Dopo otto giorni di bombardamenti, l'esercito nazista sionista invade la "Striscia"
Olocausto a Gaza
512 morti, più di 3 mila i feriti, tra cui molti civili e bambini. Manifestazioni di solidarietà in Italia e nel mondo
Israele va sciolto. uno Stato due popoli

La sera del 3 gennaio è scattata l'invasione della striscia di Gaza da parte dell'esercito sionista. Muovendo oltre 10 mila soldati e i carri armati, coperti dai bombardamenti dell'artiglieria e dell'aviazione, il regime nazista sionista di Tel Aviv ha dato il via alla seconda fase dell'aggressione denominata "Piombo fuso" con l'obiettivo di colpire la resistenza palestinese e abbattere il legittimo governo guidato da Hamas. Un obiettivo programmato da tempo e esplicitamente dichiarato dal governo Olmert per continuare a negare i diritti del popolo palestinese e tenerlo sotto controllo con la forza, data la scarsa rappresentatività del governo fantoccio del presidente Abu Mazen. Un progetto che può portare avanti impunemente grazie all'avallo dei paesi imperialisti e dei regimi arabi reazionari.
A dar credito alle veline diffuse dai sionisti di Tel Aviv e rilanciate come oro colato dai complici governi imperialisti, l'attacco a Gaza sarebbe stato deciso per porre fine al lancio dei razzi da parte della resistenza palestinese; in altre parole sarebbe stato provocato da Hamas che quindi deve essere "punita". Una tesi inaccettabile che pretenderebbe di negare ai palestinesi il diritto di difendersi e di riunciare alla resistenza all'occupazione. Ma basterebbe anche ricordare che nel giugno scorso la resistenza palestinese aveva accettato una tregua unilaterale per sei mesi impegnandosi a non condurre azioni ostili in cambio della riapertura di Gaza, della sospensione dei bombardamenti e delle azioni "mirate" contro singoli esponenti palestinesi; il 14 dicembre scorso Hamas dichiarava la fine della tregua registrando che nei sei mesi erano stati uccisi 49 palestinesi, di cui 41 civili, mentre nella striscia di Gaza sotto assedio israeliano mancavano l'energia elettrica, il cibo e persino l'acqua potabile. Una situazione di emergenza denunciata anche dallo speciale relatore ONU per i diritti umani nei Territori palestinesi, Richard Falk, un ebreo americano professore di diritto internazionale, che definiva la politica israeliana verso la popolazione araba molto simile a un "crimine contro l'umanità". In una sua dichiarazione al Consiglio per i diritti umani a Ginevra, egli aveva sostenuto che "sarebbe obbligatorio per una Corte criminale internazionale investigare sulla situazione e determinare se i leader politici israeliani e i comandanti militari responsabili dell'assedio di Gaza non andrebbero accusati e processati per violazioni contro le leggi criminali internazionali". Il 15 dicembre scorso Falk era stato espulso da Israele con l'accusa di aver dichiarato che esistono similitudini fra il trattamento riservato da Tel Aviv ai palestinesi e quello che i nazisti riservavano agli ebrei.
D'altra parte quello che si profila a Gaza è un vero e proprio olocausto. Secondo quanto dichiarato il 5 gennaio (giorno in cui scriviamo questo servizio) dal responsabile della principale organizzazione sanitaria di Gaza le vittime a quella data sono almeno 512, fra cui molti civili e bambini, i feriti almeno 3 mila mentre altre vittime sono ancora sotto le macerie degli edifici distrutti dai bombardamenti.
L'aggressione dei nazisti sionisti iniziava il 27 dicembre con il più massiccio bombardamento aereo mai registrato contro le città palestinesi. Nel corso dei primi raid, che saranno almeno 800, già si contavano oltre 250 vittime cresceranno di giorno in giorno. Distrutte dalle bombe sedi del governo palestinese, parti dell'Università islamica, abitazioni e il 3 gennaio anche una mosche piena di fedeli a Beit Lahiya.
