Col benestare di Napolitano e del PD
Il parlamento sospende la sua attività in solidarietà con Berlusconi e contro la Cassazione
Un atto eversivo di destra

 Cominciata col golpe della rielezione di Napolitano e del governo Letta-Berlusconi delle "larghe intese", da questa legislatura non ci si poteva aspettare che altri golpe istituzionali uno dietro l'altro, e così è stato. L'ultimo e più clamoroso esempio è la chiusura del parlamento per un giorno, pretesa dai gerarchi di Berlusconi in segno di "protesta", o meglio di ricatto contro la Corte di cassazione, pretesa avallata da Napolitano e accettata supinamente dal PD, a prezzo di nuove spaccature al suo interno e verso la propria base elettorale.
É quanto è successo mercoledì 10 luglio, dopo la decisione della Cassazione di fissare al 30 luglio l'esame del ricorso del neoduce contro la sentenza di appello per il processo Mediaset, che aveva confermato la sua condanna in primo grado a quattro anni di reclusione e a cinque di interdizione dai pubblici uffici. La decisione della Corte si era resa necessaria per evitare la prescrizione parziale della condanna per l'imminente scadenza dei termini, un atto dovuto previsto dai nuovi regolamenti introdotti da alcuni anni, ma che aveva scatenato le ire dell'interessato e la furia dei suoi gerarchi e gerarchesse del PDL, smaniosi di passare all'azione per dare una risposta la più clamorosa e devastante possibile a quella che bollavano come l'ennesimo e più grave "sopruso" della magistratura ai danni del loro boss.
É così che con una mossa congiunta il capogruppo del PDL alla Camera, Brunetta, e il suo omologo al Senato, Schifani, hanno chiesto perentoriamente al PD di sospendere per tre giorni i lavori delle Camere in segno di solidarietà con il loro leader. In caso contrario minacciavano la possibilità della caduta del governo: "Se ci dicono di no il governo è finito", proclamava infatti la portavoce di Berlusconi e candidata alla vicepresidenza della Camera, Daniela Santanchè.
Una richiesta sfacciatamente golpista e senza precedenti nella storia del parlamento italiano, almeno dai tempi della salita al potere di Mussolini, che ciononostante veniva prontamente accolta da Scelta civica di Monti e Casini e metteva in grave imbarazzo il vertice del PD, combattuto tra il terrore di uno scontro frontale col partito del neoduce, e la certezza di perdere definitivamente la faccia con la sua già abbastanza esasperata base elettorale.

