Il "centro-sinistra" di Pavia caccia i rom dalla città e li deporta nei paesi vicini
Cofferati e Domenici invocano "più poteri di polizia" per "espellere gli indesiderati"

Quello che sta succedendo dalla fine di agosto a Pavia nel silenzio e nell'indifferenza dei mass-media di regime, con lo sgombero forzato di una comunità rom e la sua dispersione nei comuni limitrofi, e i successivi assalti e tentativi di linciaggio a cui sono stati fatti segno, è di una gravità senza precedenti in Italia, e ricorda sinistramente i pogrom razzisti nella Russia zarista e nella Germania durante l'ascesa del nazismo. E la cosa che fa ancor più orrore e disgusto a una coscienza democratica degna di tale nome è che se a compiere materialmente le aggressioni sono stati gli squadristi di Forza nuova e gli xenofobi della Lega Nord, a spianare loro la strada e a creare il clima favorevole a questo infame rigurgito razzista è stata la "sinistra" di regime, con in testa la giunta comunale di "centro-sinistra" pavese guidata dalla diessina Piera Capitelli, che ha cacciato i rom dalla città infischiandosene della loro sorte e cercando di scaricarli ai comuni vicini: in pratica li ha gettati in pasto ai razzisti, perché essendo questi comuni in prevalenza amministrati dalla destra, essi hanno a loro volta organizzato vere e proprie spedizioni punitive fasciste per ricacciare i deportati verso il capoluogo.
I fatti sono iniziati il 30 agosto con lo sgombero forzato, deciso dalla giunta di "centro-sinistra" pavese, dell'area dismessa dell'ex Snia-Viscosa occupata da circa 200 migranti, tra cui diverse decine di rom, e la loro dispersione nei comuni dell'hinterland. Il tutto è avvenuto col complice silenzio dei cosiddetti "mezzi di informazione" che, tranne "il manifesto" e "Liberazione", e solo dopo gli episodi più gravi, hanno per la maggior parte ignorato la grave vicenda. Secondo la ricostruzione fatta dal deputato di Rifondazione Alberto Burgio, in un'interpellanza parlamentare ai ministri dell'Interno e della Giustizia, l'amministrazione comunale si è sempre rifiutata di prendere in considerazione la richiesta, avanzata da diverse forze politiche e sociali e dalle associazioni di volontariato, di provvedere ad attrezzare un'area per ospitare temporaneamente i migranti, così come ha sempre risposto picche alle proposte di recupero dell'area ex Snia ad uso pubblico, sostenendo che c'è già un progetto di recupero della proprietà (privata) dell'area, progetto che manco a dirlo prevede un centro commerciale ed edilizia residenziale di pregio, mentre ad uso pubblico ci sarebbe solo una scuola.
Dopo lo sgombero i migranti sono stati inviati prima in una cascina a Marcignago, poi verso un poligono in disuso, per raggiungere il quale occorreva attraversare il Comune di Torre d'Isola. Il sindaco di questa cittadina, Marco Bellaviti, ha organizzato picchetti razzisti che al grido di "vi mandiamo nelle camere a gas, nei forni crematori" hanno sbarrato la strada ai deportati, che come bestie al macello sono stati allora riportati a Pavia, alloggiati temporaneamente nel palazzetto dello sport e poi, dopo essere stati divisi in quattro gruppi, rispediti in altrettante località "segrete" dell'hinterland pavese.
Ma il loro calvario non era finito. Appena sistemati nei cascinali fatiscenti sparsi nella campagna, alcuni senza luce né acqua, i rom sono stati subito circondati da manipoli di squadristi di Forza nuova, affiancati dai sindaci della Lega e da alcuni cittadini aizzati dai fascioleghisti, che con cartelli e slogan razzisti e lancio di sassi, li hanno messi sotto assedio spaventando a morte le donne e i bambini e impedendo loro qualsiasi movimento. In alcuni casi, come ad Albuzzano e nel comune di Pieve Porto Morone, in località Gandina, è dovuta intervenire la forza pubblica per proteggere i rom dal rischio di veri e propri tentativi di linciaggio. Anche alcuni volontari venuti per portare soccorso alle famiglie sono stati aggrediti dai facinorosi fascioleghisti: una volontaria, molto nota nella zona per il suo impegno a favore dei migranti è stata aggredita e insultata al grido di "comunista di merda, vattene a Cuba con i tuoi zingari".
La responsabilità della giunta comunale pavese guidata dalla diessina Capitelli nell'aver dato il via a questa esplosione di furia xenofoba, razzista e fascista è stata talmente evidente da provocare - fatto più unico che raro - l'uscita del gruppo di Rifondazione dalla maggioranza, su decisione del Direttivo cittadino del PRC. Ma subito - manco a dirlo - sono iniziate le manovre della segreteria regionale per portare a un "ripensamento" i dissidenti. La decisione del Direttivo pavese è stata immediatamente bloccata in attesa di una decisione della federazione lombarda, e il segretario regionale Alfio Nicotra ha invitato i partiti dell'Ulivo a tornare a un "ragionamento condiviso" sulle "soluzioni concrete da mettere in campo, più che sugli assetti delle alleanze su cui sarà fatta una riflessione più approfondita".
Tutto questo accadeva mentre era in pieno sviluppo la campagna xenofoba, razzista e forcaiola dei neopodestà del "centro-sinistra", con in testa quello di Firenze Domenici, quello di Roma Veltroni e quello di Bologna Cofferati, contro lavavetri, accattoni, graffitari, rom e prostitute. Campagna che ha fatto evidentemente da modello anche per il disgustoso comportamento fascista della giunta di "centro-sinistra" pavese.
Anzi, proprio mentre i pogrom razzisti erano in pieno svolgimento nelle campagne pavesi, nel silenzio agghiacciante dei media di regime e della "sinistra" borghese, i due neopodestà che con il liberale anticomunista Veltroni guidano la campagna strumentale neofascista del "centro-sinistra" sulla "sicurezza", Cofferati e Domenici, invocavano poteri di polizia per "espellere gli indesiderati". L'occasione era stata loro offerta dai quotidiani della destra xenofoba e razzista delle loro rispettive città, "Il resto del Carlino" di Bologna e "La Nazione" di Firenze, con un forum sul degrado delle città. "Che ai sindaci e alla polizia municipale possano essere assegnate funzioni di polizia giudiziaria è in determinate occasioni, di qualche utilità", ha sentenziato Sergio Cofferati. "Giusto che anche i sindaci, in casi limitati, possano fare ricorso a provvedimenti per allontanare alcune presenze indesiderate", ha aggiunto il suo compare Domenici, precisando di pensare al foglio di via e al divieto di soggiorno per avere più mano libera nell'espellere dal territorio comunale gli "indesiderati".

19 settembre 2007