Contro la macelleria sociale del governo e dei padroni
Occorre lo sciopero generale subito
Lavoro, bloccare prezzi e tariffe, aumentare salari e pensioni,
respingere il nuovo modello di contratto, tagliare le tasse agli operai e ai pensionati
La macelleria sociale determinata dall'ultima finanziaria del neoduce Berlusconi non ha precedenti e per questo occorre lo sciopero generale subito per difendere i diritti dei lavoratori, dei pensionati, degli studenti dagli attacchi dell'asse governo-Confindustria.
Il padronato sta tentando di demolire il contratto di lavoro nazionale, a favore della contrattazione di II livello, aziendale e territoriale, per legare i salari alla produttività e agli utili d'impresa; di cancellare il tetto per i contratti a termine, così le aziende li potranno prorogare più di una volta, e in definitiva senza limiti, oltre la durata dei 36 mesi previsti; di introdurre ampie deroghe per l'allungamento dell'orario di lavoro da "contrattare" a livello aziendale, ciò anche in relazione alla recente sciagurata direttiva europea che permette di prolungare l'orario fino a 60 ore settimanali.
Nei programmi di Berlusconi non vi è nulla per creare nuovi posti di lavoro e combattere l'aumento della disoccupazione, elevatissima specie nel Mezzogiorno, anzi i licenziamenti cadono sin d'ora come una mannaia su moltissimi settori, dalla scuola, alla sanità, dai servizi pubblici in genere, all'Alitalia.
La caduta verticale del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni è uno dei più gravi ed attuali problemi sociali. A causa di un fisco esoso che pesa in modo abnorme sul lavoro dipendente, la povertà cresce senza sosta e attanaglia milioni di italiani che non hanno soldi per pagare l'affitto e le bollette, per mangiare, per curarsi, per vestirsi e per soddisfare altre elementari esigenze. Nello stesso tempo i profitti dei capitalisti raddoppiano e i ricchi diventano più ricchi.
Nei suoi documenti finanziari il governo ha fissato il tasso d'inflazione programmata all'1,7%, mentre quella misurata dall'Istat ha superato il 4% e quella relativa ai beni di prima necessità e ai prodotti energetici è probabilmente oltre il doppio di quest'ultima. Ciò comporta un ulteriore taglio alle retribuzioni dei lavoratori. Tutto aumenta tranne le buste paga e anzi, come denuncia la Cgil, vi sarà una perdita di 1.000 euro in due anni per le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori. Occorrono forti aumenti salariali, specie per i redditi più bassi, occorre adeguare le pensioni, specie quelle più povere, occorre ripristinare la scala mobile per i salari e le pensioni, occorre ridurre le tasse sui redditi mediobassi, occorre bloccare i prezzi e le tariffe.
Il neoduce continua sulla strada della privatizzazione e dei tagli devastanti alla spesa pubblica. Ben 9 miliardi di euro sono quelli previsti nella Sanità per il 2009 e 20 miliardi nel triennio. Se si sommano poi a quelli previsti per le regioni e gli enti locali, che ammontano a 3,4 miliardi, si deduce che questi ultimi, considerato che su di essi pesa l'80% degli interventi nel "Welfare", dovranno cancellare prestazioni fondamentali per le masse popolari, oppure fornirle a pagamento e aumentare le tasse locali ed i ticket. Inaccettabile la misera cifra prevista dalla finanziaria per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, resa operativa senza accordo sindacale e i provvedimenti presi da Brunetta contro i lavoratori del settore calunniati come "fannulloni".
La scuola risulta il settore più gravemente colpito dai tagli del governo nei prossimi anni. Ben centocinquantamila sono i posti di lavoro in meno tra docenti e personale ata, il che prefigura licenziamenti in massa dei precari della scuola, la diminuzione del livello di qualità dell'insegnamento, lo scadere dei servizi e delle infrastrutture scolastiche pubbliche in Italia.
Particolarmente gravi saranno le ripercussioni di questa politica antipopolare sul Mezzogiorno, dove si può prevedere un aumento della disoccupazione e del lavoro nero, della povertà e dell'emigrazione, nonché un rafforzamento della criminalità organizzata. Senza contare che l'ulteriore grave passo verso il federalismo fiscale, disegnato dalla proposta di legge Calderoli, avrà conseguenze devastanti sulle casse delle regioni più povere del Sud.
Vediamo con dispiacere che i sindacati dei lavoratori confederali e non, di fronte ad una emergenza politica, sociale ed economica senza pari come questa, sono divisi e ciascuno di essi marcia da solo.
Preoccupano, in particolare, le posizioni filogovernative e filopadronali della Cisl e della Uil. Il nostro auspicio è che si riesca a costruire una piattaforma comune per andare allo sciopero generale di tutte le sigle sindacali. Altrimenti la macelleria sociale del neoduce Berlusconi andrà avanti.
Contro questa criminale politica di tagli e stangate per demolire ogni residuo del cosiddetto "Stato sociale" e privatizzare l'Italia occorre costruire un fronte unito molto allargato, composto dagli operai, dai lavoratori di tutti i settori, metalmeccanici in testa, in particolare del pubblico impiego, della sanità, della scuola, dell'Università, dei servizi pubblici locali, dagli studenti medi e universitari, dai movimenti di lotta nazionali come quello contro la privatizzazione del ciclo dell'acqua e dei rifiuti e quello della stabilizzazione dei ricercatori e dei precari della scuola e dell'Università, affinché l'autunno sia davvero caldo!
Lo sciopero generale non può più essere rimandato! Anche se Cisl e Uil non ci stanno, la Cgil lo promuova senza indugi. Se i dirigenti dei sindacati di regime tentennano sullo sciopero generale vanno pressati, se tardano o si rifiutano di indire la mobilitazione spetta alle rappresentanze sindacali aziendali, spetta ai lavoratori prendere le decisioni del caso! Bisogna andare tutti in piazza per: lavoro, bloccare prezzi e tariffe, aumentare salari e pensioni, respingere il nuovo modello di contratto, tagliare le tasse agli operai e ai pensionati. Ma sarà difficile ottenere tutto ciò se non abbatteremo il governo Berlusconi e la terza repubblica.

1 ottobre 2008