Disgustosa trattativa PD-PDL con la mediazione del Colle
Ne è nata quindi una disgustosa trattativa sottobanco, condotta da Franceschini e Brunetta, sotto la mediazione di Napolitano, risoltasi con il "compromesso" di un "solo" giorno di sospensione dei lavori parlamentari, e la motivazione ufficiale sarebbe stata quella di consentire ai parlamentari del PDL di tenere un'assemblea per discutere della decisione della Cassazione. Un semplice fatto "procedurale", insomma, un normale atto di "fair play" verso le esigenze del PDL, di cui del resto anche il PD aveva usufruito in passato per tenere le sue riunioni di gruppo. E così è stato rivenduto dai capigruppo del PD alla Camera e al Senato, Speranza e Zanda, ai loro ignari parlamentari, convocati con urgenza in aula alle 13,30 via sms per una votazione "procedurale", che si sono invece trovati a dover avallare col loro voto quest'altra e più grave mostruosità istituzionale, senza neanche averne prima discusso all'interno del loro gruppo, sbeffeggiati e insultati con grida di "buffoni", "venduti" e "schiavi" dai parlamentari del M5S, che al Senato si sono anche tolti giacca e cravatta in segno di protesta per l'affronto alle istituzioni.
Nonostante infatti che lo stesso segretario Epifani la presentasse come una "vittoria" del PD, per aver accettato "solo" un giorno di sospensione anziché i tre richiesti dal PDL, e solo come fatto puramente "tecnico", era evidente a tutti che il significato politico della grave decisione non cambiava di una virgola: l'aver consentito cioè la chiusura del parlamento - poco importa se per un giorno o tre - in segno di ritorsione contro la decisione della corte e di pressione per condizionarne il giudizio futuro, nonché di minaccia contro l'indipendenza della magistratura, che si ostina a voler giudicare l'intoccabile Berlusconi e non si vuol piegare al potere politico. Tant'è vero che lo stesso primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce (tra l'altro chiacchierato come amico di Previti e gradito al PDL), si è sentito "in obbligo" di intervenire per precisare in tono conciliante che la decisione della corte era "una scelta obbligata" e non nascondeva "nessun accanimento" contro Berlusconi, aprendo anche alla possibilità di un rinvio dell'udienza qualora "il ricalcolo della prescrizione" lo permetta.
Questo era il vero significato dell'operazione compiuta dalle truppe del neoduce grazie al benestare del nuovo Vittorio Emanuele III e del PD (e anche dei presidenti delle Camere Laura Boldrini e Pietro Grasso, che non hanno trovato nulla da eccepire): un evidente atto eversivo di destra, tanto che perfino una trentina di deputati del PD si sono rifiutati di assumersene la responsabilità, astenendosi dal voto o uscendo dall'aula. Attaccati violentemente da destra come "sciacalli" e "merde" dal leader dei "giovani turchi" Matteo Orfini, forse anche perché tra di loro, oltre ai soliti Bindi e Civati, c'erano anche diversi renziani che avevano criticato come "suicidio politico" la gestione disastrosa della vicenda, in termini politici e d'immagine, da parte della segreteria Epifani e dei capigruppo bersaniani Speranza e Zanda. Un rovesciamento di posizioni, questo tra la destra renziana critica verso i cedimenti al PDL e la cosiddetta "sinistra" dei "giovani turchi" che difende invece a spada tratta il golpe parlamentare pro-Berlusconi, che ha del paradossale, ma che si spiega benissimo pensando che si tratta pur sempre di tutta una manica di opportunisti, variamente travestiti, che si scambiano i ruoli e si menano colpi bassi nella guerra per bande che dilania il partito in vista della resa dei conti finale al prossimo congresso.

Dissensi, proteste e dimissioni
Ma se il dissenso dei renziani era puramente strumentale a fini di lotta di potere interna, non così quello della base del PD, che come nei giorni del movimento di protesta "Occupy PD" si è sfogato in maniera esplicita e massiccia sul sito internet del partito, sui blog e sui social network, dove i post "giustificativi" di Zanda e Speranza, che tentavano di gabellare il nuovo cedimento per una "vittoria" sulle pretese "eccessive" del PDL, e i ridicoli "avvertimenti" di Epifani al PDL a "non tirare troppo la corda altrimenti si può spezzare", sono stati sommersi da una valanga di migliaia di commenti sarcastici, indignati e sprezzanti, quando non di veri e propri insulti. E non pochi annunciavano che stavolta la misura era colma e che non li avrebbero più votati.
La gravità dello "strappo" istituzionale avallato dal PD e da Napolitano è tale che perfino all'interno della commissione dei 35 "saggi" selezionati dal governo per coadiuvare la controriforma costituzionale presidenzialista c'è stato chi non se l'è sentita di coprirlo con il suo silenzio, come la giurista e costituzionalista Lorenza Carlassare, che ha deciso di dimettersi in segno di protesta contro il blocco del parlamento: "Se il parlamento ferma i lavori perché la data di una sentenza non consente a un imputato eccellente di fruire della prescrizione, per rispetto delle istituzioni e della democrazia costituzionale non posso certamente continuare a far parte della Commissione di un governo sostenuto da una simile maggioranza", ha scritto nella lettera di dimissioni inviata al ministro per le Riforme costituzionali Quagliariello. Nelle successive interviste ai giornali è stata ancor più esplicita, come in quella a "La Repubblica" del 12 luglio, in cui ha detto che "certe cose non succedono nemmeno in Africa", e che "come costituzionalista sono sconvolta, si è oltrepassato ogni limite. La sospensione era in realtà un'intimidazione bella e buona verso la Cassazione". "Soprattutto - ha aggiunto significativamente - non comprendo il PD: qualsiasi cosa gli chieda il PDL loro lo fanno, ma è mai possibile?".

17 luglio 2013