Secondo una denuncia rilanciata dal quotidiano inglese Times l'esercito sionista avrebbe usato anche le proibite armi al fosforo bianco, le stesse munizioni impiegate dagli imperialisti Usa in Iraq, nel novembre del 2004 a Falluja, e da Tel Aviv nella fallita aggressione al Libano contro Hezbollah nel 2006.
Respingendo le inconsistenti e quasi complici richieste di "un cessate il fuoco immediato" da parte della Ue e del Quartetto (Onu, Ue, Russia e Usa), di cui spiccava il vergognoso silenzio dell'inviato speciale per il Medioriente l'ex premier laburista inglese Blair, il regime di Tel Aviv per bocca del ministro della Difesa, il laburista Ehud Barak, affermava che Israele "ha lanciato una guerra a oltranza contro Hamas e i suoi simili" e tirava dritto. E ammassava soldati e mezzi blindati attorno alla striscia di Gaza preparando l'attacco di terra che scattava il 3 gennaio quando colonne di fanteria e mezzi blindati sionisti entravano nel nord e nella parte centrale della striscia di Gaza. Hamas aveva promesso di "trasformare Gaza in un cimitero di militari israeliani" e la resistenza palestinese ingaggiava battaglia casa per casa mentre una trentina di razzi colpivano la città di Ashkelon.
L'aggressione sionista alla striscia di Gaza sollevava un vasto movimento di solidarietà e di proteste a partire dai fratelli palestinesi in Cisgiordania e Libano, a tanti paesi nel mondo di cui diamo di conto in altri servizi a parte. Alle denunce dell'aggressione e alle offerte di aiuti umanitari del governo iraniano facevano seguito nel paese numerose manifestazioni popolari, cosiccome in Libano e nei paesi arabi. Numerose le manifestazioni anche in Italia, a alcune delle quali era presente il PMLI che prontamente il 29 dicembre aveva diffuso un comunicato stampa dal titolo "Genocidio nazista a Gaza" nel quale si sottolinea tra l'altro che la via di uscita non può essere che la libertà per tutta la Palestina, lo scioglimento di Israele e la costituzione di un solo Stato per due popoli.
Il 4 gennaio iniziava, con una nuova richiesta di tregua, una missione ufficiale dell'Unione europea, guidata dalla presidenza di turno della Repubblica Ceca, il cui presidente si era già schierato con gli Usa a fianco dei sionisti di Tel Aviv. Dalla missione europea si era smarcato il francese Sarkozy che nel contemporaneo viaggio in Medioriente, cosiccome nell'agosto scorso per la crisi della Goergia, cercava una mediazione per conto proprio e uno spazio imperialista autonomo dagli Usa, trovando nell'occasione al suo fianco il premier britannico Gordon Brown.
Con Obama che opportunisticamente tace, l'amministrazione Bush a fine mandato ha continuato a appoggiare "Israele che ha diritto di difendersi", la stessa posizione del governo Berlusconi, e ha bloccato il 4 gennaio all'Onu una risoluzione presentata dalla Libia che pur si limitava a chiedere un immediato cessate il fuoco.
Una proposta che comunque sarebbe stata respinta dal regime nazista sionista di Tel Aviv che sbatteva la porta in faccia anche all'offerta avanzata dall'emissario del presidente russo Dimitri Medvedev di fare da tramite con Hamas per una eventuale tregua. Il ministro degli Esteri israeliano e candidata premier alle prossime elezioni politiche, Tzipi Livni liquidava l'inviato di Mosca con un "siamo seriamente intenzionati a fare male a Hamas e non abbiano nessuna intenzione di offrire una legittimazione facendo arrivare loro dei messaggi. D'altra parte con Hamas non abbiamo niente di cui discutere".
Ai proclami del dimissionario governo sionista Olmert rispondeva il 4 gennaio un responsabile di Hamas, Moushir Al-Masri, che affermava che "il nemico non è riuscito a colpire i suoi obiettivi e che la resistenza, con i pochi mezzi di cui dispone, l'ha sorpreso. Al momento giusto, il nemico annuncerà il suo fallimento e la resistenza proclamerà la vittoria".

7 gennaio 2009