Il candidato della "sinistra" dell'imperialismo americano prende meno voti del 2008
Da Berlusconi a Vendola esultano per la rielezione di Obama
Entusiasmo alle stelle del "manifesto" trotzkista. Oltre 75 milioni di americani disertano le urne. Più delle precedenti elezioni
Discorso patriottardo

Le elezioni presidenziali del 6 novembre scorso negli Usa si sono concluse con la vittoria del candidato della "sinistra" dell'imperialismo americano, il democratico Barack Obama, riconfermato per il suo secondo mandato. Con meno voti e un vantaggio più risicato rispetto al concorrente repubblicano delle presidenziali del 2008 ha comunque ottenuto 332 grandi elettori, contro i 206 dello sfidante repubblicano Mitt Romney che gli garantiscono la rielezione nell'assemblea dei grandi elettori che si terrà ai primi di gennaio.
Una rielezione che gli ha portato anche messaggi o attestati di congratulazioni da tutto il mondo, compresa l'Italia dove il coro degli esultanti è andato sorprendentemente, ma a ben vedere forse no, da Berlusconi a Vendola; col contorno di molti organi di stampa, fino all'entusiasmo alle stelle del "manifesto" trotzkista.
Obama ha vinto in 27 Stati contro i 24 di Romney e ha ottenuto complessivamente quasi 62 milioni di voti contro i 58,5 del repubblicano. Nel 2008, nella prima corsa elettorale alla Casa Bianca contro il repubblicano McCain, aveva vinto in 28 stati e ottenuto 69,5 milioni di voti. Dopo quattro anni ha quindi perso 7,5 milioni di consensi, più del 10% del proprio elettorato nonostante una caccia spietata al voto condotta fino all'ultimo giorno, con i sondaggi che davano molto ridotto il suo vantaggio sul concorrente.
Anche Romney ha avuto 1,3 milioni di voti in meno del collega McCain nel 2008. Obama e Romney hanno quindi registrato entrambi un segno negativo di consensi per i propri partiti. Chi è cresciuta di quasi il 6% è invece la diserzione del voto; è stata scelta da oltre 75 milioni degli aventi diritto, circa 8 milioni in più.
Rispetto al 2008 Obama ha perso negli stati dell'Indiana e North Carolina ma ha strappato ai repubblicani Minnesota, Wisconsin e Iowa. Piccole modifiche che si registrano anche nelle contemporanee elezioni per il rinnovo parziale di camera e senato che vedono confermate la maggioranza democratica in senato e quella repubblicana alla camera.
Fra i primi messaggi di congratulazioni al rieletto Obama quello del presidente del Consiglio italiano Mario Monti che guarda "con piacere alla continuazione della cooperazione tra noi, fondata sulla particolare sintonia che si è venuta creando, a livello personale così come tra i nostri due governi. (...) La fiducia che il popolo americano ha voluto saggiamente rinnovarle consentirà alla Comunità internazionale, all'Europa e all'Italia di beneficiare, senza soluzione di continuità, della sua leadership e di quello straordinario buonsenso che ho potuto apprezzare sin dal nostro primo incontro alla Casa Bianca nel febbraio scorso e che lei, signor Presidente, sa diffondere con rara efficacia nei fori internazionali". Martedì 13 novembre Obama ha telefonato all'inquilino di Palazzo Chigi per rimarcare la sintonia Washington-Roma.
Meno passionale, ovviamente, ma non per questo meno entusiastica la dichiarazione di Berlusconi che ha voluto sottolineare: "conosco per esperienza diretta la competenza e la leadership del Presidente Obama. A lui i migliori auguri di buon lavoro. L'America è in buone mani e questa è un'ottima notizia per tutti: per la comunità mondiale, per l'Europa e per l'Italia, che degli Stati Uniti è da sempre un alleato sicuro e leale".
In sintonia col leader di SEL Nichi Vendola, che grazie alle nuove tecnologie ha bruciato tutti sul tempo e ha aperto la sua pagina Facebook con la foto dell'abbraccio tra Obama e la moglie col commento "Four more years (per altri quattro anni). Obama ce l'ha fatta. Buongiorno a tutti".
