Pane e pasta alle stelle
Aumenti pesanti e generalizzati di tutti i generi alimentari
Ormai il pane viene venduto a peso d'oro. È bastato qualche rincaro del prezzo del grano sui mercati internazionali per dare la stura a una selvaggia speculazione dei prezzi dell'alimento di primaria necessità e povero per eccellenza che è il pane, che insieme alla pasta, costituisce la base della dieta alimentare del popolo italiano.
Per un chilo di pane "comune" (che è diverso da regione a regione) ormai si va da un minimo di 2,30 euro di Catanzaro, Firenze, ecc. ai 4,80 euro di Bologna. Per non parlare dei prezzi dei pani "speciali", delle focacce e prodotti da forno, divenuti un lusso per pochi.
Questa volta se n'è accorta anche l'Istat. I dati sull'inflazione di settembre, a fronte di un indice medio dell'1,7% hanno registrato un aumento generalizzato dei prezzi dei generi alimentari (+2,7%). In particolare quello del pane che è salito in un anno di ben il 7,5% e della pasta, del 4,5%. Consistenti aumenti dei prezzi di carni e pollame +6,7%, del latte +3,2%, della frutta +5,6%, del riso +3,4%, delle uova +3,8% e del caffè +3,2%.
La situazione del caro-spesa è molto più allarmante di quanto viene presentata giacché è risaputa la tendenza dell'Istat a sottostimare le variazione al rialzo dei prezzi.
Forti dubbi sull'attendibilità dei dati Istat sono stati espressi nel corso di un convegno dal presidente della Coldiretti Sergio Marini e dal presidente della Federconsumatori Rosario Trefiletti. Quest'ultimo si chiedeva come mai l'Istat non aveva tempestivamente rilevato gli aumenti del prezzo del pane, visto che già a marzo una circolare dei panificatori napoletani evidenziava aumenti di 30 centesimi al chilo. Marini invece, con scontrini alla mano, denunciava il caso di un negozio di Roma, appartenente alla media-grande distribuzione, che tra il 29 settembre e il 1 ottobre aveva praticato aumenti del pane tra il 50% e il 70%, a seconda delle tipologie di prodotto. "Una situazione - ha aggiunto Marini - che difficilmente è conciliabile con un aumento medio annuo indicato attorno al 7%. È chiaro che ci sono fenomeni poco controllati e poco controllabili". Intanto nella capitale l'Antitrust ha aperto un'indagine per verificare se i panificatori hanno formato un cartello anticoncorrenziale per l'aumento del listino prezzi. Staremo a vedere.
Comunque sia i prezzi salgono e i carrelli si svuotano. La prima conseguenza dell'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità è la perdita del potere d'acquisto delle famiglie ed il conseguente calo dei consumi. Gli acquisti in quantità della pasta sono calati del 5,6% e quelli del pane del 6,1% (dati Ismea-Ac Nielsen relativi ai primi cinque mesi del 2007). La quantità di pane consumato per uso domestico dagli italiani ha raggiunto - sottolinea la Coldiretti - il minimo storico scendendo per la prima volta, su base annua, sotto il milione di tonnellate (989mila tonnellate). La riduzione dei consumi è certamente collegata al cambiamento degli stili di vita, ma è stata anche accompagnata - aggiunge la Coldiretti - da un progressivo aumento dei prezzi con rincari che per il pane sono stati del 419% negli ultimi venti anni. Una crescita inarrestabile che non è stata influenzata dall'andamento del prezzo del grano che, nonostante le variazioni congiunturali, è oggi circa lo stesso del 1985. Le associazioni degli agricoltori tornano a mettere sotto accusa la filiera. I prezzi, denunciano alla Cia (Confederazione italiana agricoltori), si gonfiano in maniera abnorme dal campo alla tavola. Da uno studio della Coldiretti emerge che per pane e dolci il prezzo dal campo al consumo si moltiplica rispettivamente da 12 a 70 volte, a significare che il grano incide per meno del 10% rispetto al prezzo di vendita del pane.
Di fronte a tali dati fa imbufalire la reazione del governo Prodi. Mentre le associazioni dei consumatori lanciano l'allarme sul caro-spesa chiedendo ai ministri interessati, Sviluppo economico e Agricoltura di agire al più presto con interventi mirati e calcolano che ogni famiglia spenderà 400 euro l'anno più per poter mangiare, il ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro, getta acqua sul fuoco: "Il temuto caro-spesa - dice - è stato scongiurato" perché "nonostante l'incremento eccezionale dei prezzi agricoli internazionali di questi mesi, l'indice generale dei prezzi è rimasto invariato". E meno male che è laureato in Economia Agraria! Vai a spiegargli che nelle famiglie a basso reddito, in quelle formate da pensionati e da operai, la spesa per mangiare è, insieme a quella per la casa, quella che assorbe la maggior parte dei redditi. Vai a spiegargli che per le famiglie a basso reddito e i pensionati, la spesa per le "comunicazioni", i cui prezzi secondo l'Istat sono in discesa dell'8,8%, è una voce residuale del loro bilancio, mentre mangiare devono mangiare tutti i giorni e per far fronte al solo aumento del pane dovranno spendere circa 185 euro in più. Evidentemente De Castro, e con lui tutti i signori del palazzo, che ogni mese intasca tra indennità di ministro e deputato, quasi 20 mila euro, vive su un altro pianeta.

24 ottobre 2007