Determinanti le assenze di molti deputati di FLI e UDC
Il parlamento nero vota la fiducia per cancellare il referendum

Con 301 voti a favore, 280 contrari e 2 astensioni la Camera nera ha approvato il 25 maggio, con il 43° voto di fiducia dall'inizio della legislatura, il cosiddetto decreto omnibus che il governo del neoduce Berlusconi ha presentato appositamente per cancellare il referendum sul nucleare.
In questo decreto, detto omnibus perché raccoglieva un'accozzaglia di provvedimenti tra i più disparati, come "disposizioni urgenti in favore della cultura (tra cui i fondi per Pompei, ndr), in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti" ecc., il governo aveva inserito infatti anche il decreto-truffa sulla "moratoria nucleare", che rinviando la decisione già presa della costruzione delle centrali nucleari, mirava a far decadere il referendum sul suo piano nucleare; e, di conseguenza, anche quelli sull'acqua e sul legittimo impedimento che si terranno il 12 e 13 giugno prossimi, contando di invalidarli col non raggiungimento del quorum a causa del mancato effetto di trascinamento che quello sul nucleare avrebbe sugli altri tre.
Che quel decreto-truffa fosse stato deliberato dal Consiglio dei ministri col preciso e unico intento di scippare il referendum sul nucleare e mettere una seria ipoteca anche sugli altri tre era stato lo stesso Berlusconi a confessarlo sfrontatamente, durante la conferenza stampa con il presidente francese Sarkozy a Roma: "Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per anni. Abbiamo, invece, deciso di aspettare uno o due anni perché gli italiani si tranquillizzino e l'opinione pubblica sia più consapevole della necessità di tornare al nucleare". In altre parole occorreva una sospensione del piano nucleare solo per far passare l'"effetto Fukushima", per poi tornare alla carica tra qualche tempo, quando le acque si saranno calmate. L'aver inserito questo decreto - che non abolisce del tutto il piano nucleare, come farebbe una vittoria del sì al referendum, ma lo rinvia soltanto di alcuni mesi per cancellare il referendum e sopire l'allarme nella popolazione - nel decreto omnibus insieme ad altri provvedimenti urgenti, ha permesso poi al governo di farlo passare col voto di fiducia, perché altrimenti da solo avrebbe corso il rischio di essere bocciato, in una semplice votazione ordinaria.
Questo sporco trucco è stato denunciato con forza in aula, anche se del tutto invano, dal leader dell'IDV Di Pietro, che ricordando la suddetta frase di Berlusconi alla conferenza stampa, l'ha così tradotta in chiaro: "Questo signore sta realizzando una truffa politica perché con artifizi e raggiri vuole indurre il popolo italiano a credere che non c'è bisogno di fare il referendum in quanto lui ha cambiato la legge ma la legge non solo non l'ha cambiata, non vuole cambiarla e, come ha detto ancora davanti a un testimone, Sarkozy, i contratti devono rimanere in essere, perché già si sono fatti e magari pure le mazzette e le tangenti sono state già pagate".
C'è da aggiungere tuttavia che se non fosse stato per le numerose assenze nelle file della "opposizione" il decreto-truffa avrebbe anche potuto essere bocciato, come dimostra la stentata maggioranza di 301 voti raggranellata dal governo, parecchio al di sotto della soglia di sicurezza dei 316 necessari che si vanta di avere già in tasca grazie ai voti comprati del gruppo dei "responsabili". Alla resa dei conti sono venuti però a mancare, perché provvidenzialmente "assenti", 9 deputati sui 29 del gruppo di FLI, e 10 su 36 dell'UDC. Ma non sono stati solo i gruppi di Fini e Casini a dare una mano al decreto-truffa antireferendum: mancavano anche 2 deputati dell'MPA di Lombardo, il capogruppo dell'IDV, Donadi, e altri due deputati del PD. In totale 23 voti che avrebbero potuto ribaltare il risultato, ma evidentemente non sono solo i partiti della maggioranza a non volere i referendum.
A questo punto la parola passa alla Corte di Cassazione, che dovrà stabilire con una sentenza in tempi rapidi se la moratoria approvata col decreto omnibus è sufficiente o meno a cancellare il referendum sul nucleare. In teoria non dovrebbe esserlo, perché il decreto stabilisce solo un rinvio della costruzione di centrali e non un divieto come chiede di fatto il referendum. Tant'è vero che il decreto stabilisce la sospensione solo "al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche" della non pericolosità, ed inoltre al presidente del Consiglio lascia la facoltà di adottare la "strategia energetica nazionale" ricorrendo a tutte le fonti energetiche, nucleare compreso. E ciò è ulteriormente confermato dal fatto che la maggioranza ha respinto tutti gli emendamenti che chiedevano di far diventare definitiva la moratoria nucleare. Ma non c'è da farsi illusioni perché le pressioni del governo e della lobby trasversale del nucleare saranno fortissime ed è molto probabile che i giudici della Cassazione si limitino ad una pilatesca applicazione letterale della legge dichiarando decaduto il referendum sul nucleare per il solo fatto che nel decreto-truffa siano richiamati letteralmente i passaggi di cui si chiede l'abrogazione.

1 giugno 2011