Con il vergognoso inciucio PD-PDL in commissione Giustizia e la "moratoria" pretesa dallo schieramento trasversale omofobo
Le "larghe intese" manovrano per affossare di nuovo la legge contro l'omofobia
Le associazioni lgbt esigono "una legge, non una mezza legge"

Dopo anni di boicottaggi, rinvii e bocciature, la legge genericamente indicata come "legge contro l'omofobia e la transfobia", ovvero più precisamente per estendere la legge Mancino-Reale che punisce chi esercita "discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi" anche a chi commette tale reato contro gay, lesbiche e transessuali, stava per arrivare finalmente in dirittura d'arrivo in parlamento. Il 23 luglio la commissione Giustizia della Camera doveva approvarne il testo base presentato dai relatori Scalfarotto (PD) e Leone (PDL), e la discussione in aula era già stata calendarizzata per il 26 luglio.
Dopo il vergognoso affossamento, nella scorsa legislatura, del pur timido disegno di legge della deputata PD Paola Concia, ad opera di uno schieramento trasversale di omofobi cattolici e non cattolici presenti in forze nel PDL, nell'UDC e nella Lega, ma anche in non trascurabile misura nello stesso PD, stavolta i mutati rapporti di forza in parlamento sembravano finalmente favorevoli a una rapida approvazione di una legge di così elementare civiltà, sollecitata da tempo anche dalla Corte europea dei diritti. Stavolta con il PD, che in campagna elettorale aveva promesso solennemente di ripresentarla e farla approvare, più Sel e Movimento 5 Stelle, la legge contro l'omofobia e la transfobia potrebbe contare in teoria su una maggioranza più che schiacciante, sia nella commissione Giustizia che in assemblea, ben 435 deputati su 630. A cui si potrebbero aggiungere anche quelli della parte "laica" di Scelta civica.
Lo sa bene il PDL, che non appena il disegno di legge è approdato in commissione ed è stato calendarizzato per la discussione in aula ha cominciato le grandi manovre per affossarlo di nuovo, contando anche sull'avversione dei cattolici del PD, ma soprattutto sulla incallita propensione di questo partito al cedimento e al compromesso pur di tenere in piedi il governo Letta-Berlusconi e le "larghe intese" volute da Napolitano. È così che alcuni tra i gerarchi cattolici di Berlusconi più reazionari e omofobi, come Lupi, Sacconi e Gelmini, a cui si è aggregata anche la "laica" Carfagna, si sono messi a strepitare reclamando una "moratoria sui temi etici", con un rinvio della legge perché troppo "divisiva" e perché meno urgente rispetto ai temi del lavoro e dell'economia. Mentre i mastini alla Giovanardi e alla Gasparri si incaricavano di scagliarsi a testa bassa contro la legge, accusandola rispettivamente di essere una legge "illiberale di ispirazione comunista" e di essere "contro i principi naturali e la Costituzione".

"Libertà di opinione" per giustificare l'omofobia
Contemporaneamente, in commissione Giustizia, pidiellini e leghisti capeggiati dalle cattoliche reazionarie Eugenia Roccella (PDL) e Paola Binetti (Scelta civica), ma imitati anche da qualche "teodem" come il PD Beppe Fioroni, presentavano una valanga di emendamenti, più di 350, per cercare di far saltare i tempi dell'approvazione. Emendamenti esaltati dal quotidiano dei vescovi, Avvenire, come volti "a evitare che la legge diventi strumento di imposizione di modelli culturali uniformanti e non condivisi". Il pretesto più frequentemente addotto per sostenere questa tesi capziosa è infatti quello della libertà di opinione, che la legge andrebbe secondo costoro a colpire, punendo anche chi considera semplicemente peccato l'omosessualità.
Altri punti contestati e oggetto degli emendamenti erano l'identità di genere e il divieto di associazione, chiedendo per esempio la cancellazione della norma sullo scioglimento delle associazioni omofobe, oppure di non applicare le sanzioni quando le idee omofobe o transfobe vengano "diffuse limitatamente all'ambito educativo, didattico, accademico, scientifico, letterario, teologico, catechistico, purché non incitino alla discriminazione, all'odio o alla violenza". Altri emendamenti chiedevano di escludere i casi di "selezione di persone per incarichi di lavoro o per l'ammissione a corsi di insegnamento e formazione all'interno di agenzie educative, formative, culturali o religiose", e così via. Insomma, tutte le scappatoie possibili e immaginabili per rendere praticamente inapplicabile la legge.
Accordo al ribasso con inciucio a destra
Il risultato di tutte queste manovre è stato come sempre il cedimento del PD, che guardandosi bene dal fare asse col M5S per mettere nell'angolo il PDL e approvare a maggioranza il testo originario, ha condotto una febbrile quanto indecente trattativa per arrivare a un compromesso con il partito del neoduce: nella legge Mancino del 1993, che modifica la legge Reale del 1975 aggravando le pene per i reati basati su motivi "razziali, etnici, nazionali o religiosi", venivano aggiunti sì anche i motivi "fondati sull'omofobia e la transfobia", ma spariva l'estensione dell'aggravamento delle pene anche a questi ultimi, svuotando così la legge di ogni effetto deterrente. Inoltre le stesse espressioni inserite, "omofobia" e "transfobia", per quanto chiare sul piano del senso comune, non lo sono altrettanto su quello giuridico penale, perché fanno riferimento più alla paura che all'odio nei confronti di chi è considerato sessualmente "diverso", e quindi rischiano di generare difficoltà interpretative.
In cambio dell'insperato regalo PDL e Lega rinunciavano agli emendamenti, che però potranno ripresentare tranquillamente in aula. Su questo compromesso al ribasso c'è stata comunque una sostanziale convergenza di tutti, tanto che il nuovo testo frutto dell'accordo Scalfarotto-Leone è stato votato da PD, PDL e SEL, con il solo no (di bandiera) della Lega e l'astensione (tattica) del M5S. Come se non bastasse, per effetto della ritardata approvazione del "decreto del fare", è saltata anche la presentazione della legge in aula prevista per il 26 luglio, e a questo punto è in forse persino la sua approvazione prima della chiusura estiva, dati gli altri provvedimenti "urgenti", a cominciare dal ddl sulle "riforme costituzionali", che si affollano in parlamento. Nel qual caso essa potrebbe slittare ancora una volta alle calende greche, realizzando così in modo mascherato la "moratoria" che aveva chiesto il PDL e che il PD aveva ufficialmente "respinto".

