Gran Bretagna presentava il progetto di risoluzione di "protezione dei civili" per ottenere un'autorizzazione all'intervento sulla base del capitolo VII della Carta delle Nazioni unite. La risoluzione era stoppata dal veto annunciato dalla Russia e dalla Cina.
Il premier inglese David Cameron cercava di mantenere l'iniziativa sul fronte degli interventisti e convocava una riunione del parlamento per aver il via libera all'intervento. La mozione interventista del governo era bocciata dalle opposizioni laburiste e da un gruppo di conservatori e Cameron doveva mettersi in seconda fila, lasciando la prima linea al presidente francese, il socialista Hollande, che pareva deciso a mandare i suoi caccia anche senza l'appoggio Usa. A mettere un freno a Cameron erano le proteste di piazza contro l'intervento.
Proteste che si faranno sentire anche negli Usa. I pacifisti americani sfilavano nelle piazze in diverse città per chiedere "Lavoro, non guerra" con cartelli che chiedevano "lasciate stare la Siria, non spendete i soldi delle nostre tasse per bombardare degli innocenti, siamo stanchi di guerre". "Obama è un gran mentitore, come Bush" denunciavano i manifestanti contrari all'intervento in Siria. Dalle piazze americane e europee si deve levare alta la protesta per fermare i missili imperialisti puntati verso la Siria.
Aspettiamo il rapporto degli ispettori dell'Onu che potrebbe arrivare alla fine di settembre, diventava la parola d'ordine ripetuta dalla cancelliera Merkel dopo un colloquio telefonico con Putin. Il presidente russo definiva "insensate" le accuse contro Damasco e rimandava all'imminente vertice del G20 a San Pietroburgo la discussione sulla crisi siriana.
Anche il presidente del consiglio italiano Enrico Letta rimandava al vertice del G20 e pur ribadendo la necessità di liquidare il regime di Assad che "possiede arsenali di armi chimiche il cui uso è un crimine contro l'umanità (solo quello da parte di Damasco?, ndr)" affermava che comprendeva "l'iniziativa di Stati Uniti e Francia, alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare". Il ministro degli Esteri Emma Bonino sosteneva che anche in caso di via libera dell'Onu, l'appoggio dell'Italia "non è automatico" perché "non credo - sosteneva - che esistano soluzioni militari alla questione siriana, la soluzione diplomatica è l'unica strada da seguire". Certo, Letta deve tener fuori l'Italia dall'aggressione, anche se verrà avallata dall'Onu.
La Lega Araba affermava che non avrebbe dato "alcun via libera per un intervento militare in Siria" sostenendo una soluzione politica del conflitto.
Registriamo infine la posizione del Vaticano che denunciava il pericolo di allargamento del conflitto in caso di attacco alla Siria: "La via di soluzione dei problemi della Siria non può essere l'intervento armato. La violenza non ne verrebbe diminuita. C'è, anzi, il rischio che deflagri e si estenda ad altri paesi. Il conflitto in Siria contiene tutti gli ingredienti per esplodere in una guerra di dimensioni mondiali", affermava Mario Toso, del dicastero vaticano Giustizia e Pace. E ha insistito: "L'alternativa non può essere che quella della ragionevolezza, delle iniziative basate sul dialogo e sul negoziato. Insomma occorre cambiare strada. Occorre imboccare senza indugio la via dell'incontro e del dialogo. Come ha fatto intendere Papa Francesco". Che al contrario del predecessore Giovanni Paolo II sembra non benedire più "le guerre umanitarie".

4 settembre 2013