Nel 56° anniversario del trattato di pace
AN, DS e Margherita rendono omaggio ai profughi fascisti di Istria, Dalmazia e Fiume
Fini addirittura propone una "giornata della memoria"
UN ALTRO PASSO VERSO LA RIABILITAZIONE DELLA DITTATURA FASCISTA DI MUSSOLINI

Il 10 febbraio scorso, presso il quartiere Giuliano-Dalmata di Roma, si è tenuta la commemorazione ufficiale del 56° anniversario del trattato di pace Italia-Jugoslavia, firmato sotto l'egida dell'amministrazione alleata, che mise fine alla contesa territoriale scoppiata tra i due paesi alla fine della seconda guerra mondiale. La commemorazione dell'avvenimento del 10 febbraio 1947, che portò da una parte alla riunificazione di Trieste e alla sua assegnazione all'Italia, e dall'altra all'assegnazione di Pola, Fiume, Zara e di parte del territorio giuliano alla Jugoslavia, è stata in realtà un'occasione strumentalizzata dai fascisti, con l'acquiescenza della "sinistra" parlamentare, per organizzare una manifestazione di sfacciato stampo nazionalista e revanscista, centrata sulla vicenda delle "foibe" e dell'esodo degli italiani "cacciati" dai territori restituiti alla Jugoslavia.
La cerimonia, alla presenza di alcune centinaia tra "esuli" istriani e dalmati e loro discendenti venuti dall'Italia e dall'estero, è stata infatti gestita da una nutrita rappresentanza di fascisti di AN guidata, a nome del governo, dal loro stesso caporione Gianfranco Fini, presenti anche il ministro per gli Italiani all'Estero, l'ex repubblichino Mirko Tremaglia e il ministro per le Comunicazioni, Maurizio Gasparri. Non mancavano però esponenti dell'"opposizione", come il senatore triestino della Margherita Willer Bordon, e come il capogruppo dei deputati DS Luciano Violante, che ha partecipato inviando un messaggio di saluto alla federazione delle associazioni degli esuli istriani. Contemporaneamente analoghe cerimonie di commemorazione venivano tenute dai presidenti Pera e Casini nelle rispettive aule parlamentari
Fini ha chiesto "ufficialmente scusa" agli "esuli" a nome del governo italiano "per l'insensibilità che per tanto, troppo tempo, le istituzioni hanno avuto verso una umana tragedia che in realtà è la tragedia di tutto il nostro popolo", e li ha ringraziati "per ciò che avete fatto in questi decenni per mantenere vivo il ricordo, affinché i nostri figli e i nostri nipoti sapessero ciò che i libri di scuola colpevolmente non insegnarono": un chiaro aggancio, questo, alle recente riproposizione di un disegno di legge reazionario di Forza Italia, appoggiato da AN e Lega, per epurare i libri di storia "marxisti" e riscriverli in chiave fascista.

LA "GIORNATA DELLA MEMORIA"
L'erede di Almirante e Mussolini ha infine assicurato i presenti che "il governo prende l'impegno, che auspico non sarà solo di una coalizione, ma di tutto il parlamento, che il 10 febbraio diventi la data ufficiale della rimembranza e un ponte verso l'Europa": cioè di istituzionalizzare questa giornata, come chiede una proposta di legge di AN firmata dal capogruppo alla Camera, l'ex squadrista Ignazio la Russa e da Roberto Menia, "per far conoscere - recita la proposta - e rinnovare il ricordo della tragedia delle foibe e dell'esodo di 350 mila italiani". A questa iniziativa fascista se ne aggiunge un'altra particolarmente infame, a firma del consigliere regionale lombardo di AN Silvia Ferretto Clementi, che propone di "cancellare dalla toponomastica italiana il nome del maresciallo Tito da sostituire al più presto con strade intitolate ai martiri delle foibe".
L'ex "ragazzo di Salò" (definizione di Violante), Mirko Tremaglia, nel sottolineare anche lui la necessità dell'istituzione della "giornata della memoria" del 10 febbraio, ha aggiunto che "oggi qui compiamo un atto di doveroso omaggio e di profonda devozione verso tutti i caduti e tutti gli esuli che, per la vendetta comunista delle bande di Tito, hanno pagato la loro unica colpa: essere italiani". Anche il diessino Violante, nel suo messaggio, ha dato il suo assenso alla proposta dei fascisti, per "trasmettere alle giovani generazioni una memoria senza le reticenze del passato": "Una giornata della memoria, questa dell'esodo dall'Istria e dalle coste dalmate, che deve essere di tutta l'Italia, perché tutta l'Italia ha un debito ancora insoluto nei confronti di quegli italiani", ha puntualizzato l'ex presidente della Camera. Non c'è da stupirsi dell'adesione di questo rinnegato, dal momento che fu il primo ex "comunista" a chiedere la riabilitazione dei fascisti che militarono nella sanguinaria "repubblica di Salò", e che in seguito si è distinto anche nel fiancheggiamento della sporca campagna revisionistica e fascista sugli "esuli" istriani e dalmati e sui cosiddetti "martiri delle foibe", lanciata da Fini e patrocinata dagli ex presidenti Cossiga e Scalfaro, nonché dall'attuale inquilino del Quirinale, Ciampi. Questa disgustosa convergenza tra la destra e la "sini-stra" di regime rappresenta oggettivamente un altro passo verso la riabilitazione completa della dittatura fascista di Mussolini.