Soddisfatto il segretario del PD Pier Luigi Bersani che legge la rielezione di Obama come un viatico per le sue auspicate prossime vittorie: "è significativo che Obama abbia vinto combattendo ogni linguaggio populista, scegliendo la strada difficile della verità e mettendo al centro del proprio programma i temi della solidarietà e del lavoro. Con Obama vince l'America dell'inclusione e delle libertà. Questo risultato è uno sprone per i partiti democratici e progressisti europei. Ora tocca a noi fare la nostra parte per vincere e contribuire ad un'uscita dalla crisi nel segno dell'equità".
Senza freni l'entusiasmo de il manifesto trotzkista per la vittoria di Obama che risalta nelle numerose pagine dedicate all'evento. L'editoriale dell'8 novembre a firma di Marco d'Eramo comincia con "l'abbiamo scampata bella. Abbiamo scampato quattro anni di darwinismo sociale, rigorismo budgetario, nuova recessione, nuovo riarmo, e forse nuova guerra in Iran: insomma un Bush riscaldato".
Non promette nulla di più il discorso patriottardo che Barack Obama ha tenuto sul palco al McCormick Place di Chicago appena avuta conferma della rielezione. Un messaggio dai toni quasi messianici per difendere la leadership dell'imperialismo americano nel mondo e assicurare che "per gli Stati Uniti d'America il meglio deve ancora venire".
"Vogliamo lasciare un Paese sicuro, rispettato e ammirato nel mondo, una nazione difesa dall'esercito più forte del pianeta e dai soldati migliori che questo mondo abbia mai conosciuto (sic!). Ma anche un Paese che avanza con sicurezza oltre quest'epoca di guerra, per costruire una pace fondata sulla promessa di libertà e dignità per ogni essere umano". Infatti Obama ha rimodulato le spese militari per far sì che l'esercito più forte del pianeta possa esercitare la sua pressione maggiore nell'area del Pacifico a fronteggiare la più pericolosa delle concorrenti imperialiste, la Cina. Senza dimenticare le continue minacce di intervento contro l'Iran, i massacri di civili in Afghanistan e Pachistan. O la mancata chiusura, promessa nella precedente campagna elettorale, del lager di Guantanamo, quello sì una negazione della libertà e della dignità.
"Questo Paese ha più ricchezza di qualunque nazione, ma non è questo che ci rende ricchi. Abbiamo le forze armate più potenti della storia (ancora un richiamo ai muscoli imperialisti, ndr), ma non è questo che ci rende forti" ha proseguito Obama per arrivare a rivendicare che "ciò che rende l'America eccezionale sono i legami che tengono insieme la nazione più diversa della terra. La convinzione che abbiamo un destino comune, che questo Paese funziona solo quando riconosciamo che abbiamo degli obblighi, gli uni verso gli altri e nei confronti delle generazioni future. La libertà per cui tanti americani hanno combattuto e sono morti si porta dietro non soltanto dei diritti, ma anche delle responsabilità. E fra queste responsabilità c'è l'amore, la carità, il senso del dovere e il patriottismo. È questo che rende grande l'America". Soprattutto il patriottismo, sembra dire Obama quando negli esempi cita ben due casi che hanno a che fare coi militari, i soldati "che si riarruolano dopo aver perso un arto" e "quei soldati dei Seals che sono saliti di corsa lungo le scale, nel buio e a rischio della vita, perché sapevano che dietro avevano un compagno che gli guardava le spalle". Non sono pochi i richiami positivi ai soldati in guerra in giro per il mondo e meno male che Obama è un Nobel per la pace.
"Insieme, con il vostro aiuto e con la grazia di Dio, proseguiremo nel nostro viaggio e ricorderemo al mondo perché viviamo nella più grande nazione della terra. Grazie, America. Dio vi benedica. Dio benedica questi Stati Uniti", concludeva Obama, col classico richiamo a Dio e alla patria, prima di tornare tra le braccia della famiglia che lo aveva accompagnato fino al centro del palco prima dell'inizio del discorso.
Chi sembra non avere intenzione di benedire la seconda amministrazione Obama potrebbero essere le agenzie di rating che a urne chiuse annunciavano la possibilità di far scattare il declassamento degli Usa nel caso si aggravi ulteriormente l'astronomico deficit di bilancio, che si avvicina percentualmente ai livelli italiani. O meglio è la crisi economica e finanziaria che continua a mordere anche negli Usa.

14 novembre 2012