L'azienda risponde così al sequestro di 900 milioni di euro da parte della procura di Taranto per il disastro ambientale dell'Ilva
Gli operai in piazza contro la ricattatoria serrata dei Riva
Scioperi, cortei, presidi, assemblee davanti agli stabilimenti serrati: a una voce gli operai chiedono, "Tornare al lavoro!". A Verona gli operai urlano "Mafiosi!" ai parlamentari
Nazionalizzare subito e senza indennizzo il gruppo Riva

Da Sud a Nord, devastazione ambientale, malattie e tumori, disoccupazione, ricatti e licenziamenti di massa. È questo che il gruppo Riva, per accaparrarsi stratosferici profitti dopo aver messo le mani nel 1995 sul settore acciaio privatizzato, ha procurato alle masse popolari e lavoratrici italiane. Adesso un'altra arrogante serrata in risposta al sequestro di 916 milioni degli 8 miliardi di euro richiesti dai giudici per il risanamento dell'Ilva di Taranto: dal 12 settembre hanno imposto la chiusura degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti), con la conseguente estromissione dalle loro fabbriche di 1.402 tra operai e dipendenti. Mentre scriviamo corre il dodicesimo giorno di questa infame serrata.
Il governo Letta-Berlusconi, supino di fronte al ricatto padronale, di fatto avalla la violenza dei Riva contro migliaia di famiglie operaie e consente a questi pescecani di apportare un danno enorme all'economia italiana già in crisi, mentre intanto chiacchiera di un decreto già pronto da votare, il quale, secondo le prime indiscrezioni, altro non farebbe che estendere il fallimentare sistema del commissariamento ad altri settori aziendali.
La vera risposta all'arroganza padronale è arrivata dalle dure manifestazioni operaie esplose all'annuncio della serrata dei Riva: incredulità, rabbia, ma anche una tangibile e incrollabile determinazione a non subire questo ricatto padronale si respira nelle manifestazioni che ormai quasi giornalmente riguardano i relativi stabilimenti. L'ultima il 24 a Verona, dove oltre 2mila operai, provenienti dalle fabbriche serrate del Nord, Lombardia e Piemonte, hanno dato vita a un corteo partito dalla sede dello stabilimento veronese dell'Ilva per arrivare in Prefettura. Qui erano riuniti tutti i parlamentari veronesi presi di mira dagli operai a fischi, urla "mafiosi! mafiosi!". Già nei giorni passati Verona è stata il centro della protesta che ha visto scendere in piazza centinaia di operai Ilva, insieme a quelli delle Officine Ferroviarie Veronesi vittime di una trattativa che impedisce di far ripartire l'attività, al grido "Lavoro! Lavoro!".
Anche a Caronno Pertusella una dura protesta dei 156 operai che all'esterno dello stabilimento serrato hanno svolto presidi con gli striscioni sindacali al grido di "Lavoro, lavoro!", mentre denunciano: "Il lavoro c'è ma ci costringono a stare fermi!". Sono 256 gli operai di Lesegno "in libertà", formula usata dai Riva nel loro odioso comunicato, che hanno organizzato assemblee ai cancelli della fabbrica per chiederne l'immediata riapertura. "In libertà": senza ammortizzatori sociali, senza contributi e stipendio. L'indicazione della Fiom è quella di presentarsi ai cancelli e, se sono chiusi, di chiamare i carabinieri per verbalizzare che è l'azienda che non intende far entrare i lavoratori.
Protestano anche i 436 operai degli stabilimenti della Vallecamonica contro la chiusura dei tre stabilimenti di Malegno, Cerveno, Sellero. L'indotto qui raccoglie oltre un migliaio di operai in protesta. Non si riesce ancora a calcolare il danno economico che i Riva, unici fornitori di molte aziende della zona, stanno procurando all'economia regionale e nazionale.

Nazionalizzare il gruppo Riva
È questa violenza continua e predatoria che ha fatto del gruppo Riva un nemico giurato della salute e del lavoro, del proletariato e dell'ambiente italiani.
Le fabbriche devono essere liberate immediatamente dal loro diktat mafioso e riaperte. Vanno pagate ai dipendenti le giornate di lavoro non lavorate per colpa dei padroni e i relativi contributi. Non bisogna cedere al ricatto dei Riva: va tenuta ferma la posizione che lavoro e salute, lavoro e tutela ambientale devono e possono convivere. Per questo la magistratura deve andare fino in fondo e costringere il gruppo Riva a pagare tutti i costi inerenti i danni dell'inquinamento a Taranto e della bonifica dello stabilimento e del territorio. Abbiamo già richiesto tempestivamente nel periodo degli scioperi di Taranto l'immediata nazionalizzazione dell'Ilva come unica strada in grado di salvaguardare insieme e contestualmente salute, ambiente e lavoro. Di fronte all'escalation di violenza contro i lavoratori e al ricatto contro la magistratura e le masse popolari messa in atto dal gruppo Riva che sta volontariamente estendendo le difficoltà degli operai tarantini a tutti i "suoi" siti produttivi sul territorio nazionale, non c'è commissariamento che tenga. A questo punto, l'unica soluzione per gli interessi immediati e futuri degli operai e per il valore strategico del settore economico dell'acciaio per l'Italia noi chiediamo l'immediata nazionalizzazione di tutto il gruppo senza indennizzi.

25 settembre 2013