Il parlamento greco approva l'affamamento del popolo imposto dall'Unione europea imperialista
All'eurogruppo il varo della manovra non basta e chiede ulteriori tagli e garanzie di rispetto del piano

Con 199 sì e 78 no il parlamento greco ha approvato il 12 febbraio il feroce piano di austerità imposto al paese dall'Unione europea imperialista. Gli scenari drammatici evocati dal premier Lucas Papademos, e dai due partiti che reggono la coalizione di governo i socialisti del Pasok di Papandreu e il partito di destra Nuova Democrazia (Nd) di Simitis nel caso di bocciatura del piano di austerità, necessario per ottenere in cambio la nuova tranche di aiuti da 130 miliardi di euro, hanno permesso la tenuta della maggioranza, contenendo malumori e abbandoni dei gruppi parlamentari alimentati soprattutto dalla dura protesta popolare che anche nelle ore del voto faceva sentire la sua voce nell'assedio della sede del parlamento. Assieme al varo della manovra, la convocazione delle elezioni politiche anticipate per il prossimo aprile.
Già al momento del varo della manovra in sede governativa si erano dimessi sei membri dell'esecutivo, quattro ministri e due vice, il terzo partito della coalizione, il Laos di destra, annunciava l'abbandono del sostegno al governo e in sede di discussione parlamentare altri 40 deputati, 20 del Pasok e altrettanti di Nd annunciavano il voto contrario e venivano espulsi. La maggioranza in parlamento è scesa da 236 a 193 dei 300 seggi totali. Fra i voti contrari quelli del gruppo parlamentare del Kke che denunciava il ricatto della Ue e chiedeva la cancellazione unilaterale del debito.
Quello approvato in parlamento è un piano di tagli alla spesa pubblica e di future dismissioni del patrimonio statale da 4,5 miliardi solo per il 2012 che aggiunge un carico di insopportabili sacrifici ai lavoratori e alle masse popolari riprendendo alla lettera le "raccomandazioni" imposte da Unione europea, Banca europea e Fondo monetario, la troika, che vanno dalla riduzione dei salari minimi e delle pensioni ai licenziamenti di massa nel pubblico impiego ai tagli alla sanità pubblica, alla svendita delle aziende statali.
In particolare le misure varate dal governo greco prevedono la cancellazione di fatto dei contratti nazionali per poter attuare tra l'altro il taglio del 22% del salario minimo garantito, che scende a circa 580 euro lordi mensili, e una riduzione ancora maggiore, pari al 32% per i neoassunti. Tagli che si aggiungono a quelli di pari entità già in vigore dal gennaio 2012 sugli stipendi dei dipendenti pubblici.
Sono previsti 15 mila licenziamenti nel settore pubblico entro il 2012, un anticipo del licenziamento di circa 150 mila dipendenti pubblici previsto entro il 2015. Che farà salire vertiginosamente il numero di disoccupati, attualmente un milione su 11 milioni in età di lavoro, il 20,9% della popolazione attiva. Se nella media uno su cinque è disoccupato, il dato sale ancora di più tra i giovani, quasi uno su due, e tra le donne, una su quattro. Dai licenziamenti e dal taglio di salari e pensioni il governo stima di recuperare oltre 3 miliardi di euro solo nel 2012, i due terzi della manovra.
Tagli pesanti colpiranno la spesa sanitaria, gli investimenti pubblici e le amministrazioni locali; in lista per la svendita ai privati le appetibili quote pubbliche nelle società energetiche e dell'acqua e nelle lotterie dalle quali il governo reputa di ricavare fino a 15 miliardi di euro entro il 2015.
In cambio di questa nuova pesante mazzata sulle masse popolari greche il governo Papademos spera di avere il via libera dalla Ue alla concessione di un nuovo prestito fino ad un massimo di 35 miliardi dal fondo temporaneo salva Stati (Efsf), un anticipo del secondo piano di aiuti pari a 130 miliardi di euro, dopo i 110 avuti nel maggio 2010. Subito gliene servono almeno 14,5 miliardi di euro per coprire i propri bond in scadenza il 20 marzo prossimo. Un altro pacchetto è necessario per chiudere l'intesa con le banche private che possiedono i titoli greci e che dovranno "accontentarsi" di un taglio del capitale investito. A compensazione degli istituti di credito ci sono comunque le iniziative della Banca centrale europea che presta loro soldi a tassi stracciati permettendogli di acquistare titoli di stato a tassi di rendimento superiori. Alla fine paga solo il popolo greco.
Il governo Papademos riteneva col voto del 12 febbraio di aver mantenuto gli impegni presi a Bruxelles ma non aveva fatto i conti con i cani da guardia dei conti pubblici greci, che hanno commissariato di fatto l'esecutivo di Atene per conto dei paesi imperialisti europei. La troika diceva, bene Atene ma non basta. Il 14 febbraio i membri dell'eurogruppo, i paesi aderenti alla moneta europea, affermavano di essere disposti a dare solo un via libera di principio alla concessione del prestito di 130 miliardi per evitare il default del Paese. I soldi arriveranno solo se il governo ellenico rispetterà altre due condizioni: un nuovo taglio di un miliardo di euro della spesa pubblica sui prodotti farmaceutici e altri 325 milioni di euro nel settore della Difesa, l'impegno scritto dei leader politici sul fatto che chiunque vinca le elezioni politiche metterà in pratica il programma approvato.
Dopo il voto del 12 febbraio il leader di Nuova Democrazia, Antonis Samaras, ha aperto di fatto la campagna elettorale annunciando che se verrà eletto primo ministro nelle prossime elezioni di aprile rinegozierà le misure di austerità imposte dalla troika.
"L'Eurogruppo ha fissato determinate condizioni per l'adozione del secondo programma di austerità greco, e in questa luce il voto del Parlamento greco è un passo in avanti cruciale verso l'approvazione di questo secondo piano di aiuti", un passo avanti non un via libera, rispondeva il commissario europeo agli Affari economici e monetari, 0lli Rehn, sottolineando che il governo greco avrebbe trovato certamente i soldi ancora mancanti e si diceva sicuro che sarebbe arrivata a Bruxelles la lettera scritta dalle forze politiche greche sull'impegno a perseguire le riforme anche dopo le prossime elezioni di aprile. Secco e lapidario il commento della Merkel: "Il programma di riforme della Grecia non poteva e non potrà essere cambiato. Ora si tratta di metterlo in pratica".
In ogni caso il cappio al collo del popolo greco messo dall'Unione europea imperialista resta ben stretto. I ministri europei vogliono comunque incassare prima l'intesa tra il governo greco e i creditori privati sul taglio del rimborso dei bond e il riscaglionamento del debito e vogliono vedere l'avvio dell'attuazione concreta delle misure adottate. Solo allora potrà arrivare il prestito per coprire la scadenza del 20 marzo sui bond e il resto a seguire.

15 febbraio 2012