I CRIMINI DEL FASCISMO IN JUGOSLAVIA
Sulla questione dei cosiddetti "martiri delle foibe" e dell'esodo degli italiani dalle terre restituite alla Jugoslavia siamo intervenuti diverse volte, e in particolare ricordiamo l'articolo assai esaustivo "Sulla questione delle foibe. Origine, storia, cause e responsabilità" (Il Bolscevico n. 29/2001). Ne riassumiamo qui brevemente alcuni elementi storici essenziali:
Dopo l'annessione all'Italia dei territori della Slovenia e della Croazia stabilita col trattato di Rapallo del 1920, il fascismo mussoliniano attuò, con la complicità della Chiesa, un'italianizzazione forzata della popolazione, basata su una politica razzistica di snazionalizzazione delle popolazioni autoctone (divieto dell'uso del serbo-croato, imposizione dell'italiano nelle scuole e negli uffici pubblici, italianizzazione dei cognomi), di epurazione dei posti di lavoro sostituendo mano d'opera locale con italiani immigrati, e con scorribande delle squadracce nere che seminavano il terrore nelle città e nei villaggi per scoraggiare qualsiasi ribellione. Nonostante ciò le ribellioni della popolazione slava ci furono, e centinaia furono i processi e le condanne a morte comminate dai tribunali speciali fascisti.
La situazione si aggravò ulteriormente a partire dal 1941 con l'aggressione nazifascista alla da poco nata Jugoslavia (1929), e con la costituzione dello Stato fantoccio di Croazia guidato dai sanguinari ustascia di Ante Pavelic. Questi ultimi, insieme ai nazisti, misero letteralmente a ferro e fuoco quelle terre. Nelle zone occupate dall'esercito italiano le repressioni, le stragi, gli incendi di villaggi e le deportazioni nei campi di concentramento, dove si moriva a migliaia per fame, malattie e torture, non furono però inferiori. Un milione di morti vittime della repressione nazifascista, più altri 700 mila caduti nella lotta di liberazione: questo il tributo di sangue pagato dagli jugoslavi alla feroce politica di aggressione e di conquista di Mussolini e Hitler verso quella nazione.
è da questo tragico retroterra che scaturiscono episodi - peraltro più circoscritti di quanto la propaganda fascista e revisionistica tende a far credere - come quello delle "foibe" e degli "esuli" istriani e dalmati. Nelle "foibe", nel settembre 1943, furono gettati dalla popolazione insorta e dai partigiani jugoslavi alcune centinaia (e non migliaia come sostengono i fascisti) di fascisti, nazisti, slavi collaborazionisti, ustascia e cetnici, colpevoli di gravi crimini di guerra contro la popolazione, processati, passati per le armi e quindi infoibati.

ALL'OMBRA DELLA "GUERRA FREDDA"
Lo stesso successe nel 1945, durante e dopo la Liberazione, dove la stessa sorte fu riservata oltre che a fascisti, nazisti e collaborazionisti, anche ad alcuni "partigiani bianchi" utilizzati dai servizi segreti alleati per contrastare militarmente ai partigiani jugoslavi la ripresa di possesso delle terre annesse dal fascismo. La "guerra fredda" degli anglo-americani contro il comunismo era praticamente già cominciata, e questo spiega anche perché gli alleati non vollero mai consegnare al governo jugoslavo che ne aveva fatto richiesta i criminali di guerra italiani, e perché sui crimini dell'esercito italiano in Jugoslavia è sempre stato mantenuto un segreto impenetrabile, protetto gelosamente negli archivi italiani e degli altri paesi della Nato. Allo stesso tempo, dopo la rottura di Tito con Stalin, i paesi Nato non ebbero più interesse a soffiare sul fuoco dei rapporti tra Italia e Jugoslavia.
Questo ruolo fu lasciato ai fascisti, che proprio all'ombra di questo colpevole silenzio dei governi italiani e dei comandi militari Nato sui misfatti degli italiani in Jugoslavia hanno potuto imbastire nel tempo la loro infame campagna nazionalista, revanscista e sciovinista sulle "foibe" e sui "profughi" dall'Istria e dalla Dalmazia. Essi si fanno alfieri della "verità" sulle "vittime delle foibe" e sugli italiani "scacciati" dalla Jugoslavia, ma si guardano bene dal solo accennare agli efferati crimini di guerra commessi dall'esercito di Mussolini in quelle terre. In questo, va detto, aiutati dai rinnegati del comunismo, che li coprono per arrivare a una "pacificazione nazionale" che superi gli antichi steccati.
Nonostante però il furore revisionistico che sta imperversando per riabilitare il fascismo e chiudere per sempre la parentesi resistenziale, nel nome della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e imperialista, qualcosa comincia a venire alla luce dalle ricerche storiche più serie e indipendenti sulla vera storia della politica fascista in Jugoslavia; ricerche, uscite sotto forma di pubblicazioni e anche di servizi televisivi, che dimostrano inconfutabilmente, documenti alla mano, che l'occupazione, la repressione e l'oppressione italiana non furono affatto "minori" di quella nazista, e che sfatano il mito alimentato ad arte dai fascisti e dai revisionisti storici degli "italiani brava gente". Questo, naturalmente, senza nulla togliere alla grandezza di quei tanti soldati italiani che seppero riscattare l'onore del nostro Paese passando dalla parte dei partigiani jugoslavi e combattendo insieme a loro contro i nazisti e le brigate nere mussoliniane, di cui i fascisti di AN continuano a dimostrarsi - al di là di ogni travestimento "democratico" - gli stessi zelanti eredi.