Denuncia delle associazioni LGBT
Un sporco gioco al ribasso e al rinvio, questo della maggioranza PD-PDL-Scelta civica, estesa per l'occasione alla Lega e coperta anche dall'opportunismo di SEL e M5S, al quale però le associazioni e i movimenti contro le discriminazioni sessuali si rifiutano di abboccare. In un documento comune Arcigay, Arcilesbica, Agedo, Famiglie arcobaleno, Mit, Associazione radicale certi diritti e Equality Italia, avvertono che "dopo decenni di attesa, le persone gay, lesbiche e trans esigono una legge, non una mezza legge. E la esigono in tempi brevi". "In quella legge - sottolineano - devono necessariamente trovare tutela tutti gli orientamenti sessuali e le identità di genere. Non solo: attraverso quella norma devono essere perseguiti non soltanto le discriminazioni ma anche tutti i reati di origine omotransfobica. In questa direzione devono essere attuati gli emendamenti".
In un comunicato postato sul suo sito il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli denuncia esplicitamente l'emendamento Scalfarotto-Leone che "svuota ulteriormente di senso la norma e la rende del tutto inutile, eliminando le aggravanti previste invece per le altre fattispecie discriminatorie come razzismo e religione". "Siamo profondamente delusi e arrabbiati - scrive il suo presidente Andrea Maccarone - della piega surreale che ha preso il dibattito nelle ultime ore. Il Partito democratico e SEL alla Camera hanno una maggioranza numerica solida e devono dimostrare di saper tenere fede ai loro impegni approvando l'integrale e completa estensione della legge Mancino ad orientamento sessuale e identità di genere, con un testo efficace, completo e applicabile. Altrimenti li considereremo complici degli omofobi e potremo dichiarare ufficialmente il voto a questo centro-sinistra un voto inutile e un voto truffa".

Lottare contro il governo e il capitalismo
Il PMLI, che da sempre è al fianco del movimento LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) e ne sostiene le lotte e le rivendicazioni, non può che condividere tali denunce e auspicare che esse vadano ancor più a fondo della questione individuando il governo Letta-Berlusconi e il capitalismo come i veri responsabili di ogni ingiustizia sociale, disparità di sesso e atteggiamento omofobo da parte del governo, delle istituzioni, dei gruppi e dei singoli individui. E in questo quadro ripropone l'invito che il compagno Federico Picerni, Responsabile del lavoro giovanile del CC del PMLI, pronunciò, come delegato del Centro del Partito, il 28 novembre 2012 al Congresso nazionale dell'Arcigay a Ferrara, in cui basta sostituire all'allora governo Monti l'attuale governo Letta-Berlusconi perché tali parole conservino tutta la loro piena attualità:
"Noi non distinguiamo - sottolineava Picerni - questo o quello sulla base del sesso e dell'orientamento sessuale, bensì sul piano prettamente politico e di classe: democratico o antidemocratico, antifascista o fascista, proletario o borghese. E su questa base ricerchiamo l'unità d'azione con tutti coloro che lottano per il cambiamento sociale e un mondo nuovo".
"Allo stesso tempo - aggiungeva il compagno - nel pieno rispetto dell'indipendenza dell'Arcigay dai partiti politici, ci auguriamo che il movimento LGBT concorra alla caduta del governo Monti della grande finanza, dell'UE, della macelleria sociale e dei manganellatori fascisti. Infatti nulla ha fatto né in tema di diritti civili, salvo l'ipocrita 'rammarico' del ministro Fornero dopo la bocciatura della legge contro l'omofobia, né contro il proliferare delle teppaglie fasciste che continuano impunemente ad aggredire lesbiche, gay e transessuali. Non bisogna però illudersi che dopo Monti ci potrà essere un governo in grado di risolvere i problemi delle masse popolari e di LGBT finché perdura il capitalismo, con la sua cultura retrograda e oscurantista. Per noi, l'unica via d'uscita è l'Italia unita, rossa e socialista".

31 luglio 2013