Intervenendo all'Assemblea generale dell'Onu
Obama rivendica il diritto dell'imperialismo americano di intervenire in Medioriente con le armi quando lo ritiene necessario

Il presidente degli Usa chiede una risoluzione "forte" sulla Siria mentre apre al dialogo col nuovo presidente iraniano ritenendolo moderato
Nell'intervento all'Assemblea generale dell'Onu lo scorso 24 settembre il presidente americano Barack Obama ha dedicato molto spazio ai temi caldi della politica internazionale e in particolare a quanto avviene in Medioriente e dintorni per rilanciare, quantunque accompagnata da promesse di aiuti umanitari e disponibilità al dialogo, la politica interventista dell'imperialismo americano nella regione financo con le armi quando lo ritenga necessario. Una posizione arrogante e inaccettabile a sostegno del ruolo che Obama ha autoassegnato agli Usa, quello di cane da guardia del mondo.
Per quanto riguarda la crisi siriana il presidente americano chiedeva al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di approvare una risoluzione "forte"per fare in modo che la Siria mantenga i suoi impegni sulla dismissione delle armi chimiche. "Ci sono prove evidenti sulle responsabilità del regime di Assad nell'attacco del 21 agosto scorso", affermava Obama e quindi "la comunità internazionale deve imporre un bando sulle armi chimiche". Il riferimento alle "prove evidenti" richiama alla mente quelle sbandierate dalla stessa tribuna dal generale Powell che per conto di Bush affermò il falso per giustificare l'aggressione all'Iraq. Non può essere credibile Obama che non ha mai punito i generali americani che pure avevano impegnato le armi al fosforo a Falluja in Iraq.
La sceneggiata di Obama continuava definendo "un insulto alla ragione umana" la posizione di chi mette in dubbio le responsabilità di Assad negli attacchi con le armi chimiche e non accetta supinamente la verità propinata dalla Casa Bianca. A suo dire l'uso di tali armi "non rappresenta solo una violazione del diritto internazionale ma un pericolo per la nostra sicurezza", e sfiorava il ridicolo quando ribadiva: "è interesse di sicurezza nazionale degli Stati Uniti rispondere all'uso di armi chimiche da parte del regime di Assad attraverso un attacco militare mirato. L'obiettivo di questo attacco sarebbe dissuadere Assad dall'uso di armi chimiche, ridurre la capacità del regime di usarle e mettere in chiaro al mondo che non accetteremo il loro uso".
Visti gli sviluppi dei negoziati fra Usa e Russia che porteranno di lì a poco a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu sulla distruzione degli arsenali chimici della Siria Obama alzava solo tatticamente il piede dall'acceleratore per rallentare l'escalation interventista contro la Siria e annunciava di aver chiesto ai leader del Congresso Usa di rinviare il voto sull'intervento militare per dare una possibilità alla diplomazia per costringere Assad a consegnare le armi chimiche e "distruggerle sotto il controllo internazionale". In ogni caso, ribadiva che le Forze armate erano pronte a partire.
"Viviamo in un mondo dalle scelte imperfette. Ma la sovranità non può essere uno scudo per i tiranni per commettere gratuiti massacri", così, con due parole, il nuovo gendarme del mondo Obama si metteva sotto i piedi il rispetto dei diritti sovrani di un paese. "Non siamo il poliziotto del mondo - affermava e chiudeva l'intervento con la consueta esaltazione dell'imperialismo americano - ma se, con un rischio e uno sforzo minimi, possiamo evitare che dei bambini vengano uccisi col gas, rendendo così i nostri bambini più sicuri nel lungo periodo, penso che dovremmo agire. È questo che rende l'America diversa. È questo che ci rende eccezionali".
In merito alla questione dei rapporti con l'Iran Obama aveva espresso la sua apertura al dialogo col nuovo presidente iraniano ritenendolo moderato. "Siamo incoraggiati dal fatto che il presidente Rohani abbia ricevuto un mandato per un corso più moderato", affermava sottolineando che "gli ostacoli potrebbero essere molto grandi ma credo fermamente che il percorso diplomatico (con Tehran, ndr) debba essere testato". A dimostrazione della buona volontà dell'imperialismo americano, Obama ammetteva il ruolo avuto della Cia nel colpo di Stato che aveva deposto il presidente iraniano Mohammed Mossadegh nel 1953 e dato il via alla dittatura dello Scià, spazzata via dalla rivoluzione antimperialista islamica guidata da Khomeini. Bello sforzo, lo sapevamo già.

2 ottobre 2013